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Il calciomercato dei 30mila disoccupati italiani

Tanti sono i calciatori senza contratto, in 63 si stanno allenando a Coverciano sperando in un ingaggio. Nell'attesa c'è chi ha fatto il panettiere, chi ha lavorato in un call center e chi sta cercando di prendere una laurea.

di Roberto Brambilla

Non si sa quanti siano in tutto. Perché semplicemente è difficile, o quasi, impossibile identificarli come tali. I “disoccupati” del calcio sono l'altra faccia del calciomercato. Delle offerte milionarie, dei contratti sontuosi e delle trattative infinite. Erano 30mila, secondo le stime elaborate nel 2014 dall'Associazione italiana calciatori e che si riferiscono al triennio 2010-2013, ma ora potrebbero essere di più. Da cosa siano generati gli “esuberi” del pallone lo spiega Nicola Bosio, uno dei coordinatori del raduno in corso dal 20 luglio e che ormai da 28 anni l'AIC organizza grazie all'accordo con la FIGC al Centro Tecnico Federale di Coverciano (FI) per allenare e far giocare i calciatori rimasti senza contratto. “Le ragioni – racconta Bosio – vanno cercate nella crisi economica , ma anche nelle regole: da quelle sulla limitazioni delle rose per Serie A, Serie B e Lega Pro a quelle sull'utilizzo degli Under 21 (8 su 24 in Lega Pro n.d.r)” fino alla riforma della terza serie con la nascita della categoria unica.

E infatti tra i 63, che per una quota di 300 euro alleneranno fino al 7 agosto con una ventina tra tecnici e preparatori e che contemporaneamente stanno frequentando il corso UEFA B (abilitante per le squadre giovanili e fino alla Serie D) c'è un catalogo completo di avventure e disavventure calcistiche. C'è chi come Alessandro Lucarelli e Daniele Galloppa (nella foto di apertura), fino a dodici mesi fa con il Parma lottava per l'Europa League. Poi i primi dubbi, l'”agonia” di una società e il fallimento. “Il pallone – spiega Galloppa – è lo specchio dell'Italia e la nostra storia è solo la punta dell'iceberg”. Per quasi un anno come i suoi compagni non ha ricevuto stipendi ma è andato in campo fino alla fine. E la delusione non è passata. “Sembra sputare nel piatto in cui ho mangiato per un decennio – prosegue – ma sono riusciti a farmi disinnamorare di questo sport”. Il suo futuro, a 30 anni, è comunque ancora il calcio, ma all'estero.

Di squadre che falliscono, Elia Legati, 29 anni, ex Primavera del Milan ne ha viste due. Di seguito. Prima il Padova in B e poi l'Unione Venezia, una delle otto squadre “cancellate” dai problemi economici dopo l'ultima stagione di Lega Pro. Dalla prima ci è uscito quasi subito anche grazie alla fiducia che avevano in lui l'allora neo-direttore sportivo dei lagunari Ivone De Franceschi e il tecnico Alessandro Dal Canto, dalla seconda sta aspettando ancora la fine del tunnel. “Sto tirando avanti senza stipendio da febbraio- spiega – e qualche offerta è arrivata. La devo valutare anche se non accetterò prima della fine del ritiro, perchè voglio prendere il patentino”. A Federico Masi, classe 1990, la sua squadra la Lupa Roma (ora Lupa Castelli Romani) non è fallita, ma ha deciso di non rinnovargli il contratto. Romano di Grottaferrata, a 18 anni e 2 mesi ha esordito in Champions League con la Fiorentina di Cesare Prandelli. Poi dieci anni da professionista, un libro all'attivo (un giallo intitolato “Masia” e uscito nel 2013) e due gravi infortuni nel 2007 e nel 2010. Una carriera con stipendi “normali” a cui si è accompagnata l'Università, facoltà di Giurisprudenza. “ Per fortuna– racconta Federico – non ho abbandonato e ora mi mancano due esami alla laurea triennale”. Grazie all'università ha partecipato e vinto l'oro alle Universiadi 2015, sapendo già di non essere stato riconfermato. “Spero di continuare – spiega – il mercato è fermo e le voci dell'ambiente sui miei infortuni del passato non mi aiutano nel trovare una squadra”. Intanto Federico sta pensando a un eventuale piano B. “Questa esperienza mi ha “scottato”– dice – e mi sono dato del tempo. Se ci sarà occasione continuerò senza però mai scendere a compromessi, altrimenti mi reinventerò”.

