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Cooperazione & Relazioni internazionali

In Ucraina la tregua non c’è

L’inviato di Vita, Eliseo Bertolasi, si muove lungo il fronte che percorre la Repubblica Popolare di Lugansk attraversando i centri di Zorinsk, Chernukino, Perevalsk, Pervomaisk, Stakanov. «Si sentono continuamente i boati delle esplosioni»

di Redazione

Lugansk – Il 16 febbraio nell’autoproclamatasi Repubblica Popolare di Lugansk, la tanto attesa tregua stabilita dagli accordi di Minsk non è ancora arrivata.

Zorinsk, Chernukino, Perevalsk, Pervomaisk, Stakanov. Il fronte corre parallelo a questi centri abitati nella parte occidentale della regione di Lugansk. I miliziani mi spiegano che si tratta di un fronte “a pettine” dove le linee si compenetrano. Il rischio d’incontrare pattuglie ucraine in avanscoperta è reale, per tal ragione l’auto su cui ci spostiamo, nonostante il ghiaccio e la bufera di neve si muove sempre con velocità. Sulle postazioni dei miliziani filorussi sventola la bandiera della Russia e la bandiera dell’icona di Cristo.

Nel primo pomeriggio nella cittadina di Zorinsk non distante da Perevalsk, sulla linea del fronte si sentono continuamente i boati delle esplosioni: artiglieria, lancio di missili grad. In mattinata verso le dieci un colpo a frammentazione, mi riferiscono i miliziani, partito dalle linee ucraine,  ha colpito a morte un signore anziano e ferito gravemente un altro abitane di Zorinsk.

Sul luogo dell’esplosione, nonostante la bufera di neve si vedono ancora molte chiazze di sangue. La moglie del signore anziano ucciso, mi raggiunge e mi porta nella propria abitazione, a poche decine di metri di distanza da dove è caduto il colpo. Mi mostra le schegge che hanno ucciso suo marito. Una lunga vita insieme, ora, in un attimo e in maniera così assurda tutto finito! Pregando, tra i singhiozzi, con tenerezza accarezza per l’ultima volta il volto cadaverico dell’amato. Piange, piange, ancora incredula di tale evento e di tanto dolore.

Momenti drammatici che segnano la vita delle persone. Come si fa poi a non capire quando, qui nel Donbass, la gente dice: «Indietro con l’Ucraina non si tornerà, è stato versato troppo sangue, abbiamo sofferto troppo?».

Molte case della cittadina di Zorinsk sono state bombardate solo una settimana fa, tra gli edifici colpiti, come purtroppo d’abitudine, non poteva mancare la scuola, completamente distrutta. I crateri sono molto profondi non si tratta semplici grad, ma, mi dicono, di missili Smerc e Uragan tirati sulla cittadina dalle postazioni ucraine.

Zorinsk è semideserta, le persone rimaste, per evitare di finire sotto le bombe si rifugiano negli scantinati. Su molti edifici appare la scritta sdes ljudi significa: “Qui ci sono persone”, si spera che questa scritta possa ulteriormente indicare che in quella casa vi abitano civili.

Scorgo una signora anziana che a fatica salendo su una scala di legno improvvisata sta uscendo da uno scantinato. Mi avvicino, il  suo viso è scarno e stanco dalle tante privazioni, lei mi ha dice: “Ti sembro una terrorista? Eppure Kiev continua a considerarci tali e continua a bombardarci!”.

Camminavo in strada, mentre fotografavo, è uscita una signora mi ha chiamato e mi ha invitato in casa, nonostante sia un forestiero, mi ha offerto delle blinie: «Oggi è festa, è la masleniza (carnevale ndr), prego, le offro il nostro dolce tradizionale, e la nostra ospitalità».  Ecco, questa è la Russia autentica, questo calore umano, ritengo, sia una delle più profonde espressioni  dell’anima russa. Questa è l’anima della gente del Donbass.

Nella foto di copertina di Bertolasi il sangue sulla neve di Zorinsk


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