Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Attivismo civico & Terzo settore

L’uomo che fa parlare lo smartphone

Parla T.V. Raman, capo dell'accessibility team Google

di Vita Sgardello

È un mago delle tecnologie. È non vedente. Così coglie bene i problemi. E li sa risolvere meglio Per T.V. Raman, ingegnere elettronico indiano che dal 2005 lavora a capo di un apposito team a Google per rendere i prodotti informatici accessibili ai disabili, il lavoro non è semplicemente un lavoro ma un vero e proprio stile di vita. Come spiega durante un’intervista realizzata nella sede di Google a Milano, per lui essere non vedente è un vantaggio, perché solo così può veramente testare l’efficacia dei software che sviluppa. Anche se, assicura Raman, «non creiamo questi software solo per i cechi e i disabili. Ci sono moltissime applicazioni che sono utilissime per chi vuole usare il proprio computer o apparecchio mobile senza dover guardare lo schermo. Per esempio chi sta facendo jogging, tiene in braccio un bambino o è alla guida».
Vita: La maggior parte del suo lavoro oggi è rivolto a sviluppare software accessibili per le tecnologie mobili e i smartphone di Google. Come mai?
T.V. Raman: Perché credo che sia la prossima frontiera. Il fatto che lo smartphone sia sempre con te è qualcosa di molto potente. Inoltre, questi aggeggi possiedono vari sensori per interagire con il mondo. La fotocamera, per esempio, che per molti rappresenta semplicemente uno strumento per fare fotografie, per me è qualcosa di più: è un vero e proprio “occhio”. Il microfono è l’orecchio dell’apparecchio, mentre il Gps gli dice dov’è. Ha persino un accelerometro che gli permette di capire se lo sto scuotendo. Dieci anni fa, queste cose erano considerate fantascienza.
Vita: Come racconta poi tutto questo a un non vedente?
Raman: Grazie ad un software sviluppato da me negli anni 90, il mio cellulare è in grado di parlarmi, di leggermi informazioni elettroniche anche complesse, in modo che io, che sono cieco, possa sapere cosa c’è sullo schermo. Poi ci sono le varie applicazioni specifiche, che sul sistema operativo che usiamo noi, Android, sono scaricabili sotto la voce “accessibilità”. Come “places” che ti permette non solo di trovare servizi utili, tipo i ristoranti più vicini a te, ma ti dice anche come arrivarci, metro per metro, come un cane da guida. Avere in tasca un aggeggio capace di dirti dove sei e cosa c’è intorno a te, è impressionante per chiunque. Ma per un non vedente è davvero incredibile.
Vita: Il touch-screen non presenta un ostacolo per gli utenti non vedenti?
Raman: Certo. È proprio questo il bello del lavoro che facciamo! L’ innovazione sorge dal desiderio di trovare soluzioni a problemi impossibili. I pulsanti non erano percepibili al tatto? Allora la nostra soluzione è stata di renderli “visibili” usando dei suoni: quando clicchi sullo schermo una voce ti dice il numero che hai premuto. È un’applicazione utile anche per chiunque abbia necessità di digitare un numero senza guardare lo schermo.
Vita: Tutto questo ovviamente ha un costo. Quanto?
Raman: Il sistema operativo, Android, e tutti i software e programmi che sviluppiamo, anche quelli che servono per rendere la navigazione in internet sul computer di casa più accessibile, sono opensource e scaricabili gratuitamente.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA