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Cooperazione & Relazioni internazionali

Kyenge: «Immigrati, cambiamo la convenzione di Dublino»

L’ex ministro a vita.it: «Bisogna iniziare a considerare le frontiere dell’Europa Mediterranea come frontiere dell’intero continente, e non dei singoli Stati».

di Joshua Massarenti

«La Convenzione di Dublino andrebbe rivista, passando ad una concezione “europea” delle frontiere, e non più nazionale». Così a Vita.it l’ex Ministro dell’Integrazione del governo Letta, Cecile Kyenge, candidata del partito democratico alle elezioni UE nella circoscrizione Nord-Est.

Migrazioni, integrazione, diritti umani, lotta al razzismo e difesa del lavoro. Questi i temi sociali che Cecile Kyenge, candidata del PD per le elezioni europee del 23-25 maggio, intende portare in cima all’agenda politica del Parlamento UE. Per promuovere un’Europa più solidale e meno austera, più vicina ai cittadini europei e ai migranti, e meno arroccata in se stessa. «Affrontare questi temi potrebbe davvero cambiare la faccia dell’Unione», sostiene l’ex ministro dell’Integrazione del governo Letta in questa intervista rilasciata a Vita.it e all’agenzia africana Echos des Grands Lacs. «Sarebbe un’Europa nuova, dei popoli e dei diritti, avversa ad ogni forma di discriminazione, populismo e xenofobia. E’ giunta l’ora che l’UE riporti il valore della persona al centro delle sue politiche».
Immigrazione e integrazione sono temi che vedono sia lei che l’Italia in prima linea nel fronteggiare l’emergenza degli sbarchi a Lampedusa. Il governo italiano accusa l’Europa di non fare abbastanza e di abbandonare l’Italia a se stessa. Sono accuse che condivide ?
E’ necessario che l’UE adotti delle politiche davvero forti a livello Comunitario, il che migliorerebbe la gestione dei flussi migratori e delle richieste d’asilo. Bisogna iniziare a considerare le frontiere dell’Europa Mediterranea come frontiere dell’intero continente, e non dei singoli Stati. A questo proposito è fondamentale rafforzare i rapporti tra l’Europa ed i paesi di origine dei migranti. Dobbiamo costruire una forte politica di cooperazione allo sviluppo che rinforzi la pace e la democrazia nei paesi di provenienza. Questi temi non riguardano solo alcuni Stati membri,  bensì tutti i paesi dell’Unione Europa, che è costruita sui valori della solidarietà  e della corresponsabilità. Affrontare questi temi potrebbe davvero cambiare la faccia dell’Unione: sarebbe un’Europa nuova, dei popoli e dei diritti, avversa ad ogni forma di discriminazione, populismo e xenofobia.
Ma il Regno Unito, la Germania e i paesi scandinavi rimangono molto reticenti  all’idea di gestire in maniera comunitaria i flussi migratori…
Motivo per il quale la Convenzione di Dublino andrebbe rivista, passando ad una concezione “europea” delle frontiere, e non più nazionale. A quel punto la gestione stessa dell’immigrazione cambierebbe e ci sarebbe un’eguale ripartizione dei migranti a livello UE attraverso la libera circolazione, aspetto fondamentale giacché la maggior parte dei migranti arriva in Italia ma è in realtà diretta in altri paesi dell’area Schengen.
I migranti che sbarcano a Lampedusa sono in grande maggioranza africani. Che cosa si aspetta dai loro leader politici?
Ritengo che le politiche di migrazione debbano essere gestite tanto dall’Europa quanto dall’Unione Africana, attraverso accordi  che possono essere di tipo economico ma che devono prima di tutto rispettare i diritti dell’uomo. Inoltre, dopo l’applicazione del Trattato di Lisbona, il Parlamento Europeo ha una maggiore influenza sulla Commissione e dunque sugli Stati Membri, questo influisce anche sulla cooperazione internazionale con i Paesi Africani.
Si è candidata nella Circoscrizione Nord-Est, una delle roccaforti della Lega Nord. Come concilia la necessità di convincere gli elettori con un tema delicato come la gestione dei flussi migratori?
Non è facile, ma è necessario che ci sia questo cambio culturale. Un buon programma d’integrazione offre vantaggi anche alla popolazione italiana, non è un processo a senso unico, ma migliora la qualità della vita sia di chi arriva, che di chi si trova nel paese di accoglienza.
