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Boeri: Occupazioni? È l’ora del riuso

L'ex assessore alla Cultura della giunta Pisapia parla degli sgomberi e del grande problema degli edifici abbandonati. Un'intervista che guarda all'esperienze europee «mentre noi siamo fermi agli sgomberi della polizia ad Amsterdam alcuni gruppi attaccano gli occupanti accusandoli di fare gli interessi dei proprietari»

di Lorenzo Alvaro

Boom di sfratti, centinaia di edifici abbandonati, sgomberi all'ordine del giorno, decine di cantieri fermi e una risposta al fabbisogno edilizio insufficiente. Questa è la Milano del 2013. Ne abbiamo parlato con Stefano Boeri, architetto e urbanista, che oltre ad aver progettato il Bosco Verticale è anche stato assessore alla Cultura dell'amministrazione Pisapia.

Secondo i dati ministeriali rielaborati dal Sicet Milano è la capitale degli sfratti (18mila solo quest'anno). Un dato preoccupante.
Si è un dato che fa pensare. Parla di un settore in grande sofferenza. In questo Paese ha prevalso l'abitare in proprietà rispetto ad altre forme. Solo che a causa della crisi oltre a chi non è riuscito ad arrivare alla proprietà soffrono, oggi anche i piccoli proprietari. Pagano l'insolvenza improvvisa. Faticano a pagare mutui, spese condominiali, utenze e tasse. Si tratta di anziani, giovani coppie, immigrati. E l'unico appiglio, l'unica stampella rimangono i nuclei famigliari. Genitori che vanno a vivere con i figli o figli adulti con famiglia che tornano dai genitori. È certamente una situazione drammatica.

Sempre il Sicet, in collaborazione con il Politecnico di Milano, ha proposto uno studio sul fabbisogno edilizio della città. È risultato che nonostante i tanti lavori in atto non stiamo rispondendo alla domanda. Lo sapeva?
Certo. Innanzitutto bisogna sottolineare che molti, troppi, dei cantieri che abbiamo in essere sono bloccati. In secondo luogo sono destinati ad un mercato che non esiste. C'è un eccesso di offerta rivolta a fasce con reddito alto. Infine c'è il tema dell'abusivismo. La cattiva gestione da parte dell'Aler ha portato a situazioni di abuso o di abbandono. Oggi Milano ha migliaia di appartamenti inutilizzati

E tantissimi edifici abbandonati. Solo a Milano città ci sono 4 milioni di metri cubi di edilizia dimenticata…
La prima cosa che ho detto quando mi sono candidato sindaco è che era proprio su questo patrimonio che intendevo lavorare. Avevamo anche fatto un censimento incrociando dati differenti. Ne risultarono numeri enormi: 60 mila appartamenti vuoti e 800 mila metri quadri di uffici inutilizzati. Il documento metteva insieme sfitto e invenduto. Lo dico da anni. La soluzione è creare un'agenzia, un soggetto terzo, che utilizzando le garanzie che può dare una presenza dell'amministrazione pubblica e sfruttando un agilità di contatto con proprietari, si sostituisca agli inquilini, facendo da garante. Quello che fanno le cooperative social per intenderci. In questo modo si garantirebbe  l'utilizzo degli spazi, un ritorno economico sicuro per i proprietari anche se più basso, e si garanzie sul buon utilizzo degli edifici evitando situazioni di danno o incuria. Senza contare che una realtà come questa sarebbe anche un agente di controllo. Non sto parlando di fantascienza. Soluzioni simili ci sono in Spagna, Germania e Francia. Anche in Italia abbiamo esempi che funzionano. A Torino e Brescia in particolare. Riproponiamola anche a Milano.

Si parla molto del riuso. Un tema che però ad alcuni fa storcere il naso perchè si parla sempre di forme temporanee. Possibile che non si possa pensare a progetti pluriennali a lunga scadenza?
Anche su questo bisogna essere precisi. La mia esperienza fatta all'estero dice qualcosa di diverso. Ci sono agenzie di riuso temporaneo che sono macchine da guerra. Noi, in Italia, siamo al medioevo. All'estero le occupazioni, quelle naturalmente che rispondono ad alcuni criteri meritori, sono viste come un plus, un vantaggio, per i proprietari. Questo perchè, tra le altre cose, tengono acceso un valore di mercato degli immobili evitando il deteriorarsi delle strutture. Dopo un periodo di occupazione poi, nel momento di una possibile vendita, senza troppi attriti l'edifico viene liberato e riconsegnato ai proprietari. Anche se in un momento di crisi come questo i tempi sono molto dilatati. Qui da noi manca una visione lucida, intelligente e non ideologica di questi processi. Mentre ad Amsterdam alcuni gruppi attaccano gli occupanti accusandoli di fare gli interessi dei proprietari in Italia siamo ancora fermi agli sgomberi della polizia. Ci sono alcuni ottimi esempi di riuso a Milano. Penso al lavoro di Isabella Inti e alla sua associazione Temporiuso o agli sforzi del think thank Avanzi. Sostenibilità per azioni.    

Abbiamo visto che c'è un boom degli sfratti, un numero enorme di edifici abbandonati e una risposta edile al fabbisogno insufficiente. Sembra si stia parlando di una città sostanzialmente smarrita. È così?
Ho già più volte detto detto in modo esplicito che serve una visione sul futuro di Milano che abbia idea di quale voglia essere il grande progetto condiviso da portare avanti. Per me il grande tema di oggi è quello della creatività. Proprio la creatività è ciò che caratterizza questa città. Una creatività eclettica e diffusa, che tocca tutti i campi ed  è molecolare perchè costituita da un tessuto di microrealtà. Si tratta di associazioni, professioni, cooperative e commercio. Milano ha sempre avuto questa capacità di lavorare sull'innovazione. Ecco allora che devi avere una visione. Solo così può nascere un progetto, ad esempio, che pensi di riutilizzare i tanti spazi abbandonati. L'amministrazione dovrebbe prendere in mano il tema e proporre qualcosa. Niente di esaustivo o definitivo. Ma qualcosa. Perchè non mettere insieme proprietari, fabbisogno, artigiani locali per il restauro e le professioni, penso al design e all'architettura, che vivono un momento di grande difficoltà, per creare una nuova filiera che dia lavoro e prospettive oltre che ricucire il tessuto urbanistico?  

Tornando alle nuove costruzioni, di cui Lei si occupa anche in prima persona. Giovanni Testori diceva, circa i grattacieli, che «devono mandarsi messaggi morali con il contesto in cui sono collocati». Lei cosa pensa?
È un discorso molto importante. Bisogna tenere ben presente una questione. Un grattacielo, ma una grande opera edilizia in generale, va sempre considerata pubblica, anche quando di fatto è proprietà privata. Questo perchè si tratta di costruzioni sempre esposte allo sguardo dei cittadini. Opere che cambiano il paesaggio e il modo di vivere e vedere il territorio. Chi costruisce deve avere questa consapevolezza. Il messaggio morale principe di un grattacielo, per usare le parole di Testori, deve dunque essere la congruenza con il contesto. Il grattacielo deve testimoniare l'attenzione per la città e i cittadini. Questo è il motivo per cui ho progettato il bosco verticale e non qualcosa di più aggressivo.


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