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Just Eat it: Vivere di cibo sprecato è possibile

Un documentario inchiesta racconta l’esperienza di una coppia che, per sei mesi, ha vissuto di cibo scartato da supermercati, aziende agricole, scuole, ristoranti e dai vicini, raccontando gli sprechi alimentari dall’interno

di Ottavia Spaggiari

Sono 100 milioni le tonnellate di cibo che finiscono ogni anno, in Europa, finiscono nella spazzatura. Un numero impressionante, pensando soprattutto che in realtà questi numeri non comprendono nemmeno i prodotti agricoli e il pesce scartato direttamente dai produttori e che quindi non arrivano nemmeno sui banchi dei supermercati.

Un terzo della produzione mondiale di cibo, 1,3 miliardi di tonnellate vengono sprecati ogni anno. Insieme all’Europa, tra i giganti degli sprechi alimentari gli Stati Uniti, dove il 40% del cibo prodotto non viene mai nemmeno consumato. Una percentuale che vale 165 miliardi di dollari, in un Paese in cui in una famiglia su cinque, ai bambini non è garantita la sicurezza alimentare.

Sono questi dati che hanno spinto il regista Grant Baldwin e la moglie produttrice, Jen Rustemeyer a trasformare gli sprechi alimentari altrui nei propri pasti quotidiani per sei mesi, raccontando tutta l’esperienza in un documentario d' inchiesta sugli sprechi dell’industria alimentare.

Con un taglio simile a Super Size Me, il documentario del 2004, in cui il regista, si sottoponeva esclusivamente ad una dieta a base di cibo di McDonald’s per raccontarne gli effetti davanti alla videocamera, Just Eat it, rivela invece, come il cibo che finisce normalmente nella spazzatura si possa davvero trasformare in una dieta equilibrata.

“Tra le cause principali degli sprechi nei supermercati abbiamo trovato le scadenze.” Hanno raccontano Baldwin e Rustemeyer a Good.is, che per sei mesi invece di fare semplicemente la spesa, hanno contrattato con i supermercati per ottenere i prodotti, ancora freschi che però sarebbero finiti nella spazzatura. “Le date di scadenza indicano, nella maggior parte dei casi, il momento in cui un prodotto raggiunge l’apice della freschezza, ma spesso non hanno nulla a che fare con la sicurezza.”

Altri luoghi di grande spreco, i ristoranti e le scuole, tanto che diversi istituti, negli Stati Uniti, stanno iniziando ad eliminare il vassoio, così che gli studenti non lo carichino troppo, ma siano invece incentivati a chiedere più cibo, solo se hanno ancora fame. A giocare un ruolo importante nel meccanismo degli sprechi alimentari negli Stati Uniti, anche il fattore cosmetico: “Il produttore di pesche che abbiamo intervistato in California, aveva un tasso di spreco che poteva variare tra il 20% e il 70% della produzione, a seconda dell’annata, perché le pesche devono rispondere a determinati canoni estetici per essere acquistate dai supermercati.” Incredibile insomma la quantità di cibo ancora fresco e commestibile che si potrebbe trovare nella spazzatura, anche se, secondo Baldwin e Rustemeyer, il “dumpster diving”, ovvero la ricerca nella spazzatura non può essere la risposta agli sprechi alimentari. “Esistono metodi molto meno estremi. Il più efficace è quello del cibo da mangiare subito, riservare un contenitore in frigo, ai prodotti che devono essere consumati immediatamente perché sono a rischio di scadenza.” Ad avere un ruolo chiave negli sprechi alimentari infatti, sono soprattutto gli individui. “Questa per noi è stata la grande rivelazione. All’inizio pensavamo che questo film avrebbe sottolineato lo scandalo degli sprechi nell’industria alimentare, ma dopo molte ricerche abbiamo capito la responsabilità che abbiamo noi, come individui.” Ha spiegato Baldwin. “Un quarto del cibo che compriamo finisce nella spazzatura. I responsabili della metà degli sprechi alimentari siamo noi.” 


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