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Grilli: il 5 per mille è fondamentale

Il vice ministro lo ha affermato al convegno “Filantropia in tempo di crisi”

di Redazione

Presso l’Università Bocconi di  Milano ha avuto luogo il secondo evento della UNICEF Philanthropy Series, la serie di incontri avviata nel 2011 dall’UNICEF Italia per stimolare anche in Italia il dibattito sul ruolo dei filantropi nella soluzione di problematiche globali. L’evento di quest’anno, dal titolo “Filantropia in tempi di crisi”, è stato organizzato dall’UNICEF insieme alla SIF Chair of Social Entrepreneurship and Philanthropy. L’obiettivo dell’incontro è sensibilizzare individui, istituzioni e imprese sull’importanza di promuovere e praticare filantropia attiva nel contesto italiano e internazionale.

Hanno partecipato Thomas Pogge director, Yale Global Justice Program and president and director, Health Impact Fund Vittorio Grilli vice ministro dell’Economia e delle Finanze Sami Kahale presidente e Ad Procter & Gamble Italia, Alessandro Laterza vice presidente Confindustria, Enzo Manes presidente Fondazione Dynamo, Motore di Filantropia, Letizia Moratti presidente del Comitato Etico dei Garanti, progetti Ente Nazionale per il Microcredito – Fondazione San Patrignano e Francesco Perrini sif Chair di Social Entrepreneurshi.

L’apertura è stata affidata a Pogge, di formazione umanista e filosofo, ha sottolineato come «il sentire comune, oltre che la Carta Onu riconosce il diritto dei popoli ad uscire dalla povertà, sia essa malnutrizione, mancato accesso a cure sanitarie, mancato accesso alla formazione». Ma nonostante tutto, spiega il docente «esiste un sistema istituzionale ormai sovranazionale organizzato dai più abbienti e imposto ai più disagiati. Il sistema si auto perpetua e amplifica nel tempo, a danno più o meno inconsapevole dei più poveri».

Per confortare la propria tesi Pogge ha esposto i numeri: Nel 1988 il 42% della ricchezza globale era detenuto dal 5% della popolazione globale. Oggi quel 5% detiene più del 46% della ricchezza globale. Questo 5% è l’unico in crescita, e chi ne paga maggiormente le conseguenze proporzionali in termini di impoverimento è il 25% più povero, che ha visto la già scarsa percentuale (inferiore al 2% della ricchezza globale) ridursi di un terzo a favore dei più ricchi.

Perrini invece si è concentrato sull’Italia sottolineando che «è al 104esimo posto come propensione alla donazione (fonte Charity Aid Foundation), ed è a fondo classifica in modo stabile se si esclude l’anno del terremoto a L’Aquila, dove è risalita in via incidentale al 29esimo posto». Non solo, «il Paese ha un sistema fiscale che scoraggia la donazione individuale e ancor di più quella corporate, comparato a quelli anglosassoni ma anche a quello francese e tedesco».

Anche Enzo Manes, presidente Fondazione Dynamo ha sottolineato l’esigenza di togliere al terzo settore e all’impresa sociale questa patina di ghetto», anche perché « decisioni e responsabilità chiare di tipo manageriale sono centrali anche nel buisness. Il buisness sociale anzi è il modo di fare politica senza piegarsi a meccanismi eccessivi di concertazione».

A questo punto è il turno del viceministro all’Economia Vittorio Grilli che ha ricordato come «in una visione statica del sistema fiscale, eventuali deduzioni a favore della filantropia, che è settore privato, essendo riduzioni di gettito devono essere recuperate con inasprimento della tassazione da altre parti o con riduzioni di spesa»,  che, ha ricordato, «è principalmente spesa di welfare in senso lato».

Non solo, il vice ministro ha anche spiegato che «il sistema fiscale può essere osservato in modo dinamico, valutando se meccanismi di incentivazione fiscale della filantropia possono spostare risorse verso modelli che:  generano risorse moltiplicate (ricordando l’importanza del volontariato), migliorano l’efficienza di gestione delle risorse destinate, dove spesso il pubblico lascia a desiderare»

Si è poi rivolto direttamente alla Bocconi spronandola a sviluppare modelli di misurazione puntuale del vantaggio economico (non solo finanziario, ma anche di efficienza nella gestione delle risorse e nell’ottenimento di impatti sociali), per rendere inconfutabile il vantaggio di spostare risorse dal pubblico al privato».

In chiusura ha ricordato come il 5 per mille, di cui è sostenitore fin dall’origine, «in questo senso è importante, pur essendo di misura esigua, nella misura in cui rappresenta: il trasferimento di potere fiscle dallo stato agli individui e il sostenimento di modelli innovativi dove è visibile questo vantaggio del passaggio da pubblico a privato»


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