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Attivismo civico & Terzo settore

E’ crisi, da destra a sinistra

Fini e Schifani da Napolitano, Bersani soffre le primarie

di Franco Bomprezzi

Giorgio Napolitano cerca di prendere in mano i tanti fili di una crisi rischiosa dal punto di vista del funzionamento corretto delle istituzioni. Ecco perché ha convocato per oggi i presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani. I giornali anche oggi aprono sulla crisi politica e cercano di orientarsi nella complessa situazione determinata dalle lacerazioni all’interno della maggioranza di centrodestra. Intanto nel centrosinistra esplode il caso Pisapia, dopo la vittoria dell’outsider nelle primarie.

“Crisi, si muove Napolitano” è il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA. In sommario: “Finiani fuori dal governo. Berlusconi e Bossi: fiducia o voto”. E nelle prime due colonne un altro titolo registra la situazione a sinistra: “Le primarie di Milano un terremoto per il Pd”. Ma partiamo dalla crisi. Da pagina 2 a pagina 9 una serie di servizi e di commenti. Sempre più difficile il compitino di Massimo Franco, con la sua “Nota”: “Una crisi quasi aperta con assaggi velenosi di campagna elettorale”. Leggiamo: “Di fronte ad un’alternativa, per quanto rabberciata e fragile, Giorgio Napolitano potrebbe non escludere un rinvio dello scioglimento delle Camere. Si tratta però di uno scenario prematuro e improbabile: nessuno conosce la data esatta della crisi di governo. Si sa solo che dovrebbe aprirsi dopo l’approvazione del patto di Stabilità. Né si possono sottovalutare accelerazioni impreviste: proprio per scongiurarle il capo dello Stato ha convocato Fini ed il presidente del Senato, Renato Schifani – argomenta Franco – Il vertice fra Lega e premier ad Arcore dà l’idea di decisioni tormentate. Mostra Umberto Bossi convinto dell’appoggio a Berlusconi; eppure inquieto perché vuole che la rottura possa essere addossata a Fini. Il timore è che l’elettorato di centrodestra non perdoni alla maggioranza lo scioglimento delle Camere. Per questo il Carroccio appare meno determinato ad andare ad elezioni anticipate rispetto a Berlusconi, dopo essere stato per mesi l’avanguardia del voto, ora ostenta prudenza”. Marzio Breda come sempre cerca di interpretare il pensiero del Colle: “Una «riunione di indirizzo» (così la definiscono sul Colle) tra il Capo dello Stato e i presidenti di Senato e Camera, nel tentativo di individuare un «percorso condiviso» per la Finanziaria e la successiva resa dei conti dentro la maggioranza, confidando che si possa giungere a entrambi gli appuntamenti nella maniera «meno traumatica e conflittuale possibile»”. A pagina 5 Marco Cremonesi racconta il vertice ad Arcore: “Patto premier-Bossi: no a un Berlusconi-bis”. Andato a vuoto il tentativo della folta delegazione leghista di convincere Berlusconi a un secondo governo aprendo a Fli. “All’uscita la dichiarazione ufficiale: «E’ esclusa l’eventualità di un Berlusconi bis e in caso di un voto di sfiducia in Parlamento, tutt’altro che scontato, la maggioranza ribadirà con forza la richiesta di elezioni anticipate»”. Marco Galluzzo rivela a pagina 6: “La mossa: vado in tv e parlo agli italiani”. In tempi come questi merita un’intervista anche Daniela Santanchè, nota politologa del Pdl: “Ha sbagliato chi pensava di trattare ancora con Fini”. Sul terremoto nel Pd (dimissioni dei vertici milanesi dopo la sconfitta di Boeri alle primarie) da registrare sul CORRIERE l’editoriale in prima di Angelo Panebianco: “Il partito delle delusioni”. Leggiamo: “Se la politica italiana è, come è, alla deriva, se la rottura del Pdl e il possibile declino di Silvio Berlusconi preannunciano una crisi di sistema destinata ad avere ripercussioni ovunque, è difficile pensare che possa cavarsela un partito di opposizione così mal messo come il Partito democratico. Talmente mal messo da non aver saputo nemmeno approfittare, in questi anni, della crisi economica per rimontare nei sondaggi (che è ciò che normalmente accade in democrazia: i consensi per l’opposizione crescono quando il governo deve fronteggiare una grave crisi). Così come è fallita l’aggregazione a destra denominata Popolo della libertà sta fallendo l’aggregazione a sinistra denominata Partito democratico”.

