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Ilaria Capua, una scienziata da trattenere

Doveva andare nella nuova Torre della Ricerca di Padovs, un centro all'avanguardia. Ma l'Izs fa retromarcia: una delle scienziate top al mondo deve accontentarsi degli spazi (piccoli) che ha. E lei ora potrebbe andarsene...

di Sara De Carli

«Chi vuole fare e sa fare, lo faccia». È questo lo slogan della movimentazione nata attorno alla Città della Speranza, la Fondazione che ha costruito quella Torre della ricerca inaugurata lo scorso giugno a Padova, il più grande centro di ricerca in Europa. Una torre da «30 milioni di euro, messi insieme davvero un euro alla volta», spiega Andrea Camporese, imprenditore vicentino, presidente da poco onorario della Fondazione, che vuole essere «una casa» per i ricercatori, a cominciare da quelli impegnati sulle malattie pediatriche.

Ilaria Capua in quella torre era davvero a casa. Senza dubbio lei – la virologa che ha isolato il virus dell’aviaria, prima donna nella storia a ricevere il Penn Vet World Leadership Award, colei che ha forzato la scienza e trasformarsi in open science, tra gli scienziati più influenti al mondo e tra le 50 donne che cambieranno l'Italia nella copertina di Vita di ottobre – sa fare. E lo fa. Lo ha sempre fatto, e ci ha sempre tenuto, in Italia, in strutture pubbliche. Invece ora potrebbe andarsene. Perché in quella Torre, il suo istituto, non vuole tirar fuori i soldi per mandarcela, come peraltro gli accordi prevedevano già da due anni. Deve accontentarsi degli spazi (quasi claustrofobici, li abbiamo visti con i nostri occhi, e di certo non all’altezza di un eccellenza mondiale come il suo team è) che ha all’Istituto zooprofilattico delle Venezie, appena fuori Padova. Oppure trasferirsi nel contesto modernissimo della Torre della ricerca, ma solo con metà del suo team. Lei ha rifiutato, lasciando intendere che questa volta potrebbe andarsene dall’Italia. Il Veneto si è già mobilitato per trattenerla. E l’Italia?


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