Cooperazione & Relazioni internazionali

L’ ospite d’onore di Obama è un rifugiato siriano

Tra gli ospiti d’onore invitati in occasione dell’ultimo discorso sullo Stato dell’Unione, di Obama, trasmesso in diretta in prima serata, per tracciare un bilancio sulla situazione del Paese, anche un rifugiato siriano, per testimoniare l’importanza di continuare ad accogliere

di Ottavia Spaggiari

E’ stato l’ultimo discorso sullo Stato dell’Unione, quello rilasciato da Obama martedì sera e trasmesso in diretta nazionale, per fare il punto sulla situazione, politica, economica e sociale del Paese. E se il Presidente degli Stati Uniti, arrivato al suo ultimo anno di governo, ha annunciato la ripresa economica, definendo il Paese, “la più potente nazione al mondo”, non ha però esitato a riconoscere le criticità del Paese e il fatto che molti americani si sentano ancora spaventati ed esclusi da un sistema economico e politico che sembra non tenere conto dei loro interessi, lanciando una frecciata implicita al candidato repubblicano, Donald Trump che proprio su quelle paure sta costruendo la propria campagna, arrivando persino a proporre, come parte di un piano anti-immigrazione, il divieto di ingresso nel Paese ai musulmani. “Mentre la rabbia aumenta, potrà accadere di sentire delle voci che ci spingono a rinchiuderci in noi stessi, dando origine a delle vere e proprie tribù, facendo un capro espiatorio delle persone che non sono come noi, che non pregano come noi, che non votano come noi e che non condividono il nostro background.” Ha dichiarato Obama, invitando i cittadini a non cedere alla paura e stigmatizzare le persone di fede musulmana. “Risponderemo ai cambiamenti del nostro tempo con la paura, chiudendoci noi stessi come nazione e mettendoci l’uno contro l’altro? Oppure affronteremo il futuro con fiducia in noi stessi, in quello in cui crediamo e in tutte le cose formidabili che possiamo fare insieme?”

A sottolineare le parole di Obama, la presenza tra gli ospiti d’onore invitati dalla Casa Bianca ad assistere il discorso dal vivo, accanto alla first lady Michelle Obama, Refaai Hamo, un rifugiato, fuggito dalla guerra in Siria insieme a quattro figli. La storia di Hamo, uno scienziato a cui, dopo aver perso la moglie e la figlia in un bombardamento in Siria, era stato diagnosticato un tumore allo stomaco, era stata raccontata dalla pagina Facebook di Humans of New York e gli utenti avevano contribuito a raccogliere oltre 450 mila dollari per sostenere la famiglia e le spese mediche dello scienziato che è stato finalmente operato e le cui condizioni sembrano in netto miglioramento. Durante il discorso, Obama, ha inoltre accennato in modo veloce e quasi ironico, alla dichiarazione del senatore texano repubblicano e candidato alle primarie, Ted Cruz, che aveva criticato la politica estera di Obama, affermando la necessità di “bombardare a tappeto lo stato islamico”. “Il mondo ci guarda come esempio per risolvere i problemi più pressanti e le nostra risposte devono andare oltre i discorsi da duri e la proposta di bombardare civili innocenti.”

E Hamo non è stato l’unico migrante a presenziare al discorso. Insieme a lui, a rappresentare l’America più conservatrice, anche Oscar Vazquez, ex-immigrato clandestino, arrivato da bambino negli Stati Uniti, insieme alla famiglia, che, dopo aver ottenuto la laurea in ingegneria, era tornato in Messico, per avviare la domanda di permesso di soggiorno e poter così rientrare nel Paese legalmente. Vazquez ha poi ottenuto la cittadinanza americana dopo essersi arruolato nell’esercito ed aver trascorso un periodo in Afghanistan. Tra gli altri ospiti, anche Sue Ellen Allen, una ex-carcerata che ha fondato un’organizzazione per il sostegno delle donne in carcere e Satya Nadella, CEO della Microsoft, nato in India e trasferitosi negli Stati Uniti, un invito che suona come un riconoscimento all’azienda che ha promesso di alzare gli stipendi dei dipendenti e di stanziare finanziamenti all’istruzione per svariati milioni di dollari.

E, per rappresentare le politiche dell’amministrazione Obama, anche Jim Obergefell, agente immobiliare di Cincinnati e attivista, che ha portato avanti la battaglia per il riconoscimento dei matrimoni tra le persone dello stesso sesso, anche a lui si deve la sentenza sulla “marriage equality”, arrivata dalla Corte Suprema lo scorso giugno.

Secondo la Casa Bianca, gli ospiti rappresentano l’identità del Paese: “inclusiva, compassionevole, innovativa e coraggiosa”. Una sedia, accanto alla first lady, è invece rimasta vuota, per simboleggiare le vittime da arma da fuoco.

Photo by Evan Vucci – Pool/Getty Images


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