“Via i finiani dal governo, è crisi”, titola LA REPUBBLICA in prima pagina. Con un commento di Miriam Mafai che parte in prima e analizza i fatti milanesi “La lezione di Pisapia”: « Finisce l´epoca nella quale erano i partiti a decidere la selezione e la promozione delle rispettive classi dirigenti. Si trattava, generalmente, di partiti fortemente radicati nella realtà del paese, nelle sezioni nei circoli o nelle parrocchie, e quindi in grado di individuare e promuovere gli uomini e le donne più legati ai rispettivi territori, più fidati e più capaci. Con la crisi e la fine della Prima Repubblica questo sistema, che si era andato progressivamente esaurendo o corrompendo, è saltato (…) C´è da chiedersi anche, a questo punto, se sia stato corretto per il Pd, dal punto di vista politico (e anche, visto l´esito finale, dal punto di vista elettorale) mettere la propria “bandierina” su uno dei candidati, tutti degni di concorrere alle prossime elezioni amministrative. (…) Spetta ora al Pd, anche e soprattutto forse a livello nazionale, esaminare se nella gestione di queste primarie ci siano state insufficienze o errori (che spiegherebbero anche una minore partecipazione degli elettori) e alla fine proporre norme capaci di fare delle primarie una occasione di maggiore libertà degli elettori e non una conferma di appartenenza».

IL GIORNALE sceglie  d’intrecciare i fili della politica romana con quella milanese del post primarie. Lo fa con la fotonotizia di Bersani sotto al titolo “il Pd non vince più neanche nel Pd. Bufera a Milano dopo il flop primarie: l’antiberlusconismo senza idee non paga”. A pagina sette Macioce scrive: «di fronte al fallimento di Milano Bersani chiude gli occhi e si illude vinceremo: soltanto vip e borghesi snob gli danno ancora credito. Le masse che furono del Pci non ne possono più di una classe dirigente che sa solo attaccare il Cav». Sabrina Cottone informa che «i vertici del Pd milanese hanno dato la disponibilità a dimettersi. Corre voce che il passo indietro sia stato suggerito da Bersani. La Velina rossa avrebbe chiesto le dimissioni di Filippo Penati».  Lo scenario romano esce dalla penna di Vittorio Feltri che scrive: «Fini e Casini sognano: via il Cavaliere e soprattutto Bossi. La Lega in effetti è il vero obiettivo: la parola d’ordine infatti è  eliminarla dal giro di potere perché con il suo federalismo fiscale e con la sua maniacale attenzione ala sicurezza minaccia di turbar il tran tran del Mezzogiorno e la coscienza solidale dei vescovi e affini. Bossi se ne renderà conto?  Ce lo auguriamo. In caso contrario  le vittime del sistema  politico potrebbero essere due:  Silvio e Umberto. Sono tempi di manovre oscure. Manca solo la notte dei lunghi coltelli.  E non sono pochi quelli che stanno affilando le lame».

