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Circoli Vita come piattaforme

di Flaviano Zandonai

La proposta di Riccardo Bonacina di costituire Circoli di Vita sui territori per ricompattare su nuove basi quel che resta dei produttori di socialità in questo Paese merita di essere approfondita. L’editoriale del mensile in edicola spiega bene le ragioni della proposta: la spending review rappresenta l’ultima tappa di un progressivo deteriorarsi non solo dei rapporti tra governo e Forum del Terzo Settore, ma più in generale della legittimazione dello stesso terzo settore a essere riconosciuto come parte costitutiva e rilevante del corpo sociale. E non solo da parte della politica – rispetto alla quale il fatto di non essere riconosciuto potrebbe addirittura rappresentare un titolo di merito – ma anche da parte dell’economia di mercato. Al netto di tutte le lodevoli eccezioni, per la maggior parte del mondo economico le organizzazioni sociali sono in coda ai processi produttivi; un’epigono col quale relazionarsi secondo logiche principalmente filantropiche. Oppure per la parte di economia di mercato già orientata in senso sociale (oltre le colonne d’ercole della Csr), il terzo settore inizia a diventare un concorrente più che un partner per la produzione di “valore condiviso”. Dunque le ragioni per fermare il declino anche su questo fronte ci sono tutte. Ma da dove cominciare? Credo che questi circoli dovrebbero essere costiutuiti come piattaforme di progettualità. Non per cavalcare termini alla moda tra startup e digitale. E neanche per arruffianarsi qualche ministro sensibile a questo tipo di strumentazione (visti i risultati poi). L’esigenza immediata è di far convergere in spazi virtuali le competenze di queste organizzazioni che negli ultimi anni hanno fatto davvero fatica a condividere risorse per progettualità “di sistema”, spendibili a livello nazionale. Mancano, o sono poco strutturate, banche dati che oltre agli indirizzari mettano insieme progetti che ormai hanno abbondantemente superato il periodo di sperimentazione. E inoltre va rimesso a fuoco il rapporto con la cittadinanza in senso ampio. Un richiamo, quello alla comunità e alla pubblica opionione, che forse forse è risuonato un pò a vuoto negli ultimi tempi. Sta a vedere che a partire dalla ricombinazione e diffusione di prassi che si misurano in vista di obiettivi di autentico “interesse generale” emergerà un nuovo orizzonte di senso, all’interno del quale collocare vecchi e nuovi produttori di socialità. Ci sono anche pratiche a cui guardare: il progetto di protezione civica di Riccardo Luna, oppure l’offerta di servizi on line di Cooperatives UK a favore delle charities inglesi.


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