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Auguro un Natale Buono

di Franco Bomprezzi

Si dice sempre Buon Natale, e felice Anno Nuovo. Non si capisce perché non possa essere felice anche il Natale. In realtà è difficile che il Natale sia una giornata felice. Troppe complicazioni prima, troppi ricordi durante, troppi resti di panettone dopo. Mi piacerebbe invece che, per ognuno di noi, si trattasse di un Natale Buono. Sì, proprio un Natale con un sentimento di bontà. Capisco che faccia effetto sentire questa parola pronunciata così, all’improvviso. Al termine di un anno dominato dai cattivi, dai cinici, dalle persone sicure di sé, diffidenti, spesso screanzate, nel migliore dei casi indifferenti. Infatti non a caso ogni volta che si parla di bontà si storce il naso, e si pensa subito al “buonismo”. Guai ai buonisti, sono passati di moda rapidamente. Hanno fatto danni immensi, ci hanno illusi in anni dorati che avremmo potuto vivere tempi di speranza e di giustizia, di affrancamento dalla povertà, di integrazione e di solidarietà. Potrei fare i nomi dei “buonisti”, ma ve li risparmio. Ognuno pensi a chi gli pare.

No, io parlo proprio di un Natale Buono, con l’aggettivo dopo il sostantivo. Perché ho la sensazione che ognuno di noi faccia molta fatica a fare i conti con la bontà. Non sappiamo bene di che cosa si tratti. Non la pratichiamo quasi più. Ci vergogniamo dei buoni sentimenti. Ci sembra di essere molli, senza grinta, e persino falsi, o almeno un po’ ipocriti. Ci siamo attrezzati alla grande per la “competizione globale”. Ci hanno quasi convinto che è meglio essere “concreti”. Meglio ancora: “carismatici”. L’ideale comunque è essere “vincenti”. Di una persona si chiede il bilancio “di competenze”. Assai meno che cosa sente dentro di sé, quali sono i valori morali, i princìpi rispetto ai quali non deflettere mai.

Al momento io stesso non saprei che cosa si dovrebbe fare per rendere il Natale davvero Buono. Aiutare per un giorno i più poveri? Invitare alla tavola un senza dimora? E poi? Accompagnarlo alla porta con un sorriso? Telefonare ai vecchi amici dei quali abbiamo perso le tracce, e che magari sono soli, o sono in difficoltà? Stare tutto il giorno con i parenti e condividere i racconti di un anno appena trascorso? Giocare a tombola? Andare al cinema e sorbirsi con gioia il più cretino dei cinepanettoni?

Forse un modo, semplice, di rendere questa giornata memorabile è ritagliare per se stessi un’oretta di ripensamento. Meglio se in solitudine, senza dare nell’occhio, senza turbare amici e parenti. Un’oretta per fare un piccolo bilancio, quella “contabilità dell’anima” che non dovrebbe prevedere tagli alla spesa, ma solo investimenti, e somme che tornano. Fare i conti con noi stessi, serenamente, senza sensi di colpa, con giustizia. Dentro di noi, in un giorno magico come il Natale, forse potremmo trovare la spiegazione del mistero della nostra esistenza, il senso di un cammino che poi, nella notte di San Silvestro, rischia di confondersi dentro le bollicine dello spumante (italiano).

Personalmente mi sto accorgendo di un fenomeno curioso, ma interessante. La nostra esistenza sta diventando sempre più virtuale. Siamo immersi ogni giorno in relazioni immateriali, determinate dagli strumenti della comunicazione. Siamo spesso gli ologrammi di noi stessi, immagine senza corpo, parole appese e distribuite ovunque. Non so, non sappiamo, quante persone effettivamente raggiungiamo ogni giorno attraverso i nostri bit. Ma a cominciare dagli sms, per finire al social network o ai video scaricati su you tube, affidiamo pensieri, sentimenti, emozioni, a una realtà sempre più eterea. Forse anche per questo fatichiamo a pensare in termini di Bontà. Deleghiamo infatti questa sfera della vita ai professionisti della bontà, i sacerdoti, i missionari, i volontari “estremi”. Nel migliore dei casi non ci riteniamo adeguati, e ci consoliamo con un sms solidale, due euro di bontà, che si concludono con una risposta standardizzata ma capace di gratificarci,e di farci sentire utili.

La sfida più ardua dei nostri tempi è forse quella di saldare i due mondi, quello virtuale e quello reale, della nostra dimensione fatta di carne, cuore e cervello. Un Natale Buono è forse solo un giorno nel quale restituire significato alle cose e alle parole, per sentirci, alla fine, semplicemente noi stessi, magari un po’ migliori.

Buon Natale a tutti.


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