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Cooperazione & Relazioni internazionali

L’Italia? «Non classificata»

Così il rapporto di Action Aid giudica la preformance del nostro Paese in cooperazione internazionale

di Emanuela Citterio

Italia “fuori classe”. È durissimo il rapporto di Action Aid Italia sulla performance del nostro Paese quanto a cooperazione allo sviluppo e rispetto degli impegni internazionali.

“L’Italia e la lotta alla povertà nel mondo”, giunto alla quinta edizione, è il rapporto indipendente di ActionAid che valuta ogni anno il mantenimento degli impegni sottoscritti dal nostro Paese rispetto a iniziative di lotta alla povertà nel mondo.

E quest’anno il giudizio è senza possibilità di appello: il rapporto definisce la cooperazione italiana “fuori classe”. Il nostro Paese, infatti, è ormai certificato “fuori” dai criteri europei della “buona cooperazione” allo sviluppo.

IL PAESE CHE HA PIU’ RIDOTTO GLI AIUTI

A partire dal 2009, l’Italia ha ridotto di un terzo il proprio “Aiuto pubblico allo sviluppo” (Aps) classificandosi come il paese che, fra le economie avanzate, ha maggiormente ridotto gli aiuti, più di Grecia e Irlanda.

E’ vero che c’è stata la crisi economica, ma i dati raccolti da Action Aid dicono che non tutti i Paesi hanno reagito nello stesso modo: «Il sistema internazionale di cooperazione allo sviluppo per il momento sembra aver superato il test della crisi internazionale» si legge nel rapporto, «dimostrando la sua utilità per accelerare l’uscita dalla recessione. I livelli di aiuto pubblico allo sviluppo hanno tenuto, mostrando fino ad ora un lieve incremento».

Anzi, secondo il rapporto la crisi ha modificato le ragioni alla base dell’aiuto pubblico allo sviluppo:accanto al ruolo tradizionale, espressione di solidarietà internazionale, si è affermato quello di strumento di politica globale per affrontare problemi collettivi come il cambiamento climatico, l’instabilità politica o le pandemie globali.

ITALIA RESPONSABILE DEL RITARDO EUROPEO

Di questi cambiamenti in positivo, nessun merito è ascrivibile all’Italia, continua Action Aid. Per avere drasticamente disinvestito in termini di aiuto pubblico allo sviluppo (APS) dal 2008, l’Italia è la principale responsabile del deragliamento dell’obiettivo europeo in termini di APS/PIL fissato per il 2010.

Oltre ai ritardi europei, il nostro Paese ha maturato una “morosità morale” nei confronti della comunità  internazionale pari a circa 22 miliardi di dollari, non avendo aumentato gli aiuti internazionali negli ultimi otto anni secondo le scadenze previste e non avendo saldato nessuna delle promesse di pagamento sottoscritte, come ad  esempio nel caso degli arretrati alla Convenzione di Londra per l’aiuto alimentare (arrivati a 270 milioni di euro) o i 280 milioni di euro al Fondo Globale per la lotta l’AIDS, Tubercolosi e Malaria.

ALMENO LA SOGLIA DI CREDIBILITA’

Action Aid invita il nostro Paese a recuperare la «soglia minima di credibilità» che è stata fissata dall’Unione europea. Una delle novità del rapporto è infatti la costatazione che è ormai impossibile che l’Italia raggiunga l’obiettivo europeo di dedicare lo 0,7% del Prodotto interno lordo alla cooperazione internazionale. A fronte di questo scenario, che ha ripercussioni fortemente negative sulla performance dell’Europa, lo stesso Commissario europeo allo sviluppo ha fissato un obiettivo minimo per l’Italia, una “soglia di credibilità” pari allo 0,28% del PIL.

SPESE MILITARI

Nonostante la crisi e i tagli al bilancio, infatti, l’Italia ha mantenuto gli stessi livelli di spesa militare (circa 38 miliardi di dollari, pari all’1,8% del PIL tra 2008 a 2010) mentre dodici Paesi dell’Europa a 27 hanno fatto una scelta diversa, riducendola. Fra questi, quattro sono quelli che sono riusciti a raggiungere l’obiettivo intermedio dello 0,51% di APS/PIL.

Action Aid sottolinea come i tagli effettuati alla cooperazione sono pari a quanto si risparmierebbe dalla rinuncia alla costruzione di uno dei 131 caccia bombardieri F-135, alla metà delle spese del voto referendario e amministrativo non accorpato o a sei mesi di operazioni militari in Libia.

COSA NE PENSANO I PRIVATI E LE AZIENDE

Nonostante la crisi economica e sociale, il 68% degli italiani vorrebbe mantenere almeno le promesse o, addirittura, aumentare l’aiuto, mentre solo un 3% sarebbe propenso a una sua riduzione.

Nel febbraio 2011, ActionAid ha distribuito un questionario a circa 160 aziende con cui collabora per capire come viene valutata la cooperazione italiana. Dalle risposte del campione è emersa soprattutto la scarsa conoscenza che le imprese hanno delle attività del Ministero degli Affari Esteri in termini di cooperazione allo sviluppo e la necessità di un intervento governativo più incisivo a sostegno di questo settore anche attraverso altri strumenti di fiscalità di vantaggio come la stabilizzazione del 5 per mille.


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