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Elezioni USA: le 5 cose da sapere

Dagli orari esatti dello spoglio, al ruolo chiave delle minoranze e dell’elettorato femminile, fino allo stato decisivo per capire chi sarà a vincere le elezioni, ecco 5 cose da tenere d’occhio nella maratona elettorale

di Ottavia Spaggiari

Quando inizieremo ad avere i primi risultati definitivi? E quale sarà il ruolo dell’elettorato femminile e delle minoranze? Abbiamo raccolto in 5 punti le informazioni chiave da sapere per prepararci alla maratona elettorale che coronerà la campagna presidenziale più discussa di sempre.

1. La tabella di marcia

Inizieranno per primi a chiudere le urne Indiana e Kentucky alle 18.00, ora locale (la nostra mezzanotte), ma entro le 20.00 (le nostre 2 di notte), avranno votato abbastanza stati per arrivare a determinare almeno la metà dei 538 grandi elettori, 106 dei quali saranno eletti negli stati in bilico, ovvero quelli in cui non vi è una chiara affiliazione a nessuno dei due partiti. La metà dei 106 grandi elettori saranno eletti negli stati in cui le urne chiuderanno entro le 19.30 ora della costa est, quindi le nostre 1.30 di notte, mentre circa il 90% dei 106 voti ai grandi elettori verranno assegnati nelle zone in cui si finisce di votare alle 21.00, le nostre 3.00 di notte, ciò significa che per quell’ora si potrebbe avere un quadro abbastanza chiaro della situazione. Secondo i calcoli del New York Times, se sarà Hillary Clinton a vincere, si potrebbe capire già intorno alle nostre 3.00 di notte, se riuscirà effettivamente ad avere la meglio in tutti gli stati in cui ci si aspetta che vincerà e tutti i 6 stati in bilico che finiscono di votare entro quell’ora: Arizona, Florida, Georgia, New Hampshire, North Carolina and Ohio. Per sapere se invece sarà Trump a vincere, bisognerà aspettare le 22.00 (ora della costa est), le nostre 4.00 del mattino, sarà allora che si riuscirà a capire se sarà riuscito a portarsi a casa i nove stati in bilico, ammesso che riesca anche a vincere in Alaska, che chiuderà i seggi alle nostre 7.00 del mattino.

2. Virginia

Secondo la BBC, sarà la Virginia il più importante degli “swing states”, gli stati in bilico. I democratici hanno vinto nelle ultime due tornate elettorali, ma nel 2012 il margine non arrivava nemmeno al 5%. I sondaggi hanno dato un vantaggio in questo stato alla Clinton, ma lo scarto si sarebbe assottigliato nelle ultime settimane. A dimostrazione del fatto che la Virginia sarebbe una chiave di volta per le elezioni, il comizio di Trump di domenica scorsa e i due interventi di Tim Kaine, canditato a vice di Hillary Clinton, nella giornata di lunedì. Le urne qui chiuderanno all’1.00 di notte (ora italiana), se si assistesse ad una vittoria di Trump in questo stato, allora le cose, per Hillary potrebbero mettersi male…

3. Donne

Secondo il Centro per le donne e la politica, della Rutgers University, dagli anni ottanta a oggi, negli Stati Uniti, le donne hanno un tasso di partecipazione più alto degli uomini alle urne. Nelle ultime elezioni la differenza si è aggirata intorno al 4%, secondo il Washington Post, ciò significa uno scarto di 9,8 milioni di voti in più da parte dell’elettorato femminile. Un segnale che potrebbe essere positivo per Hillary Clinton, considerando che le donne, più degli uomini, tendono a sostenere il partito democratico. Secondo l’American National Elections Studies, negli anni ’60, l’elettorato maschile si è spostato verso un’area più conservatrice, mentre quello femminile pro partito democratico ha mantenuto le proprie posizioni, nel 2012 a dichiararsi sostenitrici del partito erano il 49% delle donne, contro il 44% degli uomini. Nelle primarie Clinton ha poi registrato un sostegno significativo da parte dell’elettorato femminile, ottenendo buoni risultati anche tra le donne afroamericane, basti pensare che lo scarto maggiore tra sostenitori uomini e donne, è stato soprattutto negli stati del sud: 28 punti di differenza in Mississippi, 24 punti in Georgia, 22 punti in Sud Carolina e 20 punti in Alabama. In Mississippi, le donne afroamericane a votare alle primarie hanno rappresentato il 47% dell’elettorato e il 90% di queste ha votato Clinton. I commenti sessisti e le accuse di molestie sicuramente non hanno aiutato Trump a conquistare l’elettorato femminile, i sondaggi danno Clinton in netto vantaggio tra le elettrici donne, ma per capire se il fattore D sarà decisivo per le elezioni, dovremo aspettare la mattina del 9 novembre.

4. Minoranze

Gli elettori negli Stati Uniti sono 10.7 milioni in più rispetto al 2012, più dei 2/3 appartiene alle minoranze etniche e raziali. 7.5 milioni di nuovi elettori sono ispanici, afroamericani, asiatici o appartengono ad altre minoranze, mentre gli elettori caucasici hanno registrato un aumento di appena 3,2 milioni di nuove leve, a causa dell’invecchiamento della popolazione. I “caucasici” rappresentano il 69% degli americani aventi diritto di voto, ma anche il 76% degli aventi diritto di voto che sono morti tra il 2012 e il 2016. Nell’affluenza dei voti anticipati, sarebbero aumentati i latinos rispetto a 2008 e 2012 ma diminuiti gli afroamericani in alcuni stati, tra cui il Nord Carolina, e leggermente cresciuti in Arizona, Florida e Texas. Una partecipazione, quella degli afroamericani al voto anticipato, su cui Clinton contava e che è risultata inferiore alle aspettative, ma che secondo il Los Angeles Times , non dovrebbe preoccupare i democratici, perché: “in stati chiave come la Carolina del Nord, il Nevada e la Florida, le donne e le minoranze hanno sostenuto gli sforzi del partito democratico per fermare Trump.”

5. Il Senato

Importante tanto quanto la carica presidenziale, sarà capire chi avrà il controllo del Senato, oggi a maggioranza repubblicana. Se a vincere sarà Hillary Clinton, avrà bisogno di una maggioranza democratica che l’aiuti a sostenere la nomina del giudice della corte suprema (per cui oggi rimane un seggio vacante), e ad avere pieno sostegno per portare avanti la propria linea di governo. Quest’anno sono 34 i seggi al senato da eleggere, 24 dei quali ad oggi sono occupati da senatori repubblicani. Per confermare il controllo del senato i repubblicani dovranno ottenere 21 seggi, mentre per ribaltare la situazione e vincere i democratici avranno bisogno di 15 senatori.

Foto: Drew Angerer/Getty Images


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