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La propaganda sulla pelle dei senza casa è un crimine contro l’umanità

Torna prepotentemente all'ordine del giorno il problema abitativo di cui Vita si era occupata approfonditamente. Di fronte ad una crisi di cui non si vede uscita, tra sfratti e occupazioni, è in corso una guerra tra poveri su cui la politica invece di cercare soluzioni prova a lucrare guadagnando qualche manciata di voti. Ecco cosa ne pensa il sociologo Marco Revelli

di Lorenzo Alvaro

A riportare prepotentemente agli onori della cronaca il problema ci ha pensato il segretario della Lega, Matteo Salvini. E così, anche a causa di un'aggressione subita a Bologna da parte dei centri sociali, la polemica si è infiammata. Si parla di abitativo, di case popolari e di immigrazioneIl problema è che i toni del dibattito si sono fatti subito da campagna elettorale. I comuni accusano le aziende che gestiscono l'abitativo popolare (Aler a Milano e Ater a Roma), le aziende accusano Regioni e Governo, che tornano ad accusare i Comuni. Uno scaricabarile che fornisce ottimi spunti giornalistici ma poche soluzioni. In tutto questo, sulla scia della polemica innescate da Salvini, nel teatrino della polemica, tutto si riduce ad una guerra tra poveri, tra chi ha diritto e chi non ce l'ha, come se la legalità potesse chiarire o fare giustizia. Su Vita.it oltre un anno fa affrontammo la questione, che ha le sue radici più in profondità, un passo prima del solo problema abitativo. L'Italia ha infatti il record di edifici abbandonati in Europa e la maglia nera la detiene Milano. Per provare a fare ordine e capire cosa stia succedendo abbiamo deciso di fare una chiaccherata con il sociologo Marco Revelli.


Si è tornati a parlare di case popolare, crisi dell'abitativo e diritto della casa. Com'è possibile che ogni volta la discussione riparta da zero, come si trattasse di un problema nuovo?
Intanto separerei il problema, le sue dimensioni e la sua natura dagli usi elettorali che ne vengono fatti. Devo dire che trovo indecente che si inauguri l'apertura di una campagna elettorale, perché è questo che sta accadendo, all'insegna dell'uso degli ultimi e delle sofferenze subite da questi ultimi per portarla alla propria borsa politica. Che siano rom, migranti, homeless occupanti di case. Si tratta dei piani più bassi del già pesante edificio della crisi. Il fatto che vengano usati trasversalmente come strumento retorico di propaganda elettorale  è un crimine contro l'umanità. La crisi produce serbatoi di sofferenza e li rende anche virulenti. Diventa un comodissimo strumento per far dimenticare la drammaticità di tutti i problemi. Indubbiamente esiste un enorme problema abitativo su due versanti. È abbastanza evidente che il tema della casa è un tema cerniera nel cuore della crisi che stiamo vivendo. C'è da una parte un moltiplicarsi del disagio sul versante della richiesta, della domanda. Ci sono sempre più senza casa. Quelli che ce l'avevano e l'hanno perduta o che non possono più permettersela.  Dal lato dell'offerta si moltiplicano le case vuote, sfitte o in vendita. Se si guarda i portoni è un rosario di cartelli colorati di affittasi e vendesi. Non ancora a livello di Atene ma ci stiamo avvicinando.

I dati del Sicet, aggiornati al 2012, parlano 220 mila sfratti in  Italia, di cui 18 mila solo a Milano. Forse bisognerebbe partire da qui per ragionare sul problema?
A Torino abbiamo coniugi anziani che dormono in macchina, nella Panda, l’ultima proprietà non ancora pignorata. Questa è la crisi.

