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Politica & Istituzioni

La riforma della scuola è uno scossone necessario

L'ex ministro Luigi Berlinguer commenta gli ultimi passi del ddl sulla scuola dalle pagine de l'Unità. La fase della attuazione richiede però il contributo di tutti

di Redazione

La legge produrrà uno scossone nella scuola che ritengo benefico, anzi indispensabile. Eppure ecco una breve rassegna di ciò che abbiamo letto, ascoltato, visto: “La scuola si trasforma in un’azienda”. “La dimensione economica pretenderà di sovrastare la scuola in ogni altro ambito della vita umana”. “Docenti, assunzioni a metà: 50.000 avranno il posto e non lo stipendio”. “Saranno i presidi ad assumere i docenti”. Dominio incontrastato del preside – sceriffo”. “La buona scuola: licenziamento senza preavviso”. “Una riforma della discordia”.

Ecco ciò che ha caratterizzato e descritto il recente disegno di legge sulla scuola. Un allarme drammatico ha investito cittadini e docenti con enorme influenza sullo stato d’animo di tanti, alimentata fra l’altro dalla sfiducia – radicata da tempo – verso il mondo della politica e della burocrazia. Ne ha risentito la stessa discussione nelle aule parlamentari. Credo che sia indispensabile e urgente ripristinare una corretta informazione sui contenuti veri del testo licenziato dal Senato.

In questi giorni la Camera è al lavoro sul provvedimento, su cui pesa indubitabilmente il tempo ristretto, ristrettissimo per assicurare l’efficace e tempestiva assunzione in ruolo dei famosi centomila. Sarebbe molto opportuno che tutto questo venisse accompagnato dal tentativo di ricreare un clima di dialogo tra le parti e, prima di tutto, che il governo collabori con la Cgil, con i sindacati, alla luce di un reciproco rispetto. Non esiste democrazia senza un ruolo pregnante della tutela sindacale, naturalmente tenendo presente la diversità dei ruoli. Altrettanto opportuno sarebbe un impegno del governo, nella fase che comincia subito dopo l’approvazione della legge, e particolarmente nella stesura dei decreti delegati, a una reale consultazione e ad un efficace scambio di opinione nell’esame dei testi.

Si apre una seconda fase altrettanto impegnativa: l’attuazione delle nuove norme. Diventa di conseguenza particolarmente rilevante il contributo della scuola tutta

Luigi Berlinguer

Questo perché si apre una seconda fase altrettanto impegnativa: l’attuazione delle nuove norme. Diventa di conseguenza particolarmente rilevante il contributo della scuola tutta, delle sue espressioni organizzate, dell’amministrazione scolastica, dello stesso dibattito culturale e politico, per riportare lo sforzo attuativo e le misure concrete verso l’obiettivo principale, che è il cambiamento profondo dell’impianto educativo per l’affermazione della centralità dell’apprendimento.

Purtroppo i grandi temi strategici sono stati assenti dalla discussione. Lo stesso contributo delle associazioni è stato debole in merito all’obiettivo della centralità dell’apprendimento. La legge produrrà, come già sottolineato, uno scossone benefico nella scuola, anzi indispensabile. È contro questo aspetto che una parte ha opposto resistenza, preoccupata di rischi di degenerazione autoritaria nella gestione scolastica. Non nego che questi rischi esistano ed è per questo che essi vanno da tutti individuati, anche se non rappresentano la normalità della cose. Si tratta di patologie da non generalizzare che richiedono una forte capacità reattiva contro gli abusi da parte, innanzitutto, delle istituzioni scolastiche e amministrative, ma soprattutto della cultura progressista dentro la scuola. All’individuazione di rischi o di patologie non si risponde con il sospetto e l’atteggiamento passivo, ma si risponde con l’azione e la crescita della cultura democratica dentro la scuola.

Il terreno principale del confronto della seconda fase è guardare al futuro, individuare gli elementi di novità indubbiamente esistenti nel testo e sollecitarne l’affermazione e lo sviluppo: prima di tutto una didattica attiva con la costruzione di vere comunità educative. Un largo impegno della sinistra, per cambiare progressivamente la tipologia architettonica dei vecchi edifici, di corridoi e aule tutte eguali, secondo quanto la modellistica moderna ha già indicato. E poi, l’individuazione delle novità epistemologiche sostenendo i nuovi corsi di studio prospettati dalla legge. Dando ampio spazio all’uso interattivo che le opportunità informatiche concedono ad una didattica non trasmissiva e quindi autoritaria, ma appunto di confronto e comunicazione circolare al fine di conciliare severità e rigore, nell’apprendimento delle discipline con la componente non formale e informale della conoscenza. Il tutto accompagnato da una visione moderna della valutazione dei risultati perché l’apertura sociale determinata con l’accesso di massa all’istruzione non sia vanificata dagli abbandoni, ma si consolidi con l’obiettivo del successo formativo.

Che errore aver riassunto l’intero contenuto della legge nella figura del preside, un errore comunicativo madornale che ha partorito lo sceriffo, un capolavoro di mistificazione rafforzato da alcune norme ingenue di vago sapore autoritario, destabilizzante nel corpo docente sul suo attaccamento alla cattedra, al posto di ruolo, al rigido ambito disciplinare. Rex in regno suo est imperator. Mi si consenta una licenza con la trasposizione in chiave parapsicologica di questo vecchio principio giuridico, per tentare di spiegare come mai tutta l’opposizione si è incentrata sulla libertà e non sul necessario cambiamento dell’impianto educativo. Come si sa la libertà è sacra, e quando la si invoca la sua sacralità esplode anche laddove nessuno la vuol mettere in discussione. E diventa allora difficile riportare il tutto nel più logico ambito organizzativo, di un’istituzione complessa come è e deve essere la scuola autonoma.

L’autonomia è sparita dalla discussione e con essa l’idea di un progetto didattico per ogni scuola. È sparita col silenzio sull’autonomia la creatività, anima della capacità intellettuale di ogni scuola.

Luigi Berlinguer

E infatti l’autonomia, che è l’obiettivo principale della legge, è sparita dalla discussione e con essa l’idea di un progetto didattico per ogni scuola, di un cimento intellettuale contrario alla ripetitiva omogeneità della vecchia scuola. È sparita col silenzio sull’autonomia la creatività, anima della capacità intellettuale di ogni scuola, la partecipazione responsabile dello studente nel processo di apprendimento, anima di una vera educazione alla democrazia. È sparita l’innovazione, anima di una moderna crescita economica.

Strutturare la scuola in autonomia comporta collocare a fianco alla frammentazione disciplinare momenti collegiali di ricomposizione del sapere, di cooperazione tra docenti, di trasversalità, di contaminazione del formale con l’informale; momenti di severo studio individuale con altri di confronto e di cooperazione. Imparare da solista e da orchestrale.

Bisogna realizzare una scuola aperta, superarne l’odiosa connotazione di classe, di esclusione e a questo si deve collaborare ora da parte di tutte le componenti scolastiche, all’interno di una cultura educativa che sia positiva e propositiva.

di Luigi Berlinguer su l'Unità del 1° luglio

Foto di copertina MARCO BERTORELLO/AFP/Getty Images


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