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Economia & Impresa sociale 

Becchetti: «La riforma delle popolari? Un favore ai big del credito»

L'economista portavoce campagna 005 per la riforma della finanza: «Renzi ha preso un abbaglio, cancellare il principio del voto capitario farebbe sparire proprio quei soggetti che oggi fanno più credito ai territori»

di Stefano Arduini

Presidente del Comitato Etico di Banca Popolare Etica, direttore del sito www.benecomune.net e direttore scientifico della fondazione Achille Grandi, portavoce campagna 005 per la riforma della finanza, il professor Leonardo Becchetti (Ordinario di Economia Politica presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma "Tor Vergata") è uno dei più acuti osservatori della galassia dell’economia civile. Ieri il presidente del Consiglio di fronte ai senatori del Pd ha annunciato che con il decreto Investment Compact metterà mano al sistema delle banche popolari e cooperative. Il punto all'ordine del giorno del CdM che inizia alle 15 è stato prima tolto e poco fa reiserito in extremis ("Disposizioni urgenti per il sistema bancario e gli investimenti"). L’ipotesi è che venga decapitato il principio del voto capitario.

Professore come valuta questa ipotesi?
In nessun Paese dalla Germania allo Sri Lanka una forma di impresa è stata cancellata con un atto del governo. Non capisco poi quale voglia essere il senso del provvedimento se non quello di mettere le mani sui risparmi degli italiani. Del resto mi pare molto evidente a chi conviene un passo del genere.

A chi?
Ai grandi gruppi internazionali, quelli troppo grandi per fallire. Quelli che, il caso di Mps insegna, quando falliscono lasciano il deserto intorno a loro. Quelli stessi che hanno chiuso i rubinetti, quando hanno pensato che fare credito non fosse più conveniente. Mettendosi a fare, diciamo così altre cose.

Il credito popolare e cooperativo invece è differente?
Basta guardare i dati. Nessuno come loro può vantare tassi di prestiti rispetto al raccolto così alti. Il ritornello “tante banche, poco credito” non ha senso in questo caso.  Se poi uno mi dice: anche le bcc possono fallire, io dico che è vero, ma è anche vero che generalmente se va a gambe all’aria una piccola banca di questo tipo, la rete di cui fa parte è in grado di porre rimedio.

Perché il governo Renzi avrebbe dovuto avvallare un progetto di questo tipo?
Diciamo che ha preso un abbaglio o che è stato mal consigliato. Io non dico che tutte le banche debbano essere popolari, ma nemmeno si può decidere per legge che tutte siano spa. La concorrenza è fatta anche di diversità. Per fare lo stadio a Roma, magari serve Goldman Sachs, per sostenere il panificio di borgata, meglio una bcc.

Eppure qualche problemino c’è anche nel mondo del credito popolare…
Non lo nego. Due cose si potrebbero fare subito: una rete di garanzia interbancaria sul modello tedesco e un sistema di incentivi che spingano alla crescita e all’accorpamento bcc e popolari. Ma questo processo deve avvenire sulla base della libera scelta della società civile, per con un decreto calato dall’alto come una mannaia. 


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