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Media, Arte, Cultura

L’emoticon con il velo

La storia delle faccine – le celebri emoticon - con cui ormai ciascuno di noi comunica emozioni, stati d’animo e concetti semplici in chat. Inventate dal giapponese Shigetaka Kurita nel '99 per i cercapersone, portati alla ribalta da Apple oggi, grazie alla giovane saudita Rayuf Alhumedi, sono diventati la nuova frontiera dell’integrazione. La rubrica “Invertising” sull'innovazione pubblicata sull'ultimo numero di Vita

di Paolo Iabichino

Era il 1999 e un informatico giapponese, Shigetaka Kurita, ideò una compagine di pittogrammi in bianco e nero su una griglia di 12×12 pixel per i cercapersone della compagnia telefonica Ntt DoCoMo: «sviluppammo le emoji per reagire al numero ridotto di caratteri che si potevano inviare attraverso i cellulari, per facilitare la comunicazione dei sentimenti dei mittenti, rendendola più diretta».

Dodici anni dopo la Apple integrò la prima serie di emoji all’interno del sistema operativo dell’iPhone, dando inizio così a una vera e propria mania collettiva, una sorta di esperanto universale che attraverso “le faccine” comunicava a tutte le latitudini una moltitudine di lemmi, situazioni, stati d’animo che attraverso la forza rappresentativa di queste piccole illustrazioni digitali riusciva a figurare e a sintetizzare comunicazioni altrimenti più complesse. Per questo motivo le emoji sono entrate a pieno titolo nell’Oxford English Dictionary e più recentemente sono entrate addirittura a far parte della collezione permanente del MoMa di New York.

Ma si deve a una giovane studentessa saudita residente in Germania la più interessante riflessione sul valore universale di questa iconografia digitale. Rayuf Alhumedi, questo il nome della ragazza, ha lanciato una campagna per inserire anche una faccina musulmana tra quelle disponibili sulle nostre tastiere. Non stiamo parlando delle diverse scale cromatiche con cui recentemente le principali piattaforme di messaggistica hanno pensato di considerare le diverse etnie; l’emoji reclamata dalla studentessa infatti vorrebbe introdurre una faccina femminile con tanto di hijab.

Dopo aver notato l’assenza di immagini che la rappresentano durante una chat con gli amici, Rayuf ha pensato bene di farsi promotrice di questa iniziativa, arrivando a proporre l’emoticon con il velo direttamente a Unicode, il consorzio internazionale che valuta e introduce nuovi simboli nella comunicazione telematica.

Così, mentre altrove si discute se sia giusto o meno accogliere il velo nelle scuole, sulle spiagge o dentro i supermercati, i più giovani usano la tecnologia per abbattere gli ultimi muri d’intolleranza, usando i simboli per fare in modo che l’accoglienza diventi davvero la forma più potente di comunicazione e intelligenza collettiva.


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