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Economia & Impresa sociale 

Moody’s: in futuro sempre più profit

Si va verso alleanze tra istituti e aziende e assicurazioni

di Gabriella Meroni

Per rispondere ai cambiamenti in corso nel sistema sanità, i grandi gruppi ospedalieri si allargheranno ancora di più. Quella che sta per aprirsi è l’era dei giganti della salute. La previsione è targata Moody’s. L’agenzia di rating e di studi sui mercati ipotizza uno scenario in cui i principali attori punteranno a fare “massa critica”. Alcuni ospedali, si legge nel report, uniranno le forze con partner ritenuti un tempo improbabili, assicurazioni sanitarie e società for profit.

La molla che farà scattare queste operazioni? Il contesto economico difficile e i cambiamenti attesi, per esempio nel modo in cui gli ospedali saranno pagati per la fornitura di assistenza sanitaria. Due fattori che stanno letteralmente gettando le realtà più piccole e i gruppi di ospedali indipendenti fra le braccia delle organizzazioni più grandi e meglio finanziate, spiega Lisa Goldstein che segue gli ospedali senza scopo di lucro per il Servizio investitori di Moody’s ed è uno degli autori della relazione. Il rapporto di Moody’s prevede ancora più fusioni. “Pensiamo che il ritmo potrebbe accelerare”, osserva l’esperta.

In Usa, gli ospedali hanno sempre guardato a queste operazioni come un modo per diventare più grandi – in parte per poter pretendere un rialzo dei pagamenti dagli assicuratori – ora invece sono anche alla ricerca di vie per diventare più efficienti. Le strutture sanitarie si aspettano di ricevere minori rimborsi dal programma ‘Medicare’ e prevedono che diventerà sempre più difficile convincere gli assicuratori privati a pagare di più per le cure. Assicuratori pubblici e privati, dal canto loro, chiedono anche che gli ospedali funzionino meglio con i camici bianchi impegnati sia a coordinare l’assistenza sia a migliorare la qualità delle cure, per fare in modo che i cittadini restino fuori dai pronto soccorso e si evitino i ricoveri del tutto.

Mercati come Chicago stanno già registrando una serie di attività, segnala Goldstein. Due gruppi cattolici, Provena Health e Resurrection Health Care, sono stati fusi di recente diventando il più grande organismo cattolico dell’Illinois. Ascension Health, un’altra realtà cattolica, ha appena acquistato l’Alexian Brothers Health System. Alcuni ospedali stanno poi unendo le forze in modi meno formali rispetto a vere e proprie fusioni o acquisizioni. North Shore-LIJ Health System, uno dei più grandi gruppi ospedalieri non profit della nazione, ha annunciato all’inizio di questa settimana di aver avviato un’alleanza strategica con l’Hackensack University Health Network nel New Jersey. Il North Shore, che ha il suo quartier generale a Long Island, nel 2010 aveva comprato il Lenox Hill Hospital e in una mossa era entrato nel cuore di Manhattan. Secondo Goldstein, il caso North Shore-Hackensack potrebbe essere precursore di una strategia di espansione anche oltre i confini dello Stato di New York.

Poi, sottolinea l’esperta, potrebbero anche emergere nuovi possibili partner, compreso gruppi ospedalieri for profit e società di private equity. Come ad esempio Cerberus Capital Management, che ha comprato un gruppo ospedaliero cattolico di Boston e ancora Oak Hill Capital Partners, altro fondo di private equity, che ha avviato una partnership con Ascension Health per acquistare ospedali cattolici. A seconda di come queste acquisizioni renderanno da un punto vista finanziario, altri gruppi di private equity potrebbero entrare nel mercato.

Allo stesso modo anche le società di assicurazioni potrebbero diventare potenziali compratori, vedendo queste alleanze come un modo per migliorare la loro competitività, specialmente creando network con ospedali che dispensano assistenza a grandi comunità. In definitiva, conclude l’analista, i pazienti avranno sempre meno ospedali fra cui scegliere, ma potrebbe anche succedere che così sul mercato arrivino cure di qualità più alta a costi più bassi. Non tutte le fusioni e acquisizioni andranno a buon fine, ma sembra che i gruppi ospedalieri siano orientati su strategie di espansione più aggressive.


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