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Famiglia & Minori

La guerra dei bambini

Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia: «I minori deceduti ormai hanno superato le mille unità, ma per motivi di sicurezza siamo stati costretti a dimezzare il numero dei nostri operatori»

di Francesco Dente

«La situazione in Siria, specialmente per quanto i riguarda i bambini, è drammatica».  Andrea Iacomini, portavoce dell’ Unicef Italia lancia un nuovo, ennesimo, allarme sulla condizione dei minori vittime della guerra civile. Più di mille i bambini morti finora. Nonostante l’escalation del conflitto, l’Unicef continua a fornire aiuti e servizi essenziali a migliaia di minori e donne vittime delle violenze. Da gennaio, insieme alle organizzazioni partner, ha raggiunto 250mila persone con assistenza umanitaria, inclusi oltre 185mila tra bambini e adolescenti.


Qual è l’ultima foto sulla situazione dei minori in Siria?
I bambini stanno pagando un prezzo altissimo per la guerra civile. In questi mesi, anzi, a partire dai primi mesi del 2011, come confermato anche dalla denuncia della Commissione per i diritti umani, molti bambini sono morti. Ci sono state torture e sevizie. Numerosi bambini inoltre sono stati allontanati dai genitori.
Quali numeri avete?
Oggi a fronte di 19mila morti, di cui 16mila civili, possiamo affermare, anche se non ufficialmente, che i bambini deceduti hanno superato il migliaio. Il dato eclatante è che del milione e mezzo di persone che sono state coinvolte dal conflitto, più della metà sono bambini e adolescenti.
Quali sono le azioni messe in campo?
L’Unicef, con altre organizzazioni umanitarie, cerca di assistere la popolazione all’interno della Siria con azioni di fornitura di acqua, cibo, coperte, utenze, beni di prima necessità. Nei Paesi confinanti, Giordania, Libano, Iraq e soprattutto Turchia, assistiamo gli sfollati sia fornendo, anche qui, ospitalità e beni di prima necessità che assistenza psicologica per i minori. Sono stati allestiti spazi a misura di bambino in circa 50 scuole adibite al ruolo di pronto soccorso. Un bambino che fugge da casa con i propri genitori subisce forti traumi. Abbiano vaccinato inoltre 284mila bambini per evitare il diffondersi di malattie.
Quanti sono i vostri operatori impegnati?
Fino a qualche settimana fa avevamo 25 operatori siriani all’interno della Siria, più 5 sempre Unicef ma internazionali. Adesso il numero si è notevolmente ridotto, di quasi la metà, per motivi di sicurezza. All’esterno, nei Paesi confinanti, siamo a ranghi assolutamente completi.
Il Governo ostacola l’intervento delle Ong?
L’Unicef, con le altre Ong, sta operando con difficoltà. Col ministro della Sanità tuttavia abbiamo proceduto alla campagna di vaccinazione. Molto del nostro personale, come dicevo, è stato ritirato; quello che è rimasto opera in condizioni di grandissima difficoltà. Non posso però espormi troppo in considerazioni sulla situazione interna per non mettere a repentaglio i nostri operatori sul posto che sono a fianco dei bambini e che vivono una situazione da guerra civile. L’Unicef dialoga con tutte le parti a tutela dei bambini. È sotto gli occhi di tutti tuttavia quello che sta accadendo.
Avete notizie sui bambini impegnati in combattimento?
Due mesi fa c’era stata un’evidenza molto forte di adolescenti che combattevano nelle zone di Aleppo e di Homs. Non abbiamo avuto altre segnalazioni recenti ma è innegabile che c’è una realtà di questo tipo e che va condannata a livello internazionale.
Il regime mette in carcere anche i minori?
Sì, ne parla la Commissione sui diritti umani. È stata una pratica molto diffusa specie nella prima parte del conflitto. È molto difficile tuttavia avere informazioni dettagliate su quello che sta accadendo al momento all’interno. Sappiamo che purtroppo ci sono continui bombardamenti e che la situazione è gravissima.
Gli ospedali siriani curano i ribelli?
Non lo so. Non sono in grado fare affermazioni di questo tipo. Mi auguro di sì…
C’è almeno una buona notizia?
Sì, l’accoglienza di gruppi di sfollati siriani in Libano da parte di famiglie molto povere del Nord, famiglie che già vivono una situazione di emergenza umanitaria.


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