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I diritti dei celiaci? Cambiano di regione in regione

J'accuse del presidente dell'Associazione Italiana Celiachia: «la disomogeneità di trattamento riguarda più di un aspetto: la possibilità o meno di utilizzare i buoni per acquistare gli alimenti senza glutine nella sola farmacia, la “frazionabilità” dei buoni e i tetti di spesa»

di Marina Moioli

Sono circa 170mila oggi in Italia le persone che soffrono di celiachia, ma oltre 400mila persone sono ancora in attesa di una diagnosi. A complicare la vita dei malati c’è anche il problema del trattamento disomogeneo nelle varie regioni italiane. Ne parliamo con Giuseppe Di Fabio, presidente di Associaizone italiana celiachia.

Nel nostro Paese i pazienti con diagnosi di celiachia hanno diritto all’erogazione gratuita degli alimenti per poter avere uguale accesso alla dieta senza glutine, l’unica terapia oggi nota per questa patologia. Si tratta di un diritto garantito allo stesso modo in tutta Italia?
Con il Decreto Veronesi del 2001, sono stati introdotti i buoni mensili per acquistare prodotti senza glutine fino a un tetto massimo di spesa che oggi ammonta a 99 euro per le donne e 140 euro per gli uomini. Il trattamento varia però da regione a regione e le condizioni dei pazienti e la qualità della loro vita molto dipendono da dove risiedono. La disomogeneità di trattamento riguarda più di un aspetto: intanto, la possibilità o meno di utilizzare i buoni per acquistare gli alimenti senza glutine nella sola farmacia, oppure anche al supermercato o in negozi specializzati; ma anche la “frazionabilità” dei buoni, che consente, in alcune regioni, di ritirare i prodotti in più punti vendita, mentre in altre il buono è uno solo e deve essere speso in un unico punto vendita. Anche i tetti di spesa non sono identici da regione a regione, nonostante la leg- ge nazionale nel 2001 abbia fissato cifre differenziate per età e sesso e non per regione di residenza. Senza dimenticare la circolarità, la possibilità di spendere il buono in una Asl diversa da quella di residenza: in alcune regioni italiane, come la Liguria e il Molise, non è possibile cambiare Asl di riferimento neppure all’interno della stessa regione.

Esiste anche l’opportunità di fare ricorso a una soluzione “digitale”?
La trasformazione dei buoni da cartacei a digitali è oggi una realtà soltanto in Lombardia e Umbria, ma ci sono altre regioni che si stanno progressivamente adeguando. Il buono mensile può diventare a tutti gli effetti digitale ad esempio attraverso l’accreditamento sulla tessera sanitaria dell’importo mensile. Un cambiamento che porterebbe non solo a una riduzione dei costi diretti (pensiamo alla carta su cui si stampano i buoni, la loro spedizione, il personale destinato alla loro produzione e distribuzione), ma anche e soprattutto all’indiretto risparmio dovuto alla rendicontazione, che di- venterebbe trasparente e automatica. Si renderebbe impossibile qualsiasi abuso della spesa, sarebbe garantito l’accesso libero ai diversi canali distributivi, tenuto conto che dove è più presente la Grande Distribuzione Organizzata si sono registrate le più significative riduzioni dei prezzi, fino a meno 26%.

Come garantire, anche in futuro, eguale assistenza a tutti i diagnosticati?
L’erogazione gratuita è una forma di as- sistenza che garantisce l’accesso a una terapia ancora troppo costosa: i tetti di spesa come li conosciamo non sono mai aumentati dal 2001 a oggi mentre i prezzi dei prodotti senza glutine sono in crescita nonostante la recente presenza sul mercato di marchi nuovi, che ci lasciano intravedere la possibilità di avere prezzi più bassi in futuro. Attualmente l’erogazione è quindi ancora necessaria ma è evidente che debba essere anche sostenibile e per tutti, celiaci di oggi e di domani, senza ridurre il diritto alla salute. A questo proposito riteniamo fondamen- tale la riduzione dei costi della terapia attraverso l’impegno nell’abbassamento dei prezzi e lo sviluppo di diversi canali distributivi.


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