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Politica & Istituzioni

Chi rimane in mutande e chi se le toglie!

di Riccardo Bonacina

Sono rimasto basito a leggere lo slogan dei mobilitati a difesa di Berlusconi, Giuliano Ferrara in primis e a seguire Paolo Liguori. Due ex simpatici e intelligenti rivoltosi della sinistra extraparlamentare e ora giornalisti-direttori dell’area di centro-destra. Lo slogan reciterebbe così: “Siamo rimasti in mutande ma vivi”. Addirittura oggi il direttore di Tgcom, l’unico Tg in format da spot pubblicitario, è sceso in campo con un video messaggio che potete vedere qui. Ora, lasciatemi dire due cose.

La prima. Siamo in rimasti in mutande è stato il grido del non profit italiano lo scorso novembre per protestare contro i tagli al 5 per mille, in un anno horribilus per le organizzazioni di terzo settore a cui è stato tagliato, a livello centrale e a livello locale, tutto il possibile. Ecco le immagini di una manifestazione a Roma arrivata dopo una campagna significativa su tutti i quotidiani italiani. Ecco in quel caso, lo slogan descriveva uno stato di fatto oggettivo. Di un settore di pubblica utilità che dà servizi a 10milioni di italiani a cui si è tolto ogni tipo di risorse e di incoraggiamento. Nel caso dei manifestanti pro-Berlusconi, parliamo di un pezzo di classe dirigente i cui servigi sono molto ben pagati.

La seconda. Ferrara, Liguori e gli altri avrebbero dovuto scegliere un altro slogan, “Ci siamo tolti le mutande, e siamo vivi”. Sarebbe stato uno slogan più descrittivo della loro battaglia a favore della privacy dei ricchi e dei potenti. In fondo potremmo davvero dividere il Paese tra chi rimane in mutande e chi se li toglie, no?

Infine, per chi avesse avuto la pazienza di guardare i due video avrà certamente notato la differente antroprologia e vision della vita espressa dalle due mutande in questione. Il boxer fighetto di Liguori e i mutandoni popular di Vita e il non profit.


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