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Droghe, decreto Lorenzin: svolta positiva… ma non per tutti

Il decreto sugli stupefacenti reintroduce la divisione tra cosiddette droghe pesanti e leggere e riduce le pene per il piccolo spaccio. Perplessità da Exodus, San Patrignano e Modavi, di segno opposto il parere di Cnca, Gruppo Abele e Antigone

di Antonietta Nembri

L’approvazione del decreto Lorenzin sugli stupefacenti alla Camera, su cui il Governo ha dovuto mettere la fiducia (in attesa dell’approdo al Senato dove dovrà essere convertito entro il 20 maggio), ha riaperto il dibattito non solo tra le forze politiche  sul dopo legge Fini-Giovanardi, ma anche nel mondo delle comunità di accoglienza.

Il decreto Lorenzin che ha l’obiettivo di superare la Fini-Giovanardi, dopo la sua bocciatura da parte della Corte Costituzionale, porta diversi cambiamenti: il ritorno delle tabelle di classificazione delle sostanze, con il ripristino della distinzione tra droghe pesanti e leggere cosa che influisce di conseguenza sulle pene per i reati connessi. Se la Fini-Giovanardi non faceva distinzione sulle sostanze per lo spaccio grave, ora per le cosiddette droghe pesanti le pene variano da 8 a 20 anni, mentre per quelle leggere si va dai due ai sei anni. Per il piccolo spaccio le multe sono state abbassate di due terzi. Mentre per l’uso personale si torna alle sanzioni amministrative.

Il ritorno alle classificazioni delle sostanze per don Antonio Mazzi è un «assurdo». Spiega il fondatore di Exodus: «Non esiste la divisione tra droghe leggere e pesanti. Le nuove sostanze sono diverse, sono modificate. Questa distinzione ci fa tornare indietro di trent’anni. Il mondo delle dipendenze è cambiato. Oggi anche uno spinello può diventare mortale». Per don Mazzi, oltretutto, ancora una volta la normativa «è fatta da incompetenti che non vivono in mezzo alla gente ai ragazzi come viviamo noi».
Per quanto riguarda le pene, comunque, don Antonio Mazzi torna a quello che è un suo leit-motiv la de-carcerizzazione «lo dico da sempre» sottolinea, «i ragazzi non devono andare in carcere, dovrebbero comunque scontare le pene in strutture adeguate».

Netta contrarietà al nuovo testo arriva da San Patrignano, in un comunicato stampa la Comunità riminese non solo sottolinea il non volersi «rassegnare alla cultura della normalizzazione della droga», ma anche si chiede «Come è possibile pensare di inserire la cannabis geneticamente modificata, con percentuali di principio attivo sino a 20 volte superiori a quella naturale nella tabella due ideata per classificare le “droghe leggere”?». Come per don Mazzi anche per San Patrignano alcuni passaggi del decreto fanno pensare che chi ha redatto il testo «o non conosce il problema droga o, come ci sembra più probabile, fa finta di non conoscerlo e non aver ascoltato il parere degli esperti».
L’augurio della Comunità di San Patrignano è che «il Senato ci ripensi» e nello stesso tempo si fa promotrice «di un movimento che unisca tutte le realtà che credono fortemente in una società libera da ogni dipendenza».

È un grido d’allarme invece quello che arriva dalla presidente di Modavi onlus «La strada intrapresa dal governo Renzi spalanca il baratro verso la completa normalizzazione delle droghe». Secondo Maria Teresa Bellucci, inoltre, il decreto «contiene alcuni elementi altamente pericolosi, come la distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere o l’introduzione di un approccio di matrice esclusivamente sanitario che non tiene più in considerazione la dimensione psicologica, sociale e relazionale della persona tossicodipendente». Per la presidente infine, «il Governo ha mancato un’occasione importante per risolvere i problemi delle persone, scegliendo di avallare una cultura riduzionista e organicista, a discapito del valore della vita e della libertà dalle droghe».

Di segno opposto il parere di Cnca, Gruppo Abele, Comunità San Benedetto al Porto, Forum Droghe, La società della Ragione, Antigone e Federserd che, insieme hanno firmato una presa di posizione dedicata alla "svolta per il governo nella politica delle droghe" che richiamando il cosiddetto “Manifesto di Genova” scritto due mesi fa chiede, al di là della differenziazione tra droghe leggere e pesanti (soprattutto sul fronte delle pene), che vengano individuati «spazi di non punibilità». Viene altresì chiesto un «cambio di direzione delle politiche antidroga e l’avvio di un percorso più ampio di scrittura di una legge nuova, moderna, etica, efficace», lontana anche da «strumentalizzazioni ideologiche e politiche». Non manca infine la richiesta del superamento dell’attuale  gestione del Dipartimento anti-droga.
 


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