«Ricomincio da te» è questo il titolo scelto dal MANIFESTO per l’apertura di oggi. Il riferimento, come la foto che campeggia in prima pagina, è la vittoria di Pisapia alle primarie di Milano. «La vittoria di Pisapia terremota il Pd. Si dimettono i vertici milanesi mentre a Roma si mettono in discussione le primarie. Il partito di Bersani annaspa di fronte alla crisi di governo aperta dalle dimissioni della delegazione di Fli. Accuse e veleni nel Pdl, Bossi va al vertice di Arcore. Oggi Fini e Schifani salgono al Quirinale», riassume il sommario che rinvia alle tre pagine interne in cui si parla sia della situazione milanese sia della crisi di governo. L’editoriale di Norma Rangeri, sempre in prima pagina, intitolato «La sinistra che vince», analizza la situazione politica proprio a partire dalla vittoria di Giuliano Pisapia. «Nel cuore lombardo del berlusconismo ha vinto un politico lontano dai cliché del populismo mediatico, un giurista garantista, un candidato che piace alla società milanese (dall’alta borghesia ai ragazzi dei centri sociali), un uomo di sinistra, un vecchio amico del nostro giornale. L’affermazione di Giuliano Pisapia è di buon augurio per una sinistra finalmente capace di vincere (…) Se dovessimo proiettare il risultato milanese sulla ribalta nazionale, saremmo facili profeti nel prevedere una sconfitta di Bersani e una vittoria di Vendola (…)» Rangeri passa poi al panorama nazionale: «Ieri Fini ha ritirato i suoi ministri, i presidenti di camera e senato sono chiamati al Quirinale. C’è bisogno, oggi non domani, di una risposta di sinistra a questo passaggio di sistema. (…) Perché mentre si riesce a intravedere il tentativo delle forze dominanti (da Confindustria alla Chiesa, ai partiti del nuovo centro) di ricostruire un assetto post-berlusconiano, non si capisce dove va il Pd, (…). Vendola e Pisapia parlano di questo, indicano leadership e contenuti capaci (dal lavoro al nucleare, dall’immigrazione ai diritti civili) di riaccendere, anche con le primarie, il senso di una nuova politica. Di un 25 aprile che spezzi la disillusione, che ci riporti, con la partecipazione, anche la speranza di tornare a vincere». Delle tre pagine dedicate alla politica le prime due sono marcatamente locali: un’intervista a Pisapia, un’analisi del Pd milanese e poi uno sguardo alle prossime primarie di Bologna. La terza amplia lo sguardo alla situazione nazionale e se l’apertura è dedicata alle dimissioni dei finiani dal governo, il commento è dedicato alla trasmissione «Vieni via con me» con il titolo «I 400 secondi che sconvolsero il mondo». Ironicamente Matteo Bertocci scrive: «A prescindere da ciò che diranno (è accaduto troppo tardi per darne conto) i 400 secondi di “Vieni via con me” chiudono già, mediaticamente, questa tristissima “Seconda Repubblica”. Sarebbe un bene. Ma invece no, perché forse l’idea bislacca di chiamare proprio questi due “alfieri” per “due idee del ‘900” (Fazio dixit) nasconde un’intenzione più ambiziosa. Chiudere con Berlusconi ma anche perlustrare il perimetro della Terza Repubblica. Quella senza il Cavaliere, senza Arcore. Senza Raiset ma con Endemol (…)» e conclude: «Speriamo solo che nella sua playlist demo-politica Raitre ci risparmi Pierferdinando Casini. Possiamo vivere benissimo anche senza sapere di preciso cosa sia davvero “di centro”».

Maggioranza addio. Comincia così il de profundis che IL SOLE 24 ORE intende intonare nei confronti di Berlusconi & Co. Sottotitolo in prima, taglio alto, tono didascalico: Fli lascia il governo. Pdl-Lega: fiducia o voto. Napolitano incontra oggi Schifani e Fini. Immancabile, poi, il commento di Stefano Folli. Di taglio medio, invece, il lancio di commenti e servizi sui risultati delle primarie a Milano: “La sinistra a Milano non sa ancora guardare al futuro” di Andrea Romano. Ma andiamo per ordine. Doppia pagina  (la 10 e la 11) sul conflitto all’interno della maggioranza, con Berlusconi e Bossi che premono per un ulteriore chiarimento dopo il ritiro di ministri e sottosegretari Fli e Mpa, e dall’altro la convocazione di Napolitano dei due presidenti di Camera e Senato. E ora? Lusca Ostellino, nel suo fondo a pagina 11, pensa che il governo non mangerà il panettone, come si suol dire: voto di sfiducia prima di Natale. Stefano Folli invece, ancora più esplicito: «Due eventi diversi ma simmetrici danno l’idea di come le cose stiano cambiando in fretta nella politica italiana. Roma. Come previsto, esce dal governo la delegazione del partito di Fini (e il rappresentante autonomista siciliano). La crisi era già in atto, ma ora è ancora più esplicita. Ma anche il Pd di Bersani subisce un colpo brutale, sconfitto da Giuliano Pisapia, il candidato di Vendola, nelle primarie per designare il candidato sindaco della città». E a proposito di primarie e affini, oltre al commento di Romano che non dà spazio a una eventuale vittoria di Pisapia contro la Moratti, Lina Palmerini a pagina 22 descrive per i lettori il terremoto che ha scosso il PD, mentre Marco Morino intervista il vincitore: «Il Pdl sostiene che, comunque vada, in primavera non ci sarà partita: la Moratti vincerà contro chiunque. Lei quante possibilità si dà? La partita c’è eccome. Se le forze del centro-sinistra saranno unite, ce la faremo.» Sarà. Di spalla una breve analisi del voto: Boeri snobbato dalle zone più ricche e dai giovani. Chi lo avrebbe mai detto?

