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Pc, tablets e smartphone liberi dal canone

Arriva la precisazione di viale Mazzini. Anche le onlus erano nel mirino. Ma c'è chi invita a non abbassare la guardia

di Antonietta Nembri

E alla fine la Rai precisa: «mai chiesto il canone per pc, tablets e smartphone». Insomma il regio decreto 1938 quello che aveva funzionato da miccia per l’invio della richiesta del pagamento del canone speciale torna nei cassetti della storia. A questo punto mamma Rai ricorda che il pagamento è dovuto da «chiunque detenga – fuori dall’ambito familiare (es. imprese, società, uffici) – uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione di trasmissioni radiotelevisive» quindi non per il mero possesso di un personal computer. Dopo giorni di mobilitazione in rete, l’ashtag più popolare era diventato #raimerda, arriva il comunicato di viale Mazzini con il dietrofront, o meglio la precisazione.

Tutti tranquilli, dunque, i professionisti, gli studi, le partite Iva, ma anche le onlus (associazioni, cooperative sociali ecc.), che avevano già ricevuto l’avviso della Rai? Quasi. Già, perché i bizantinismi in Italia non muoiono mai come i regi decreti.

«Eravamo in una situazione paradossale», ammette il tesoriere di Avis nazionale, Rocco Chiriano che da presidente di una cooperativa sociale si era già visto arrivare il bollettino con la richiesta di 200 euro per il canone speciale Rai, ma soprattutto preoccupato per le migliaia di sedi locali Avis, tra comunali  – ben 3.215 – provinciali e regionali le sedi totali sul territorio sono circa 3.300: «avevamo fatto un conto di 650mila euro di esborso. Un’assurdità a fronte di tagli al 5 per mille e riduzioni varie. Si ha come l’impressione che chi fa le leggi faccia fatica a fare dei collegamenti con la realtà».

Secondo Chiriano, comunque, non bisogna abbassare la guardia «non è la prima volta che con il Regio decreto del 1938 si tenta di far pagare il canone Rai a più soggetti, lo avevano già fatto pochi anni fa».


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