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Cooperazione & Relazioni internazionali

Bukavu: le donne contro stupri e violenze

di Giulio Albanese

Una imponente manifestazione si è svolta ieri nella città congolese di Bukavu, capoluogo del Kivu meridionale, nel settore Orientale dell’ex Zaire. Il corteo ha chiuso una settimana di convegni e dibattiti organizzata dal movimento internazionale denominato “Marcia mondiale delle donne” su pace, rispetto della vita, smilitarizzazione, lavoro e  autonomia economica delle donne. Tra le circa 1700 delegate, almeno 200 provenivano da altri  43 Paesi e in testa al corteo c’era Olive Lembe Kabila, moglie dell’attuale presidente congolese Joseph Kabila. Striscioni e cartelli sono stati innalzati nelle vie della città con scritte come: “No allo stupro come arma di guerra”,  “No al terrorismo sessuale”, “Il riscatto passa attraverso il rispetto delle donne”.   Da rilevare, in particolare,  la presenza di centinaia di ragazze e madri di famiglia arrivate dalle zone rurali ancora in preda a formazioni armate che seminano morte e distruzione. Sta di fatto che le forze governative congolesi non riescono ancora a prendere il totale controllo del territorio, lasciando la popolazione civile esposta ai peggiori soprusi e violenze. Una cosa è certa: in Africa il futuro è nelle mani delle donne. Come rilevava il sociologo francese Emmanuel Todd in L’enfance du monde (1984), in quasi tutte le società africane esiste una forte componente matrilineare, che può essere temporaneamente repressa sotto l’influenza dell’Islam o di altre ideologie, ma che poi finisce sempre per riaffiorare. Ed è proprio lei, la donna africana –  secondo Jacques Giri, africanista di fama internazionale – prima degli uomini, prima della scuola, prima della radio, del cinema o della televisione, che formerà l’Africa di domani. Allora, anche se è inevitabile che l’Africa continui a sperimentare, chissà per quanto, le difficoltà determinate dalla povertà e più in generale dalla globalizzazione, l’avvenire del continente è aperto alla speranza. Lo ha cantato a squarciagola nei suoi trent’anni d’esilio Miriam Makeba, testimone della sete di libertà del popolo nero sudafricano, scomparsa circa due anni fa a Castel Volturno. D’altronde, come recita un proverbio che sentii per la prima volta in Uganda da una professoressa dell’Università di Makerere: “in Africa se educhi un bimbo educhi un uomo, se educhi una bimba educhi una nazione”.


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