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La cimice, i piccoli borghesi e il pettegolezzo

di Riccardo Bonacina

Ieri sera, sono andato al Piccolo Teatro dove debuttava «La cimice» di Majakovskji  nella versione di Serena Sinigaglia (a cui Vita deve la festa dei suoi primi 10 anni); in scena una riflessione su quel che resta dell’utopia nell’epoca del disincanto. Il protagonista, Prisypkin (Paolo Rossi), è un individuo meschino e grottescamente comico, che ripete «mio, mio, tutto mio». La meschinità è però connaturata alla condizione umana sottolinea la Sinigaglia, e Majakovkij non ha nessun dubbio: tra i due parassiti, il “borghesius vulgaris” Prisypkin, e il “cimex normalis”, il peggiore e più parassita tra i parassiti è il piccolo borghese. Beh, direte voi, bella scoperta! Già. Il problema è però che su quel palco ad essere messi in scena siamo noi, il pubblico dell’anno di grazia 2009.

Se è vero infatti che la meschinità e la corruzione sono dentro la natura umana, è altrettanto vero che oggi siamo andati ben oltre lo scenario immaginato da Majakovskji  nel 1929. Oggi viviamo nell’epoca in cui il “borghesius vulgaris” ha trionfato. Chiamatelo individualismo proprietario, società liquida, egoismo, fatto sta che siamo tutti davvero dentro un orizzonte definito dai piccoli e individuali interessi. Viviamo un’epoca in cui alle discussioni si preferiscono i pettegolezzi privati. Anche in politica, leggere i giornali per credere.

Lo spettacolo di Serena Sinigaglia si chiude riproponendo una delle più famose e drammatiche frasi Majakovskji : “Che senso ha se mi salvo solo io?”, e le ultime righe scritte dal poeta prima di suicidarsi nel 1930: “Come suol dirsi, l’incidente è chiuso. La barca dell’amore s’è infranta contro il quotidiano. A che scopo riandare ad afflizioni, sventure ed offese reciproche. Niente pettegolezzi”.

La meschinità, ci insegna il poeta, sta tutta dentro la corruzione e il rattrapimento del desiderio, perciò rileggere Vladimir Majakovskij può essere per noi esercizio benefico al fine di tener vivi i desideri più costitutivi e intimi del nostro essere. Facciamolo ascoltando Carmelo Bene in una sua performance grandissima sulla poesia di Majakovskij. Acsolterete anche questo passaggio: “Resuscitami, non foss’altro perchè da poeta t’ho atteso, ripudiando le assurdità di ogni giorno! Resuscitami, anche solo per questo! Resuscitami, voglio vivere tutta la mia vita!”

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