Una vignetta in prima pagina su ITALIA OGGI, intitolata «Boeri», con Bersani che scarta un cioccolatino e trova il bigliettino “non hai vinto ritenta sarai più fortunato” apre il tema delle primarie di Milano cui è dedicata l’analisi di Pierluigi Magnaschi «Le primarie di Milano, una scoppola di Vendola a Bersani» che si chiude osservando: «I vertici milanesi del Pd hanno quindi sbagliato quando hanno scelto senza nessun dibattito, il candidato del partito da imporre alle primarie». La nota politica, sempre a pagina 2, di Marco Bertoncini è intitolata «Al Cavaliere hanno fatto il funerale troppo presto» che dopo l’analisi della situazione chiude «In sintesi. Il Cav se la vede brutta, ma la sa esistenza politica non pare ancora chiusa. Beninteso, sempre che lui stesso non decidesse di ritirarsi. Al presente però, non sembra avere questa intenzione». Le notizie e i commenti politici proseguono fino a pagina 7, si passa da «Non è detto che i traditori perdano» (con analisi dei sondaggi che danno Fli all’8% e ricordo storico del ribaltone leghista del 1994) a un’analisi del risultato delle primarie milanesi che «terremota i democratici. I moderati contro Bersani» e dove si annuncia un «Follini pronto a tornare con l’Udc. Il senatore non vuole “morire” vendoliano con questo pd».

“Il passo della crisi” titola in prima AVVENIRE che riassume così la situazione: “Via dal governo un ministro, un viceministro e tre sottosegretari. E c’è il Bilancio da approvare. Oggi da Napolitano i presidenti delle Camere”. Con il ritiro della delegazione dei ministri e sottosegretari di Futuro e Libertà la crisi della maggioranza entra in una nuova fase. In gioco anche il presidente della Repubblica, che insiste a chiedere responsabilità sulla manovra economica. Durissime le reazioni degli alleati contro la pattuglia dei finiani che si è dimessa dall’esecutivo. Ma anche contro il doppio ruolo di Fini: va al Colle da leader di partito o da presidente super partes? Le pagine 8 e 9 sono dedicate all’esecutivo in bilico. In un vertice ad Arcore con lo stato maggiore del Carroccio Berlusconi ha usato toni duri: «Se ci portano alla campagna elettorale si accorgeranno cosa li aspetta». E intanto pensa a un messaggio televisivo. Il patto tra premier e Lega prevede o la fiducia o le elezioni. In evidenza le dichiarazioni di Casini («Berlusconi mi ha offerto posti, ma non mi interessano…. Bisogna dar vita a un governo di responsabilità nazionale senza di lui che includa il Pdl e il Pd»), Rutelli (che parla apertamente di terzo polo) e Bocchino («Siamo politicamente e culturalmente ancorati nel centrodestra. Alleanze spurie sono possibili solo in caso di emergenza»). E la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia avvisa: «Niente pasticci. Il Paese ha bisogno di stabilità e va governato». Sul possibile timing degli impegni parlamentari AVVENIRE dedica un articolo al calendario dei lavori e ricorda che l’ok definitivo al ddl stabilità dovrebbe essere votato al massimo entro il 17 dicembre, in caso di seconda lettura alla Camera. A pagina 10 AVVENIRE parla del “terremoto sul Pd” dopo le primarie di Milano: «Vengono al pettine i nodi del Pd. All’indomani delle elezioni Bersani promette lealtà al vincitore Pisapia sponsorizzato da Vendola, che ora punta anche a Bologna. Baio e Garavaglia chiedono un “progetto laboratorio e D’Alema sogna di fare fronte comune con Fini».

«Berlusconi, l’addio dei finiani» è il titolo in prima pagina de LA STAMPA. La giornata politica è descritta all’interno da Francesco Grignetti: «Il Presidente della Repubblica non intende perdere un attimo e convoca oggi pomeriggio Renato Schifani e Gianfranco Fini. Come primo risultato sono state annullate le riunioni dei capigruppo di Camera e Senato che rischiavano di innescare una grottesca rincorsa». La posizione del quirinale è descritta nel retroscena di Federico Geremicca: «Evitare lo scontro-date: La missione del Colle». Ma qual è la strategia di berlusconi? «”Resistere resistere”, spera nel contro ribaltone», scrive Ugo Magri. «Il Cavaliere ancora spera di farcela, anche al fotofinish, pure con due voti di maggioranza. Anzi, perché due? Per tirare avanti con il governo uno solo gli basterebbe, ci metterebbe la firma con entusiasmo». L’analisi della situazione è affidata all’editoriale, «Mezza fiducia non fa un governo», del costituzionalista Michele Ainis: «Senza i ministri di Futuro e libertà, il governo Berlusconi ormai somiglia al visconte dimezzato di Italo Calvino. Sarà per questo che cerca di tagliare il problema in due come una mela: mezza fiducia (quella del Senato), mezza crisi (magari un rimpasto può bastare), e in ultimo mezze elezioni (facendo rivotare gli italiani solo per la Camera). C’è una logica in queste mezze trovate? Ce n’è metà, e dunque non ce n’è nessuna». LA STAMPA ha un richiamo in prima per un’intervista a Giuliano Pisapia: «La Moratti al capolinea». L’avvocato non teme neanche l’eventuale candidatura Albertini: «Molti pensano che un terzo polo sia uno spauracchio. Al contrario se scendesse in campo, sia Gabriele Albertini o Achille Serra il candidato, contribuirebbe a dividere ancora di più il centrodestra, senza toglierci nulla. Sarebbe la certezza di arrivare al ballottaggio, a patto di restare uniti alla meta». All’interno due pagine dedicato al «caso» nel Pd: «Dopo la Puglia, Milano. Sempre più giù nei voti dei simpatizzanti». Michele Brambilla parla di «sindrome Tafazzi al Nord» e a proposito l’ex presidente della regione Piero bassetti dice: «Qui siamo nel luogo del progresso, la sinistra invece è la conservazione».