A questo va aggiunto che sempre Milano vanta 4 milioni di metri cubi di edifici abbandonati. La Lombardia invece ne conta 25 milioni. Un'infinità. Due domande sorgono spontanee: perché non recuperarne una parte per dare la casa a chi ne ha bisogno? E ancora: perché per Expo si è messo in piedi il più grande cantiere d'Europa costruendo ex novo?
Esatto. Perché non si investe su questo patrimonio? Anche solo un fondo pubblico di perequazione, con costi d'affitto calmierati. Con la possibilità di far entrare le famiglie che hanno bisogno in case private a costo di edilizia popolare. Ma ci vorrebbe che la politica riconoscesse che esiste questo esercito di senza casa e che esiste un diritto sulla casa. Un diritto in quanto uomini prima che cittadini. Lo ha sottolineato anche Papa Francesco.

Stefano Boeri e Roberto Reggi proprio su Vita.it ci parlarono di occupazioni legali e riuso, che ne pensa?
Sono d’accordo. Anche perché io credo che ci sia un parallelismo abbastanza stretto tra l'ingresso della criminalità organizzata sui flussi migratori con quello nella gestione delle case vuote. Se non c'è un intervento pubblico questo vuoto verrà riempito. Lo vediamo già dalla cronaca. C'è già un racket. È lo stesso che accade con gli scafisti. Se ci sono serbatoi di disperazione e una spinta incomprimibile o i canali non sono gestiti in modo pulito o verranno gestiti in modo sporco.

Da Macao ad esperienze più legate ai centri sociali, sono tante le forme di protesta che cercano di sottolienare la quantità di edifici in stato di abbandono. Tutto la discussione però ristagna sull'illegalità delle occupazioni…
Il tema dell'utilizzo dell'abbandonato è un tema strategico. Non piace ai coatti del consumismo e della cementificazione che preferiscono lo Sblocca Italia che amplia le possibilità del business. Ma l'utilizzo dell'abbandonato ha costi infinitamente minori. Si possono immaginare forme di co-working o volontariato. Un movimento di recupero dell'abbandonato sarebbe una proposta molto forte se non arrivasse la celere dopo 24 ore.

È possibile che di fronte al disagio, alla povertà e alla difficoltà di tante famiglie il problema sia esclusivamente la legalità o illegalità?
La legalità non è giustizia. È molto spesso una forma di occultamento dei problemi di giustizia. È un tema facile da quotare alla propria borsa perché chi non riesce a calarsi nel problema dell'altro si rifugia nel rispetto formale della norma. Una cosa terribile. Le società in questo modo si sfasciano. Questo uso della retorica della legalità nasce quando si sono logorati tutti gli altri valori sociali. Solo in una società di estranei si parla di legalità

Com'è possibile che la politica si sia appiattita su posizioni da questura? Esistono solo le norme. Nessuna visione, nessuna capacità di leggere il presente. Come facciamo ad uscirne?
La politica per un versante è impotente e per l'altro è pigra. La logica del business l'ha colonizzata fino a diventare l'unico strumento che i politici riescono ad immaginare per la soluzione dei problemi. Tanto da considerare lo stesso fare politica il fare business. Questo dicono le cene di Renzi a Milano e Roma, popolate da immobiliaristi implicati in tutte le cause per corruzione di questo paese. No  ho problemi a fare nomi. I Gavio sono quello che è stato ieri Ligresti. Che questi signori diventino padroni della politica è disperante.

Gian Valerio Lombardi, presidente dell'Aler di Milano, intervistato in Tv ha sottolineato che «i residenti in casa popolare pagano 23 euro al mese di affitto. Come pensate che possa sostenersi questo sistema?». Una frase che detta da chi presiede una società che solo di questo dovrebbe occuparsi è abbastanza clamorosa. Possiamo considerare fallita la strada delle case popolari?
Credo che sia esattamente così. D'altra parte che al vertice di queste strutture arrivino figure immerse in una forma mentale che è l'esatto opposto delle realtà che presiedono ce la dice lunga sulla schizofrenia della situazione attuale. Dovremmo cominciare a ridisegnare dalle fondamenta il nostro sistema di Welfare. Ma non con questa classe politica e a queste condizioni.

     


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