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Fare posto anche alla cultura. Ma non c’era già?

5 per mille novità nella Manovra, dopo l'invito di Montezemolo

di Redazione

Ho letto che Montezemolo si augura che il 5 per mille possa essere allargato anche al mecenatismo culturale. Ma a cosa fa riferimento? Io l’ho sempre dato al Fai.
Giovanni Malaguti

Riepiloghiamo i fatti. Il primo è che, come afferma correttamente il lettore, fin dalla prima edizione del 5 per mille il contribuente può destinare ai soggetti che si prendono cura dei beni culturali e del paesaggio una parte delle proprie imposte. In particolare, bisogna inserire nel primo riquadro (quello genericamente definito del “volontariato”) il codice fiscale dell’ente che realizza questa attività e firmare. L’ente, per potersi iscrivere agli elenchi del 5 per mille, deve essere una onlus, oppure un’associazione di promozione sociale o (caso più frequente per questo settore di attività) un ente con personalità giuridica di diritto privato (fondazione o associazione riconosciuta).
Il secondo fatto è che settimana scorsa si sono distinte le dichiarazioni di Montezemolo e del ministro Galan che, in occasione dell’inaugurazione da parte del Fai della restaurata Villa dei Vescovi a Luvigliano di Torreglia (PD), hanno auspicato coram populo che, così come per le sportive dilettantistiche, per la ricerca scientifica, per quella sanitaria, per le attività sociali dei Comuni e per il già citato “volontariato”, si aggiunga una casella specifica a favore di quegli enti privati o pubblici che istituzionalmente realizzano attività nel campo del recupero e della valorizzazione delle cose di interesse artistico. Un riferimento potrebbe essere il famoso Decreto Urbani, dlgs 42/04, “Codice dei beni culturali e del paesaggio”. La manovra approvata dal Consiglio dei ministri il 30 giugno ha accolto questo invito: a partire dalla prossima dichiarazione dei redditi si potrà devolvere il proprio 5 per mille dell’Irpef «alla tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali». I criteri sono ancora tutti da definire.
Ma è chiara l’utilità di inserire un riquadro specifico nella dichiarazione dei redditi. Concentrare l’attenzione del contribuente su una casella vuol dire attirare un numero maggiore di potenziali donatori attenti allo “stato dell’arte” (è proprio il caso di dire) del patrimonio artistico italiano che resta comunque il più rilevante al mondo. C’è poi un secondo motivo è di natura utilitaristica. Dedicando una casella a questo settore, è infatti possibile godere dei cosiddetti “resti”, cioè di un maggiore fattore moltiplicatore determinato dal numero di enti iscritti e dal numero di contribuenti che firmano nella casella senza inserire il codice fiscale dell’ente. Tanto per capirci, per la Ricerca sanitaria, nel 2009 sono stati erogati 31 milioni attraverso le destinazioni dirette (con codice fiscale dell’ente) e altri 30 milioni con le scelte generiche. Un rapporto quindi di 1 ad 1. Nel “volontariato”, invece a fronte di 1 euro incassato dalle scelte dirette, gli enti hanno mediamente incassato in via indiretta 10 centesimi.
Carlo Mazzini – www.quinonprofit.it


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