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È italiano il fundraiser più bravo del mondo

Si chiama Stefano Malfatti, è il responsabile della Raccolta fondi della fondazione don Gnocchi e ha vinto il prestigioso Global Award for Fundraising 2014, il premio che riconosce l'eccellenza del settore a livello mondiale. La sua specializzazione? I lasciti testamentari. Un tema difficile, che però secondo Malfatti "è il cuore del fundrasing"

di Gabriella Meroni

“Non me l'aspettavo, non ci contavo. Adesso ovviamente sono felicissimo, non vinco solo io ma tutti i colleghi e anche il fundraising italiano, che non ha niente da invidiare a quello degli altri paesi”. Questa la prima dichirazione a caldo raccolta da vita.it da Stefano Malfatti, responsabile raccolta fondi della Fondazione don Gnocchi e vincitore del prestigioso Global Award for Fundraising 2014, il riconoscimento più ambito da tutti i fundraiser del mondo. 
Malfatti (qui il suo blog), che partecipa per la seconda volta in tre anni all'International Fundraising Congress (IFC), straordinario evento per la raccolta fondi che aggrega professionisti del settore da oltre 60 paesi e vede oltre 1.000 partecipanti, e nell'ambito del quale viene assegnato il premio, ha vinto in una delle tre categorie previste (la più importante), quella dedicata al Global Fundraiser. Una categoria che riconosce il merito di un individuo con almeno cinque anni di esperienza alle spalle che “ha dimostrato un successo esemplare nel corso di un periodo continuativo di due o più anni”; nel caso di Malfatti, la vittoria è motivata da “un approccio pieno di energia” e ovviamente dai “recenti successi”, ovvero il raddoppio delle entrate da lasciti testamentari, che negli ultimi cinque anni hanno  superato quota 20 milioni di euro e sono passati in numeri assoluti da una decina a 25 l'anno.
E già, perché la specializzazione di Stefano Malfatti è proprio questa: i lasciti testamentari. “Diciamo che non mi lascio demoralizzare dalle sfide”, commenta il vincitore, “anche se il tema testamento in Italia è quasi impossibile. La difficoltà però mi ha stimolato, anzi entusiasmato, anche perché sono convinto che un argomento come questo arriva al cuore stesso della raccolta fondi, che è la relazione diretta col donatore”.
Malfatti – che, partito da un background di tipo gestionale, è da vent'anni alla don Gnocchi, di cui dieci passati a diretto contatto con il presidente monsignor Angelo Bazzari – racconta di quella trentina di persone che in media ogni anno si siedono davanti alla sua scrivania per parlare del loro problema di successione: “Vorrei che tanti scettici li incontrassero”, dice, “perché le relazioni non si imparano sui libri. E poi comunque io sono avvantaggiato dal fatto di lavorare per una fondazione che si è costruita in sessant'anni una solida fama di competenza e professionalità e può contare sulla figura di don Carlo Gnocchi, riconosciuto beato dalla Chiesa e straordinario messaggero di valori positivi. La mia vittoria dunque non è solo mia” conclude, “ma della Fondazione e anche di tutti i colleghi del fundraising italiano, che non ha niente da invidiare a quello di altri paesi ritenuti a torto più avanzati del nostro”.
 


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