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«Giusto chiudere il Cocoricò»

Il presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, Giovanni Paolo Ramonda non ha dubbi commentando la decisione delle autorità nei confronti della discoteca romagnola dove è morto un giovane per droga: «La chiusura è un messaggio importante. Ma il problema va risolto con le norme. La politica decida se vuole stare dalla parte della vita o della morte»

di Lorenzo Maria Alvaro

Il 19 luglio un giovane ragazzo umbro era morto per una dose di ecstasy al Cocoricò di Riccione. Il questore Maurizio Improta, in base all'articolo 100 del Tulps ha deciso che la discoteca rimarrà chiusa per 4 mesi. Una decisione che ha acceso il dibattito. In tanti infatti hanno sottolineato come il locale non abbia responsabilità sull'accaduto. Il giovane infatti avrebbe recuperato e assunto la droga prima di recarsi a ballare. Di diverso avviso il presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, Giovanni Paolo Ramonda, che abbiamo intervistato.

Cosa pensa della chiusura del locale?
Sono d'accordo con la decisione del questore. È un segnale che serviva. Un monito forte per far capire che non si stratta di problemi secondari o inutili.

Ma che responsabilità può avere un gestore di un locale?
Le responsabilità sono molteplici. Tutti sappiamo cosa succede in questi locali. Per cui c'è una responsabilità dei ragazzi che decidono di divertirsi in questo modo, c'è una responsabilità dei genitori che glielo permettono, ma c'è anche una responsabilità di chi gestisce questi luoghi e non si sa bene fino a che punto controlla la situazione. Detto questo penso anche che il problema vada affrontato a monte

In che senso?
I nostri parlamentari devono dire chiaramente ai giovani che linea vogliono prendere. Se quella della legalizzazione o meno. Prima di decidere per altro sarebbe anche il caso di andare a vedere, nei Paesi dove c'è stata questa legalizzazione, cos'è successo. Si scoprirebbe che non è vero che è stata eleminata l'illegalità.

Perché ritiene che la scelta di legalizzare la cannabis sarebbe grave?
Una norma che giustifica l'uso di sostanze apre un consenso culturale. In queste settimane purtroppo stiamo vedendo come molti incidenti o reati sono fatti proprio sotto l'uso di sostanze stupefacenti. Per questo penso che i nostri politici debbano dire da che parte stanno.

Ma che nesso c'è secondo lei tra la cannabis, una droga leggera , ad esempio, l'Mdma, una droga pesante?
Non ci sono droghe leggere. È una questione di abusi. Una dipendenza porta con sé problemi che non sono determinati dal tipo di sostanza. Vale anche per Internet o per il gioco d'azzardo. L'uomo che ha ucciso la tabaccaia ad Asti era un giocatore compulsivo. Il punto che una sostanza, qualunque sia, che crea dipendenza, segna il superamento di un confine. Significa che il ragazzo apre alla possibilità di usare sostanze per divertirsi o svagarsi. Non è un caso che tutti i ragazzi che vengono nelle nostre comunità di recupero sono passati per la cannabis. Certo, non è detto che dalla cannabis si passi ad altro. Ma è certo che se si fa uso di droghe si è passati dalla cannabis.


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