Chi invece si è già reinventato è Matteo Gritti, classe 1980, ruolo portiere. Ha giocato in Italia, in Svizzera e in Romania e nell'ultima stagione è stato al Villongo, squadra dell'Eccellenza Bergamasca. In mezzo, nel 2012 il coinvolgimento nello scandalo calcioscommesse. Una settimana in carcere e otto giorni di arresti domiciliari, nessuna condanna sportiva (per il processo penale c'e' stata una richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura di Cremona) e una vita da ricominciare fuori dal campo. Call center, panettiere in un supermercato e poi un curriculum mandato a un istituto professionale di Seriate per un posto da insegnante. “Sono laureato in economia e commercio – racconta – avevo cercato in banca, ma era l'epoca degli esuberi, così ho fatto domanda a scuola perchè mi è sempre piaciuto insegnare”. Nell'ultimo anno si è diviso tra il campo e l'aula, ora oltre che a cercare una squadra per continuare vorrebbe cominciare ad allenare. “Mi piacerebbe essere insegnante nei due sensi – aggiunge – anche per questo sono qui a frequentare il corso UEFA B”. Anche Silvano Cersosimo vorrebbe insegnare. Nato in Germania ma lucano d'origine, 38 anni, una carriera da centrocampista centrale tra Eccellenza (ultimo anno a Scalea), Serie D e due anni da professionista in C. Lui tecnicamente non ha mai preso uno stipendio (“solo rimborsi spese” precisa) e ora vicino agli -anta vuole andare avanti. “Ho ancora tanta voglia di giocare – spiega – ma il sogno sarebbe allenare”. Da pensare pero' c'e anche alla moglie e al primo figlio in arrivo. “Vorrei insegnare calcio, magari partendo dai ragazzi ma se non fosse possibile, dovrei reinventarmi, fare un altro mestiere, a 40 anni”.

Ragazzi come Silvano e Matteo, provenienti dalle serie minori, sono insieme a qualche giocatore di livello di Lega Pro, come Luigi Pezzella, terzino promosso in B con la Salernitana, l'”anima” dell'unico ritiro regionale che ha il patrocinio dell'Associazione italiana calciatori. Si svolge in Campania, la regione che secondo i dati della Figc nel 2013-2014 era la terza in Italia per numero di calciatori professionisti tesserati. Tre sedi tra la provincia di Napoli e Salerno (Qualiano, Capodimonte e Baronissi) e quasi 200 giocatori sul campo, come racconta il coordinatore Antonio Trovato, referente regionale del sindacato calciatori. “Qui grazie al grande aiuto dei vertici nazionali dell'AIC – racconta Trovato che in passato ha frequentato il ritiro ma da calciatore – diamo la possibilità a ragazzi che vengono per lo più dalla Lega Pro e dalla D di allenarsi e di giocare amichevoli contro squadre di livello. Per “fare la gamba” ma anche per farsi vedere”. Una “vetrina” totalmente autofinanziata ( “l'iscrizione costa circa 30 euro e con quei soldi paghiamo strutture e tecnici” spiega Trovato) e che ha una valenza ancora più importante in una situazione difficile come quella campana. “In un certo senso – argomenta il coordinatore – il nostro è un progetto sociale. Molti di questi ragazzi, fuori dal calcio, non hanno sbocchi e rischiano di andare fuori dal giro, magari con famiglie a carico”. La quasi totalità di chi si allena in estate tra Coverciano e la Campania trova contratto per la stagione seguente. Anche se le schiere di chi è stato espulso dal mondo del pallone è destinato a crescere. Soprattutto perchè in alcune categorie il calciatore rimane, insieme ai dipendenti del club, l'anello debole di una catena che sempre più spesso di rompe.


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