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Sanità & Ricerca

Quando Robin Williams si calò nel mondo della malattia neurologica.

di Noria Nalli

Il pettegolezzo mediatico sulla morte di Robin Williams, purtroppo,  durerà a lungo. Come malata di sclerosi multipla e appassionata dei suoi film, mi piace ricordarlo per una pellicola del 1990. Si tratta di “Risvegli”, trasposizione cinematografica dell’omonimo libro di Oliver Sacks con la regia di Penny Marshall, in cui l’attore recitò con uno strepitoso Robert De Niro. Quando scelse di togliersi la vita, Robin Williams aveva scoperto da poco di avere il morbo di Parkinson e, in Risvegli, aveva interpretato la parte del grande neurologo Oliver Sacks, che si è occupato a lungo anche di pazienti parkinsoniani. Sacks ha sempre descritto con molta umanità, rispetto,  quasi ammirazione,  i suoi pazienti. Nei suoi libri parla dei malati neurologici, come di un universo affascinante da scoprire. Robin Williams ci ha regalato un’interpretazione toccante del famoso medico.  Allora propongo ai miei colleghi giornalisti di non fare del terrorismo, spaventando i malati di Parkinson. Il nostro grande Robin ha scelto ad un certo punto di suicidarsi, ma non andiamo a scavare troppo sui motivi. Non bisogna far passare un messaggio secondo il quale soffrire di depressione o di Parkinson porti come normale conseguenza a pensare al suicidio. Ricordando il grande attore evitiamo il gossip sadico. Ricordiamolo per le sue interpretazioni, magari riproponendo la visione di Risvegli.

 


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