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Il non profit secondo Bersani

Pier Luigi Bersani è il Presidente del Consiglio incaricato. In questi giorni procedono le consultazioni per la formazione del nuovo Governo. Ecco la posizione del leader Pd su temi cruciali per il Terzo Settore

di Redazione

Pierluigi Bersani è stato incaricato da Giorgio Napolitano per trovare una maggiornza di Governo. Proprio in questi giorni stanno avendo luogo le consultazioni con le forze politiche nel tentativo di sbloccare l'empasse e varare un esecutivo. In attesa che il Pd riesca a trovare la quadratura del cerchio ecco come il leader Bersani pensa di muoversi su alcuni temi cari al Terzo Settore nel caso in cui riuscisse a partire con il suo governo.
 

Pier Luigi Bersani in Parlamento


In Italia ci sono 2,2 milioni di giovani che non lavorano e non cercano lavoro. E che, con i tagli, non potranno neanche accedere al Servizio Civile. Serve per questo una Riforma del Servizio civile che dia ai 9 milioni di giovani italiani tra i 18 e 28 anni l’opportunità di una leva civica e di un’educazione all’impegno per il Bene comune. Lo abbiamo chiamato Servizio Civile Universale, e andrà accordato con il Servizio civile europeo. Che ne pensa?
Il Servizio civile è stata una delle esperienze più innovative promosse in Italia negli ultimi anni, a cui guarda con interesse anche l’Europa. Ricordo, ad oltre 10 anni dal suo avvio, che fu promosso da un Governo di centrosinistra. Il centrodestra ha ridotto drasticamente le risorse a disposizione. Credo che sia il momento di rilanciarlo, ma con alcuni elementi di chiarezza: il Servizio civile resti saldamente ancorato ai valori costituzionali in particolare ai doveri di solidarietà, di difesa della patria, alla valorizzazione delle organizzazioni sociali. Quindi un servizio in grado di offrire veramente un’opportunità a tanti giovani in diverse zone d’Italia e pertanto un servizio in grado di radicarsi sui diversi territori. Per far questo non possiamo non affrontare il tema delle risorse: il servizio civile sarà una vera opportunità per tutti se saremo in grado di continuare ad offrire una indennità che copra le spese a chi dedica un periodo della propria vita alla comunità. Quindi immagino una graduale inversione di tendenza sui fondi che sappia considerare il Servizio civile una delle proposte più significative proposte ai giovani dopo gli studi, prima del loro ingresso nel mondo del lavoro, o modulato come impegno che affianchi le prime esperienze lavorative, spesso temporanee e parziali.

È di vitale importanza rendere stabile la norma del 5 per mille entro i primi 100 giorni di governo abolendone il tetto oggi fissato a 400 milioni di euro che sottostima le scelte degli italiani. Inoltre biasogna abolire il tetto di 70mila euro alla deducibilità delle donazioni previsto dalla Legge “+ Dai – Versi”. Siete pronti?
Per il 5 per mille occorre dare stabilità e tempi più brevi tra la scelta dei contribuenti e l’assegnazione dei fondi, consentendo alle organizzazioni di sviluppare le loro progettualità, snellendo la burocrazia ed assicurando però al tempo stesso maggiore certezza sulla finalizzazione delle risorse. A tal proposito l’Istituto Italiano della Donazione ha sperimentato in questi anni modelli seri e ormai collaudati di valutazione che consentirebbero di premiare chi effettivamente destina le risorse prevalentemente ai progetti e meno alla copertura delle spese di struttura o alla pubblicità, perché del 5 per mille dobbiamo valorizzare anche la dimensione sussidiaria nei territori. Per quanto riguarda gli incentivi fiscali in questi anni ci siamo sempre dovuti battere per salvaguardarli da chi li voleva eliminare, resta il fatto che non possiamo pensare di aumentare gli “sconti” a chi può permettersi di donare di più, ma semmai incentivare chi, con una capacità di spesa più ridotta sceglie comunque di destinare una parte del suo risparmio al non profit.

Una misura di quelle di cui si dice "l'ha imposta l'Europa” rischia di far salire di 6 punti l'iva e mettere in grave difficoltà le cooperative sociali. Si impegna a mantenere, per queste realtà, l’iva al 4%?
Penso che questo provvedimento, se possibile, sia da evitare. Abbiamo posto questo problema nel corso della discussione sulla legge di stabilità. Continueremo a impegnarci in Italia e in Europa per verificare se, compatibilmente con l’andamento dei conti pubblici, sia possibile superare questa misura.


Arriviamo alla riforma del Lavoro targata Fornero. I contratti a progetto e quelli a tempo determinato, di cui vive il non profit, vengono penalizzati dal punto di vista fiscale. È possibile prevedere, così come fatto nel decreto per le start-up, una riserva di legge anche per il non profit?
Abbiamo già detto con chiarezza che la riforma Fornero andrà rivista in quelle parti che, anche a causa dell’urgenza dell’intervento, forse non sono state adeguatamente valutate per le loro conseguenze. Avevamo segnalato già nella discussione parlamentare che alcuni aspetti avrebbero avuto effetti collaterali insostenibili e che non si possono trattare tutte le organizzazioni del lavoro allo stesso modo. Quindi pensiamo di poter intervenire anche su questo punto specifico, sempre valorizzando comunque l’obiettivo della stabilizzazione dei lavoratori, perché anche nel terzo settore molti sono stabili e molti lo possono diventare, ma preservando anche la specificità di alcune organizzazioni: questo accade già per la cooperazione laddove sono previste le clausole sociali a garanzia del personale occupato nei servizi. Tuttavia siamo anche consapevoli che per loro natura molte figure sono legate a progetti temporanei proprio perché finanziate da bandi nazionali ed europei “una tantum” per cui sapremo coniugare i diritti dei lavoratori con le esigenze delle organizzazioni.

Il Terzo settore in Italia è regolato da un Codice civile approvato sotto il fascismo nel 1942 che non prevede che tra Stato e Mercato ci possa essere un soggetto privato che intraprenda la sua attività per una finalità pubblica. Siamo pronti per una Riforma del codice civile libro I Titolo II?
In realtà molte organizzazioni del Terzo settore gestiscono già beni comuni, in particolare salute, scuola e cultura, ma è ovvio che in particolare con l’esito degli ultimi referendum sui servizi pubblici si apre una interessante discussione sulla possibile gestione dei servizi pubblici, sulla quale abbiamo già aperto un confronto con i rappresentanti del Forum del Terzo Settore. Dovremo ragionare insieme su modelli innovativi di gestione non lucrativa e partecipata che siano in grado di assicurare servizi essenziali per la cittadinanza, quindi prima che un problema normativo c’è da definire un nuovo modello di organizzazione e gestione dei servizi che probabilmente ci chiede di superare anche le vecchie discussioni sulla riforma del Codice civile che peraltro non avevano nemmeno trovato un adeguato consenso. Il prossimo governo dovrà dimostrare di saper chiamare ad una condivisione su nuove regole e nuovi strumenti, non solo le migliori competenze tecniche ma anche chi in questi anni si è misurato dentro questo spazio tra mercato e Stato animandolo e sperimentando modelli non lucrativi di offerta di servizi.


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