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Antonella Ferrari: «La sclerosi multipla? Io la vivo con grinta»

Appuntamento stasera a teatro con la madrina nazionale dell’Aism, che racconterà la sua convivenza con la malattia in uno spettacolo pieno di energia

di Redazione

La tenacia, di sicuro, non le è mai mancata. Antonella Ferrari, oltre ad essere un’attrice che a più riprese ha sfoderato il talento, è prima di tutto un bell’esempio da seguire: affrontare la sclerosi multipla con coraggio, senza perdere nemmeno un grammo della gioia di vivere che sempre l’ha accompagnata, è una sfida che solo in pochi riescono a vincere. Giorno dopo giorno, lancia in resta contro i pregiudizi e contro il luogo comune per cui una malattia debba per forza sfibrare l’energia vitale. L’entusiasmo è quello di Don Chisciotte, ma la sua è una battaglia tutt’altro che donchisciottesca: in tanti riconoscono e ammirano la sua enorme perseveranza. Pochissimi pensavano che avrebbe dato il meglio di sé nella soap-opera Centovetrine, ma si sono dovuti ricredere: per cinque anni (dal 2001 al 2006) è stata una convincente Lorenza Giraldi.
Ma le sorprese migliori in campo recitativo dovevano ancora arrivare: il maestro Pupi avati l’ha valorizzata come interprete del cinema d’autore, nella fiction Un matrimonio.  La sua autobiografia, Più forte del destino, è nata con uno scopo precipuo: dimostrare che, come dice la celebre canzone, “si può dare di più, senza essere eroi”. Non è di eroi che abbiamo bisogno, bensì di ragazze come lei, che confessano a cuore aperto le proprie fragilità. Stasera, al teatro Pax Cinisello Balsamo, racconterà la sua storia: è già sold-out, ma non c’è problema, in futuro ci saranno molte altre repliche in giro per l’Italia. Aism l’ha scelta come madrina per le proprie iniziative, ed è stata una preferenza davvero azzeccata: la positività di Antonella è contagiosa.  
 
Raccontaci l’emozione che stai provando, in attesa dello spettacolo di stasera.
«Ho fatto molto teatro nella mia vita, quindi mi sento davvero a casa su un palcoscenico. Questo spettacolo, nella sua versione ridotta, ha già debuttato a luglio al festival di Asti e ha raccolto uno straordinario successo di critica e di pubblico. Stasera proporrò per la prima volta la versione integrale. Ho scelto il pubblico del Pax Cinisello Balsamo perché qui mi sento in famiglia, io abito a Bresso che è a due passi. L’intero incasso della serata andrà ad Annfas Nord Milano: l’anno scorso mi hanno chiamato per la presentazione del mio libro e ho scoperto  delle persone splendide. Sono molto contenta di poter finanziare i loro progetti, fanno un lavoro eccellente per i disabili»
 
Nel libro racconti le altalene emotive della tua vita, dall’euforia alla disperazione. In questo momento sei felice?
«Sono stancamente serena. Il mio fisico, in questo momento, mi ostacola molto il raggiungimento della serenità. Avrei tantissime cose da fare, tantissimi progetti in cantiere; vorrei dire di sì a tutti ma non posso perché, come sai, la stanchezza di chi è affetto da sclerosi multipla non è un normale affaticamento. È come se la mia testa andasse a 100 all’ora e il mio fisico a 20, quindi faccio fatica a mettere d’accordo mente e corpo». 
 
Per il raggiungimento del tuo equilibrio quanto è stata importante la fede?
«In realtà il vero equilibrio non l’ho ancora ottenuto, lo raggiungerò quando imparerò a non vivere solo all’insegna del dovere, occupandomi anche dei piaceri. La fede mi ha permesso di coltivare la speranza: ho sentito, attraverso la preghiera, la sicurezza di avere qualcuno accanto che mi sta vicino, che mi fa sentire protetta. Dopo aver seguito la messa io mi sento meglio. La fede è davvero per me un’ancora di salvezza. 
 
Tu sai che anche Pupi Avati sente il bisogno di frequentare la funzione religiosa, per sentirsi più sereno. A proposito di Avati, finalmente hai coronato il sogno di lavorare con lui, nella fiction “Un matrimonio”.
«È stata davvero la realizzazione di un sogno. Lo conosco da alcuni anni, ed è stato sempre carinissimo, mi ha dato un grande supporto morale per affrontare la malattia.  Una volta mi disse: “Inizi a considerarmi un amico, si sfoghi pure con me”. Ci siamo dati del lei fino all’inizio delle riprese. Poi lui mi ha pregato di passare al tu, e all’inizio facevo un po’ di fatica, perché lo consideravo davvero un Maestro».
 
Prima hai parlato di speranza. Papa Francesco è senza dubbio un uomo capace di dispensarla.
«Quando lui è diventato Papa ho sentito dentro di me un entusiasmo incredibile. In passato, ai tempi di Giovanni Paolo II, ero una “papa girl” sfegatata, la Giornata Mondiale della Gioventù era per me un appuntamento fisso. Per Ratzinger ho enorme rispetto, ma non mi trasmetteva le stesse sensazioni. Papa Francesco invece mi ha letteralmente colpita, conquistata. A giugno ho partecipato a un’udienza del mercoledì, dove non ho avuto modo di stargli vicino; in aprile replicherò, spero davvero di stringergli la mano. È l’emblema di quella luce che io vedo nella fede». 
 
Hai avvertito la commozione del pubblico, quando hai portato in scena il tuo spettacolo nei mesi scorsi?
«Uno potrebbe pensare che sia un mattone perché si parla di un argomento serissimo come la disabilità,   invece ci sono dei momenti in cui la gente si diverte per davvero. Finalmente ho l’opportunità di tirar fuori  la mia chiave comica, molto ironica e autoironica; prendo in giro la disabilità e gli stereotipi sulla disabilità. Il finale è commovente, molto nostalgico. Ricordo che alla prima al festival di Asti, alla fine dello spettacolo tutto il pubblico era in piedi a applaudirmi, e per un’attrice è il massimo. La gente poi mi ha detto che scorre in maniera perfetta, e il merito è soprattutto del regista Arturo Di Tullio, che ha saputo dare la giusta leggerezza a un tema importante». 
 
Secondo te l’Italia è un Paese che ha imparato a affrontare con maturità l’argomento disabilità?
«Secondo me il pubblico è molto più avanti di quello che vogliono far credere gli addetti ai lavori. Ricevo una marea di lettere, mi scrivono: “Meno male che porti avanti la nostra lotta”. Quindi la gente è pronta, vuole che si parli di disabilità a patto che non sia strumentalizzata. Il disabile non va descritto né come eroe né come sfigato:  in tv e a teatro deve essere normalità». 
 
Il tuo impegno con Aism come procede? 
«È un impegno costante, da molto tempo sono la loro madrina. Essendo l’unica attrice italiana con la sclerosi multipla è doveroso da parte mia parlarne, perché è giusto si sappia che con la malattia si può comunque sognare e fare progetti. Parte del ricavato del mio libro è andato all’Aism e sto organizzando delle serate in varie città il cui ricavato andrà alla sezione locale dell’Associazione. Vorrei aiutare le Aism locali sparse per l’Italia, perché sono proprio il cuore pulsante: accompagnano la persona a fare la terapia, il primo aiuto arriva da loro». 
 


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