E inoltre sui giornali di oggi:

PENA DI MORTE
LA REPUBBLICA – “Una fabbrica italiana darà agli Usa il farmaco per giustiziare i detenuti”: «Un´azienda farmaceutica  con base vicino a Milano, la Hospira Spa è stata incaricata di produrre  Sodium Thiopental. Si tratta dell´anestetico utilizzato per le esecuzioni con iniezione  letale negli Stati Uniti. Da gennaio la società milanese, sussidiaria di una multinazionale americana, dovrebbe esportare la sostanza negli Usa,  che ne sono rimasti a corto e non possono più giustiziare nessuno con  questo metodo, usato in 35 Stati su cinquanta, finché non riceveranno  nuove dosi. A scoprire questa “Italian connection” è stata Reprieve,  l´organizzazione umanitaria britannica che si batte contro la pena  capitale e la tortura in tutto il pianeta, e che ha anticipato a  Repubblica l´appello inoltrato questa settimana all’azienda milanese». L’azienda si difende: “il nostro prodotto è pensato per altro”.

CARCERI
IL SOLE 24 ORE – Alla Camera, il presidente Fini, ha presentato il libro di Ilaria Cucchi e Giovanni Bianconi sulla morte di Stefano Cucchi. No, «non è usuale», ammette Fini, che un libro così sia presentato proprio alla Camera. «Lo abbiamo fatto coscientemente e volutamente – spiega – perché questa è una tragedia con dei riflessi che riguardano la società e che devono essere colti dalla politica per poter essere all`altezza delle aspettative legittime dei cittadini verso le istituzioni».

FEDERALISMO
ITALIA OGGI – L’apertura di ITALIA OGGI è dedicata al futuro federalista «Partiti a dieta federalista» è il titolo che nel catenaccio spiega: «Il governatore regionale che ha sforato sui bilanci sarà punito con il taglio dei rimborsi elettorali dovuti alla lista che l’ha candidato». A pagina 29 gli articoli sul tema che prendono il là da un’incontro con Luca Antonini alla Bicocca di Milano. «il presidente del Copaff anticipa il varo del dlgs sulle sanzioni», insomma si sottolinea come chi ha candidato dei politici incapaci non avrà diritto al rimborso regionale. Nell’articolo si sottolinea inoltre come: «nonostante la crisi di governo, l’esecutivo intenda andare avanti sul federalismo».

ECONOMIA
IL MANIFESTO – Richiamo in prima per «L’Europa in crisi Dublino prova a resistere al prestito Ue e Lisbona teme l’effetto contagio». A pagina 9 titolata in generale «Mal d’Europa» si parla di Irlanda, ma anche di Grecia (la vittoria di Papandreou al secondo turno elettorale) e Francia (il rimpasto di governo). «Dublino resiste al prestito europeo. Il premier Brian Cowen: possiamo farcela da soli. Ma Bruxelles insiste per versare i fondi e bloccare sul nascere ogni speculazione sull’euro. Nel frattempo Lisbona annuncia, per bocca del suo ministro dell’economia: la possibilità che anche noi ricorriamo alla Banca centrale Ue è assai elevata» sintetizza il sommario posto a fianco di una grande foto con il titolo dell’”Evening Herald” «48 ore per salvare l’euro». In un box la situazione inglese «Cameron: “Siamo una potenza che deve risanare i conti”».


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