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Contrordine: l’Onu riscopre la carità

Dopo i ventur capitalist e l'impact investment, l'Onu torna a elogiare la piccola, vecchia monetina e celebra oggi la prima Giornata Internazionale della Carità. Poco il riscontro, ma la Caritas dice «non c'è carità senza incontro»

di Sara De Carli

Qualcuno lo sapeva? Oggi il mondo celebra la sua prima Giornata Internazionale della Carità. L’Onu ha scelto il 5 settembre perché è l'anniversario della morte di Madre Teresa di Calcutta, Premio Nobel per la Pace nel 1979. Alla faccia di impact investment, venture capitalist e tutti quei nomi roboanti, in tempi di crisi l'Onu riscopre il valore della piccola, vecchia monetina. La Giornata vuole «sensibilizzare e mobilitare la gente, le ONG, e le parti interessate in tutto il mondo per aiutare gli altri attraverso il volontariato e le attività filantropiche». Come si celebra questa giornata? L’Onu invita tutti gli Stati membri, le organizzazioni internazionali e regionali, la società civile, le ong e i singoli «a incoraggiare la carità, anche attraverso attività di educazione e di sensibilizzazione». Tracce di grandi risposte, nel mondo, non ce ne sono. L’Onu, per parte sua terrà una conferenza oggi pomeriggio, dedicata all’importanza delle non profit nello sviluppo. Due i temi principali: il ruolo delle charity nell’assicurare acqua e sanità; il ruolo dell’alleanza fra charity per sradicare la poervtà.

Ban Ki Moon, segretario generale dell'Onu, nel suo messaggio ha detto che «Stranamente la carità a volte viene respinta, come se fosse inefficace, inadeguata o anche in qualche modo umiliante per il destinatario. "Questa non è carità", rivendicano alcuni donatori, "questo è un investimento". Dobbiamo riconoscere la carità per quello che è a cuore: una nobile impresa finalizzata a migliorare la condizione umana. Nel momento in cui ci proponiamo di accelerare i nostri sforzi per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e definire un'agenda audace per il periodo successivo al 2015, il ruolo della carità può e deve crescere».

In Italia della prima Giornata internazionale della Carità si è ovviamente accorta la Caritas italiana, che sottolinea la lega all’iniziativa di digiuno e preghiera per la pace voluta da Papa Francesco per il 7 settembre: «un doppio invito per la Caritas locali a pensare, proporre, rafforzare nei percorsi pastorali avviati in diocesi, esperienze capaci di diventare stile, scelta di vita, a livello personale, professionale, familiare. Esperienze in cui la pace, la solidarietà, la nonviolenza, la mondialità, non solo siano dichiarate, ma siano praticate». La Caritas ha ripreso anche le parole di Francesco per ribadire come il senso profondo della carità infatti non è “l’elemosina” ma soprattutto l’incontro con l’altro e, nell’incontro, aiuto: «Dobbiamo edificare, creare, costruire una cultura dell’incontro», dicono. Papa Francesco nelle scorse settimane aveva detto: «A volte, io domando a qualcuno: “Lei fa l’elemosina?”. Mi dicono: “Sì, padre”. “E quando Lei fa l’elemosina, guarda negli occhi la gente a cui fa l’elemosina?” “Ah, non so, non me ne accorgo”. “Allora Lei non l’ha incontrata. Lei ha gettato l’elemosina ed è andato via. Quando Lei fa l’elemosina, tocca la mano o getta la moneta?”. “No, getto la moneta”. “E allora non lo hai toccato. E se non lo hai toccato, non lo hai incontrato”».
 


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