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Welfare & Lavoro

Reddito minimo: tante promesse, e poi?

Si allontana il traguardo dell'approvazione della misura di lotta alla povertà che il ministro Giovannini aveva annunciato per settembre. Tra casi giudiziari, venti di guerra e immobilismo, il governo ha congelato tutti i tavoli di lavoro e deluso le associazioni che da tempo avevano avanzato proposte concrete

di Gabriella Meroni

Si era alla vigilia dell'esodo di ferragosto quando il ministro del Welfare Enrico Giovannini augurava buone vacanze agli italiani con una solenne promessa: a metà settembre "sarà pronta una prima proposta sul reddito d’inserimento, prevista dal programma di governo", perché secondo il ministro "serve uno strumento di contrasto alla povertà, da agganciare alla disponibilità a rimettersi sul mercato del lavoro". Parole sacrosante, che Giovannini aveva fatto seguire da alcuni fatti, come per esempio l'insediamento di un gruppo di lavoro all'interno del ministero, presieduta dal vice-ministro Cecilia Guerra, di cui sono stati chiamati a far parte anche gli esperti che hanno lavorato al reddito d’inclusione sociale (il reis) elaborato da Acli e Caritas.
A tre giorni dalla metà del mese fatidico, però, nulla sembra essersi mosso.  Tra vicende giudiziarie di Berlusconi, il minacciato intervento in Siria, il G20 e le intemperanze parlamentari che hanno caratterizzato queste prime tre settimane dalla fine delle ferie, il governo è ben lontano da fare passi avanti in questa direzione.
"Le associazioni che hanno sostenuto la proposta di reddito minimo che tanto è piaciuta al ministro si sono date da fare", fanno sapere gli interlocutori di vita.it, tanto è vero che a inizio mese Acli e Caritas si sono fatte promotrici di un incontro aperto ad altre realtà della società civile (tra cui Cgil, Cisl, Uil, Confcooperative, Lega delle autonomie e altri) in cui si è ribadita la volontà di andare avanti con le proposte e anzi di lanciare una campagna di sensibilizzazione che dovrebbe partire proprio non appena il governo batterà un colpo.
E anche se a quest'ultimo incontro alcune realtà hanno sollevato dei dubbi (ma i partecipanti alla riunione preferiscono chiamarli "spunti di riflessione")  sulla capacità del reddito minimo di coabitare con altre misure di sussidi o sostegni al reddito (soprattutto la cassa integrazione) e di arrivare a chi ne ha davvero bisogno (e non a chi, per esempio, risulta nullatenente pur avendo uno o due lavori in nero), la conclusione delle associazioni è stata unanime: si deve andare avanti col Reis, e il governo deve smettere di fare melina.
Dalle parti del Welfare, però, continua il silenzio, almeno ufficiale. E mentre l'area del sito ministeriale dedicata alle politiche di contrasto alla povertà sembra essere ferma al 2010 – anno che viene presentato con enfasi (e al tempo presente) come Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale – i risultati dei lavori della gruppo di lavoro non sono pervenuti e neppure pare essere all'orizzonte la presentazione di una prima bozza di proposta di legge. E intanto i poveri aspettano.
 


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