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Incostituzionali le limitazioni agli stranieri per accedere al bonus bebè

La Corte Costituzionale ha comunicato che l’esclusione degli stranieri, privi del permesso di lungo periodo, dal bonus bebè e dalla indennità di maternità di base, è in contrasto con la Costituzione. Tutti coloro che hanno un permesso di almeno 6 mesi che consente di lavorare possono accedere alle misure

di Redazione

La Corte costituzionale, riunita in camera di consiglio l’11 gennaio 2022, ha esaminato le questioni sollevate dalla Corte di cassazione sulla disciplina del cosiddetto bonus bebè (articolo 1, comma 125, della legge n. 190/2014 e successive proroghe) e dell’assegno di maternità (articolo 74 del dlgs n. 151/2001), ritenuta lesiva del principio di eguaglianza e della tutela della maternità perché subordina la concessione dei due assegni agli stranieri extracomunitari alla condizione che siano titolari del permesso per soggiornanti Ue di lungo periodo.

ASGI, Patronato INAS CISL Lombardia e Anolf Cisl Milano che hanno sostenuto i migranti partendo dalla prima presentazione delle domande, esprimono piena soddisfazione per questo risultato che riafferma non solo il principio di uguaglianza tra italiani e stranieri ma prima ancora il diritto di ciascun bambino che nasca in una famiglia bisognosa di ottenere un aiuto pubblico senza distinzioni a seconda delle condizione giuridica dei genitori.

La vicenda nasce, per quanto riguarda il bonus bebè, nel 2015 (e prima ancora per quanto riguarda l'indennità di maternità) quando il Parlamento ha introdotto una misura di sostegno economico delle famiglie (80 o 160 euro a mese, a seconda del reddito) escludendo però tutti gli stranieri privi del permesso di soggiorno di lungo periodo, cioè circa il 45% degli stranieri residenti in Italia.

Nel frattempo, l’Unione europea aveva varato una direttiva in base alla quale tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti con un permesso che consente di lavorare hanno diritto alla parità di trattamento con i cittadini nelle prestazioni familiari. La Corte Costituzionale ha dapprima interpellato la Corte di Giustizia Europea che, con sentenza del 2.9.2021, aveva già dichiarato il contrasto dell’esclusione prevista dalle norme italiane con la direttiva 2011/98 e con la Carta dei diritti fondamentali UE.

Ora la Corte Costituzionale – rigettando le tesi del Governo italiano che si opponeva alla estensione della prestazione invocando l’autonomia dello Stato italiano rispetto all’Unione Europea – ha definitivamente cancellato dal nostro ordinamento la discriminazione di una parte cosi irrilevante di stranieri, consentendo a tutti coloro che hanno un permesso di almeno 6 mesi che consente di lavorare di accedere alla prestazione.


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