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Rapinatore e ludopatico? Non è detto che ti condannino

La Cassazione ha deciso: sarà rivista la condanna di un uomo affetto da ludopatia certificata dalla Asl, che ha commesso una rapina per andare a giocare. Potrebbe essere stato talmente determinato dalla malattia da incorrere nel vizio di mente

di Gabriella Meroni

Si è macchiato di un reato pesante, rapina aggravata, ma visto che è "malato di gioco" la condanna è da rivedere. Ha così sentenziato la Corte di Cassazione sez. II Penale, nella sentenza n. 45156/2015 (in allegato) che ha affrontato il caso di un uomo malato di Parkinson e diventato ludopatico in seguito alle terapie farmacologiche assunte, come attestato da una relazione della Asl. E proprio per procurarsi il denaro necessario a giocare, non aveva trovato di meglio che compiere una rapina ai danni di un farmacista.
Pur riconoscendo la malattia, la Corte d'Appello aveva respinto la richiesta di applicazione degli artt. 88 e 89 c.p., che definiscono il vizio totale e parziale di mente, ritenendo che i farmaci non potevano influire sulla determinazione di compiere una rapina, decisione che l'uomo aveva evidentemente preso in piena coscienza e programmando l'azione, visto che era uscito di casa armato di coltello.
Di diverso parere invece la Cassazione, che ha osservato come il vizio totale e parziale di mente si riscontra quando l'imputato si trova, per infermità, in uno stato di mente tale da escludere o scemare grandemente la capacita di intendere o di volere. Quindi, se la malattia incide su uno dei suddetti aspetti, può riconoscersi il vizio totale o parziale di mente. Spetta dunque al giudice del rinvio, sempre secondo la Cassazione, stabilire se la conclamata patologia da gioco di azzardo dell'imputato fosse di natura tale da poter rientrare o meno nel concetto di infermità; in caso di risposta affermativa, la condanna è da rivalutare. Un precedente che farà scuola.


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