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Fundraising: Londra dichiara guerra ai dialogatori

La Camera dei Comuni avvierà un'indagine sul rispetto da parte dei fundraiser di strada delle regole che il terzo settore stesso si è dato. Se rileverà mancanze, via libera a una legge restrittiva. Le charities insorgono. Il governo: "La gente non ne può più"

di Gabriella Meroni

Un ultimatum contro i dialogatori. E' quanto ha lanciato il Parlamento inglese questa settimana, intimando al terzo settore britannico di varare norme restrittive nei confronti degli operatori dello street fundraising, che da quelle parti chiamano dispregiativamente "chuggers" (disturbatori), entro un massimo di cinque anni.

"I dialogatori infastidiscono il pubblico intento a fare shopping", ha scritto The Guardian riferendosi alle posizioni delle autorità, "e costituiscono una forma di disturbo della quiete pubbica". Le agenzie e charities coinvolte nel business – perché di questo si tratta, visto che raccoglie 130 milioni di sterline l'anno – sono attualmente sottoposti a una forma di autoregolamentazione, che però "non funziona assolutamente" secondo la potente Commissione speciale che si sta occupando del caso dialogatori, il Public administration select Committee (Pasc) della Camera.

La Commissione ha dunque stabilito di mettere sotto la lente i chuggers per verificare la messa in pratica del codice di autoregolamentazione, che prevede tra l'altro di non assumere atteggiamenti aggressivi nei confronti del pubblico e di non ostacolare la circolazione dei pedoni. In presenza di gravi inadempienze, si dovrà intervenire con una legge: "Le charities dovrebbero essere le prime interessate a ricostruire la stima della gente nei confronti del fundraising di strada", ha osservato il Pasc, che ha anche invitato le associazioni a indicare nei bilanci le spese sostenute per i dialogatori.

E mentre anche online impazzano le ironie sui disturbatori in pettorina (c'è anche un blog umoristico che spiega perché  "i chuggers con me non funzionano"), la reazione del terzo settore non è benevola: "Il diritto delle charities di fare raccolta fondi nei modi che ritengono più opportuni non si tocca", ha tuonato Sir Stephen Bubb, presidente di Acevo (l'organizzazione che riunisce i dirigenti del non profit). "L'idea di dover rendicontare separatamente le spese per le campagne di strada non ha senso e imporebbe soltanto altra burocrazia alle associazioni, aumentando i costi di gestione a scapito della mission. E' una sciocchezza e spero che il governo non la appoggi".


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