Ma come convincere l’elettore medio italiano, minacciato da povertà e disoccupazione, che la migrazione è un valore aggiunto per l’Italia e l’Europa?
Il mio programma si rivolge a temi e categorie sociali cruciali per il destino del paese. Penso ai diritti dei giovani, delle donne e al diritto al lavoro, nonché alla disoccupazione giovanile. Alla crisi bisogna dare una risposta che passi per un’apertura dei giovani alla diversità, un valore aggiunto che non fa che rafforzare l’identità di una persona, coniugandolo a risposte concrete come occupazione, possibilità di formazione e tutti quei meccanismi di protezione sociale che lo Stato deve offrire.
Di fronte al difficile momento sociale ed economico che l’Italia sta attraversando, come può il governo Renzi sostenere politiche d’integrazione che richiedono sforzi sul lungo periodo?
Gli sforzi economici non dovrebbero venire solo dall’Italia: ci sono fondi europei su cui si deve puntare per costruire delle politiche d’accoglienza finalizzate all’integrazione. Attualmente non abbiamo programmi a lungo termine e  l’arrivo di migranti viene continuamente gestito come un’emergenza. Questa situazione è insostenibile, quanto meno sul medio-lungo termine. 
Nell’ ottobre 2013 il governo dell’ex Premier Letta  ha lanciato l’operazione Mare Nostrum con l’obiettivo di propone di sorvegliare 24 ore su 24 i flussi migratori nel Mar Mediterraneo, ed in particolare il Canale di Sicilia, al fine di salvare il maggior numero di vite possibile. Qual è il bilancio di questa operazione?
E’ un buon programma al quale però manca un  seguito. Ritengo che Mare Nostrum possa rappresentare un progetto pilota europeo, e invece resta un programma nazionale. Purtroppo questa operazione è afflitta da molte lacune, come quelle tempistiche: può passare anche un anno prima che i migranti sappiano quale sarà il loro destino. In questo momento coloro che arrivano sono fortemente disorientati perché una volta sul territorio non sanno come proseguire nella ricerca di un futuro migliore, queste persone non hanno documenti né conoscono la propria posizione giuridica. Mare Nostrum andrebbe quindi rafforzato ed esteso, includendo la concessione dei permessi di soggiorno umanitari per l’area Schengen che consentirebbe ai migranti di cercare lavoro. Per questo motivo bisogna rivedere la Convenzione di Dublino, la quale prevede che chi arriva sul territorio Schengen debba richiedere asilo nel primo paese in cui approda. Credo che se l’UE è fondata su principi come la solidarietà e la corresponsabilità , questo debba applicarsi anche alla questione dell’immigrazione, che non è un affare nazionale ma deve rientrare nelle responsabilità dell’Unione Europea.
In seguito ad un’intervista che ci aveva rilasciato lo scorso anno, alcune organizzazioni congolesi hanno manifestato a Kinshasa condannando gli attacchi razzisti di cui è rimasta vittima quando era Ministro dell’Integrazione. La sua recente polemica con il leader leghista Salvini lasciano intuire che gli attacchi non si sono mai placati. Con quali conseguenze?
Da semplice deputato del Parlamento Italiano, non dovrei avere guardie del corpo al mio fianco. Purtroppo continuo a ricevere minacce, per cui ho dovuto mantenere questa misura di sicurezza. Credo però che le istituzioni debbano andare oltre il sostegno verbale. Non basta limitarsi alla solidarietà, bisogna applicare delle sanzioni a coloro che hanno delle responsabilità politiche e si permettono di pronunciare dei discorsi razzisti dall’interno delle istituzioni.
Chiede misure più forti da parte del governo Renzi?
Il governo deve sicuramente inasprire le leggi: ho la fortuna di poter contare su delle guardie del corpo, ma ci sono persone vittime di razzismo completamente indifese . Le istituzioni hanno il dovere di proteggere le categorie a rischio. Mi ritengo la portavoce di queste persone, che non sono solo i migranti ma anche tutti coloro che non vedono rispettati i loro diritti come i bambini, le donne, i lavoratori a rischio. Io faccio parte di queste categorie ed è su questi temi che uno stato civile deve dare delle risposte. La mia è una battaglia che intendo portare dentro il Parlamento europeo, in particolare quella sulla cittadinanza.


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