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In Lombardia 7mila prostitute

Don Davanzo: «Marciapiedi lottizzati da criminalità»

di Antonio Sgobba

Costrette a vendersi sotto tortura e minacce. Due di loro erano incinte e obbligate a battere. Altre erano state sottratte minorenni da un orfanotrofio rumeno. Sono alcune delle storie delle 104 ragazze coinvolte nel traffico di prostituzione alla periferia nord di Milano, tra viale Sarca e viale Fulvio Testi. Un’operazione antiracket dei carabinieri di Monza ha svelato la tratta e ha portato all’arresto di una banda di rumeni, 22 fermati in Italia e 16 in Romania.

Quella del nord milanese è una realtà che la Caritas ambrosiana conosce bene. Proprio nel quartiere è presente un’unità di strada, ovvero un gruppo di volontari che incontra e porta aiuto alle prostitute, che più volte ha denunciato lo sfruttamento. «I fatti di questi giorni confermano ancora una volta alcune nostre denunce – ha detto il direttore della Caritas ambrosiana don Roberto Davanzo  – La prima è che i marciapiedi sono lottizzati dalla criminalità, quindi dietro ogni donna che si vende sulla strada, c’è molto probabilmente un’organizzazione che le sfrutta. La seconda è che l’età delle vittime di tratta si sta abbassando. La terza è che la violenza, il ricatto, il sopruso sono le note dominanti di queste vite alla deriva».

Grazie all’attività di coordinamento delle dieci unità di strada lombarde è stato possibile realizzare anche una fotografia molto dettagliata del fenomeno. Le donne vittime di tratta in Lombardia sono almeno 7mila. Il gruppo più numeroso è quello rumeno (2124, circa il 30%), cresciuto di dieci volte negli ultimi sette anni. Seguono le nigeriane (2029), che ultimamente il racket ha spostato nelle zone più periferiche della città e nell’hinterland, per sfuggire ai maggiori controlli seguiti all’ordinanza anti-lucciole e al rischio di vedere le proprie donne, per lo più immigrate irregolari, identificate e trattenute nei Cie. Le albanesi costituiscono il terzo gruppo più numeroso. I dati sono stati elaborati dall’Osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità.

Tra le ragazze rumene l’età si è abbassata. Hanno mediamente meno di 24 anni e provengono da condizioni di povertà estrema. Alcune sono minorenni, abbandonate dai genitori emigrati all’estero e cresciute negli orfanotrofi di stato con poche prospettive di futuro. Ma «meno del 10% trova il coraggio di chiederci di aiutarle a lasciare la strada», spiega suor Claudia Biondi, responsabile delle aree di bisogno di Caritas Ambrosiana.


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