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Biondillo: «La giustificazione di quel padre? Ridicola se non fosse drammatica»

«Quel padre, che non fa fare i compiti al figlio per insegnargli a vivere, è la dimostrazione che il patto generazionale, il patto tra genitori e insegnanti è saltato e questo è un male». È l’amara considerazione dello scrittore Ganni Biondillo. L’intervista

di Lorenzo Maria Alvaro

Marino Peiretti, un uomo di Varese che è padre di un ragazzino che ha cominciato in questi giorni la terza media, ha pubblicato su Facebook una lettera indirizzata alle insegnanti, in cui spiega che ha scelto di non far svolgere al figlio i compiti assegnati per le vacanze

Ne abbiamo parlato con Gianni Biondillo, scrittore e padre di due figlie.


Ha letto la lettera di quel papà di Varese?
No, non l’avevo letto. L’ho fatto ora perchè mi hai invitato a farlo.

Che ne pensa?
Mi viene da ridere. Anzi no. Farebbe ridere se non fosse drammatica. Io ho due figlie. L’idea che io possa insegnare loro a vivere solo tre mesi l’anno la trovo incredibile. Durante l’anno scolastico smetto di essere padre? Mi sembra autogiustificatorio. Uno non può pensare di essere padre a intermittenza.

Quel padre probabilmente si riferiva alla vita al di fuori dell’ambito scolastico…

Le nozioni poi non fanno parte della vita? Saper fare le operazioni o sapere la grammatica non fa parte della vita? Finiamola con questa storia dei pupetti geniali che devono poter esprimere la propria vena artistica.

Detto da uno scrittore come lei è sorprendente…
No, affatto. Possono farlo solo a patto che abbiano delle nozioni. Ordine e disciplina sono fondamentali. La libertà non è mancanza di regole. Le capacità e l’estro vanno educate. Altrimenti si perdono. Non esiste arte se non esiste regola, magari anche da infrangere. Questo perché non c’è arte senza cultura. E la cultura è nozioni e regole. E poi c’è un altro grande problema…

Quale?
La rottura del patto generazionale che è aberrante. Una volta, quando ero ragazzino c’era un patto tra docente e genitori. Oggi è saltato. Un genitore che giustifica il figlio che non fa i compiti fa un gesto demenziale. Perché disarticola il meccanismo educativo. Il patto era educare i giovani insieme. Non può diventare una battaglia degli uni contro gli altri.

Ma spesso è giusto mettere in discussione la scuola e gli insegnanti, o no?
Si può discutere che la scuola vada rivista, migliorata e ristrutturata. Ma ormai assistiamo a genitori che si scagliano contro la scuola su argomenti che in realtà afferiscono al ruolo dei genitori. Una volta, alle elementari, ricordo di qualcuno che si inalberò con l’educatrice perché non aveva insegnato alla sua bambina a fare il segno di croce. C’è quindi da una parte questo totale demandare alla scuola l’educazione del giovane, i famosi 9 mesi si scuola, salvo poi riscoprirsi gentiori quando conviene, ad esempio nei 3 mesi estivi. La scuola che ho fatto io non era così.

Nel senso che il patto generazionale reggeva?
Se io venivo sgridato a scuola, automaticamente venivo sgridato anche a casa da mia mamma. Oggi c’è invece questa alleanza con il figlio contro gli insegnanti. Non c’è più un’idea di collaborazione nella formazione delle nuove generazioni. E questo forse è colpa anche della stessa scuola.

In che senso?
Si è perso il rispetto del ruolo. Hai presente quando Sciascia diceva di togliersi il capello quando, per strada, gli capitava di incontrare i mastri elementari. Questo perché sapeva che avevano l’enorme responsabilità di tenere nelle proprie mani le sorti delle giovani menti del Paese. Oggi basti pensare a come vengono pagati i maestri elementari. Io invertirei i loro stipendi con quelli dei docenti universitari. Sarebbe un primo passo per tornare ad affermare che sono molto più importanti nell’educazione.


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