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«Basta burocrazia, la musica dal vivo sta soffocando»

Stefano Boeri scrive al ministro Massimo Bray e lancia una petizione per ridare fiato a un settore vitale, ma sempre più in difficoltà. E che invece è un volàno economico

di Silvano Rubino

"I Rolling Stones, gli Who, gli U2, ma anche i Beatles (nel mitico Cavern di Liverpool) hanno cominciato a suonare nei pub e nei locali dal vivo, per qualche decina di ascoltatori sparsi tra i tavoli o in piedi con una birra in mano". Così inizia la lettera che Stefano Boeri, architetto, già assessore alla Cultura del Comune di Milano. ha scritto al ministro dei Beni culturali Massimo Bray
, con annessa una petizione online (clicca qui per firmare)

Obiettivo: una legge italiana sulla musica dal vivo. Che, spiega Boeri,  "annulli le procedure burocratiche e i permessi per i locali –di qualsiasi tipo- che ospitano chi si esibisce dal vivo".

In Italia, infatti, oggi, "fare musica dal vivo è sempre più difficile. Un groviglio di permessi, licenze, autorizzazioni rende oneroso e complicato organizzare momenti di ascolto live : sia per chi la musica la fa che per chi la ospita".

"Aiutare la musica a crescere", scrive Boeri nella sua lettera, "significa offrire a migliaia di giovani donne e uomini la possibilità di suonare in pubblico e dal vivo. Offrire loro spazi da cui possano sprigionare la loro linfa vitale. Sapendo che l’investimento in musica moltiplica i valori iniziali; perché la musica non è mai solo tempo libero e intrattenimento, ma una corrente che accende la vita degli spazi in cui scorre, produce lavoro, attira pubblico, incentiva il turismo e alimenta la creatività. La musica è in altre parole una parte fondamentale della nostra economia; con un indotto esteso e articolato, che non riguarda solo chi fa parte della filiera (gestori, producer, autori, promoter, discografici, editori, artisti…), ma coinvolge e beneficia chi la musica la ospita, la promuove, la pubblicizza".

Boeri entra nel dettaglio di come semplificare la vita a musicisti e gestori: "l’autocertificazione in rete degli spettacoli, una soglia massima di spettatori, orari condivisi per la musica su tutto il territorio nazionale; regole valide per tutti: gestori, artisti, fruitori, residenti".

Anche perché "una legge siffatta saprebbe affrontare nel modo più efficace i disagi prodotti dai fenomeni della cosiddetta “Movida”. Moltiplicando nelle città italiane l’offerta di spazi dove si suona dal vivo (musica classica, rock, indie, jazz, blues, folk..) si diluirebbe infatti quella esacerbata concentrazione di folla attorno ai pochissimi locali in cui si può fare e ascoltare musica anche in ore serali. Per parlare solo di Milano, in pochi anni abbiamo perso il Derby, il Capolinea, la casa 139 luoghi che hanno ospitato dal vivo le sonorità di artisti diversi e straordinari come Jannacci, Chet Baker e gli Afterhours".

"In Inghilterra", prosegue Boeri, "dallo scorso ottobre è in vigore una legge, la Live Music Act, che liberalizza e gli eventi di musica dal vivo con meno di 200 spettatori entro le ore 23 – e che incentiva le formazioni che si esibiscono in acustico. 
Una legge che ha già cambiato il panorama musicale delle città inglesi e che ha avuto nel nostro Paese una fortissima eco mediatica".

"Un Ministro che ha presieduto per anni uno dei più straordinari eventi di musica dal vivo europei – la Notte della Taranta di Melpignano – può meglio di chiunque altro capire come una legge italiana sulla musica dal vivo sarebbe davvero, un decreto del fare", conclude Boeri.


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