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Cooperazione & Relazioni internazionali

Lo Porto, un anno dopo un premio per ricordarlo

«Ricordare Giovanni significa richiamare l’attenzione sull’uso dei droni. Le vittime che provocano non sono robot ma persone in carne ed ossa» spiega Margherita Romanelli, policy advisor di GVC che insieme alla Metropolitan University di Londra hanno istituito il Lo Porto Special Prize

di Redazione

Ad un anno dalla morte del cooperante italiano Giovanni Lo Porto, GVC lo ricorda istituendo il Premio Speciale al Terra di Tutti Film Festival a lui dedicato insieme alla Metropolitan University di Londra. Il prossimo 2 febbraio l’università inglese celebrerà la vita e la persona di Giovanni con una giornata a lui dedicata.

Il 15 gennaio 2015, un drone dell’offensiva statunitense, alla ricerca di terroristi di Al Qaida in Pakistan, attaccò il rifugio dove Giovanni Lo Porto, cooperante italiano, era tenuto in ostaggio da oltre tre anni, provocando la sua morte e quella di un altro civile statunitense, anche lui rapito.

L’annuncio pubblico venne dato dal presidente USA Obama solo molto tempo dopo, il 23 aprile, provocando reazioni e polemiche fra l’opinione pubblica italiana ed internazionale, ma soprattutto molto dolore fra familiari e amici di Giovanni. Alla perdita del loro caro, infatti, si aggiungeva la beffa crudele dell’informazione fornita dopo tre mesi, per mano di chi poteva e doveva liberarlo. E di essere annunciata come una specie di “danno collaterale” di quella guerra “chirurgica”, portata avanti dai droni capaci di “selezionare” con precisione i propri obiettivi umani.

«Ma la realtà è ben diversa», spiega Margherita Romanelli, policy advisor di GVC e amica di Lo Porto, che aveva lavorato ad Haiti per l’ong bolognese. «Ormai sembra essere passato il concetto che la guerra fatta con i droni non sia proprio una guerra, ma un’offensiva asettica, quasi da videogame. Non è così. Le vittime sono reali, e sono molte».

Stando infatti ai dati forniti dall’organizzazione inglese Reprieve, dall’inizio di questo programma della CIA i morti civili sono più di 4.000. Un po’ troppi. «La guerra, anche se fatta da robot, colpisce persone, civili, fatte di sangue e carne. Non dobbiamo dimenticarlo specialmente ora perché l’Italia ha da qualche giorno ottenuto il permesso dagli Stati Uniti di armare due dei droni impegnati in Iraq e nel mediterraneo per controllare gli sbarchi di migranti e rifugiati. Armare i due droni costa 130 milioni di dollari. Quante persone potrebbero essere aiutate con questi soldi con azioni per promuovere una maggiore equità tra i popoli, favorire i processi di pace, e creare condizioni in cui le persone non siano costrette a scappare affrontando barconi e l’agonia di un viaggio dell’ultima speranza verso l’Europa? E invece si privilegiano strumenti di guerra», continua Romanelli. «Giovanni lavorava contro le guerre e combatteva per un mondo migliore, e ci sembra giusto per la sua memoria richiamare l’attenzione su questa metodologia offensiva, di cui si sa forse troppo poco e quel poco non riceve la giusta attenzione».

Inoltre, il prossimo 2 febbraio, anche la London Metropolitan University e il prof. Mike Newman ricorderanno Giovanni Lo Porto, ex studente, con un incontro commemorativo presso la sede di Londra che celebrerà la sua vita e il suo lavoro, alla presenza di amici e colleghi che arriveranno anche dall’Italia. Verrà inaugurata una targa di commemorazione e resa pubblica la raccolta fondi per un premio a suo nome, Premio Giovanni Lo Porto, istituito dal Terra di Tutti Film Festival a ottobre 2015. La raccolta fondi, promossa da GVC e London Metropolitan University, è volta a finanziare anche nei prossimi anni il premio Lo Porto per video che promuovono i valori di solidarietà e rispetto per i diritti umani, la pace e la libertà, attraverso il racconto di uomini e donne che combattono contro la violenza e l’oppressione. Proprio come Giovanni.


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