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Alzheimer, finanziata una ricercatrice italiana

La Paul G. Allen Family Foundation assegna 100mila dollari a Claudia Balducci dell’Istituto Mario Negri per lo sviluppo dei suoi studi sull’utilizzo delle cellule mesenchimali per il trattamento della malattia

di Redazione

La Paul G. Allen Family Foundation, nata nel 1998 su iniziativa del cofondatore di Microsoft in accordo con l’Alzheimer’s Association ha deliberato un finanziamento di 100mila dollari a favore di Claudia Balducci, dell’Irccs Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, a sostegno delle sue ricerche sul possibile utilizzo delle cellule mesenchimali, cellule staminali pluripotenti plastiche e versatili, per il trattamento della malattia di Alzheimer. Ricerche che Claudia Balducci conduce in collaborazione con Antonio Uccelli, direttore del Centro di Eccellenza per ricerche biomediche all’Università di Genova.

La prerogativa rilevante delle cellule mesenchimali è che, a differenza di altri tipi cellulari, esse sono in grado di ridurre l’accumulo di una proteina, la beta amiloide, importante fattore nello sviluppo della malattia di Alzheimer. Le ricerche fin qui condotte hanno messo in luce come la malattia di Alzheimer sia una malattia “multi-fattoriale”, ovvero determinata da più concause e caratterizzata da molteplici alterazioni cerebrali, per cui è verosimilmente necessaria una terapia in grado di agire a più livelli. L'utilizzo delle cellule mesenchimali rappresenta una strategia “multi-target” innovativa in grado di esercitare un’azione neuro-rigenerativa e riparativa in molte malattie del sistema nervoso centrale.

«Per molto tempo si è pensato che le cellule mesenchimali agissero differenziandosi direttamente nell’organismo ospite»,spiega Claudia Balducci, ricercatrice presso il Laboratorio di Biologia delle malattie neurodegenerative del Dipartimento di Neuroscienze dell’Istituto Mario Negri, «mentre oggi la teoria più accreditata è che esse, una volta a contatto con un ambiente malato, agiscano rilasciando molecole bio-attive (chiamate secretoma) in grado di riparare le cellule o i tessuti danneggiati. E su questa ipotesi si è sviluppato il nostro lavoro di ricerca».

Lo studio che ha ricevuto il finanziamento dalla Paul G. Allen Family Foundation si propone di indagare direttamente, e per la prima volta in modelli animali della malattia di Alzheimer, l’efficacia terapeutica del secretoma derivato da cellule mesenchimali di midollo osseo di topo, nel ripristinare la funzionalità neuronale, nel ridurre l'accumulo di amiloide e le reazioni infiammatorie ad esso associate. C'è da sottolineare che l'utilizzo del secretoma elimina uno dei principali problemi associati alla terapia cellulare, ossia la possibilità di una crescita incontrollata delle cellule impiantate nell'organismo ospite con conseguenti rischi di provocare tumori.

La malattia di Alzheimer è la forma di demenza più diffusa legata all'invecchiamento; come è noto, è una malattia progressiva che nel mondo colpisce 40 milioni di persone e per cui ad oggi esistono cure solo sintomatiche che non sono in grado di arrestarne il decorso.


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