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#NoSlot – Lettera aperta al Comandante Generale Dell’Arma dei Carabinieri

di Marco Dotti

Signor Generale Gallitelli,

mi permetto alcune riflessioni in ordine sparso, che spero colgano la sua attenzione.

Un furto dopo la tragedia, titolava ieri l’Eco di Bergamo. Una tragedia dopo la tragedia, dovremmo titolare oggi. 

Il caso del carabiniere arrestato per aver rubato la borsetta di una donna ferita durante i drammatici fatti di Chiuduno – fatti che hanno portato alla morte della dottoressa Eleonora Cantalamessa, la settimana scorsa – colpisce per tante ragioni. Una su tutte: quell’uomo ha commesso un gesto fuori da ogni logica o ragione per giocarsi poche lire in un sala gioco.

Ha distrutto la sua carriera, è forse venuto meno al giuramento di fedeltà all’Arma, ha avvelenato verosimilmente la vita dei suoi cari, tradito la fiducia dei colleghi e dei cittadini… E tutto per cosa? Per poche lire e tre limoni allineati sul carrello di una slot machine?

C’è qualcosa che non torna, Generale, in tutto questo. Non è la crisi, la fatica, non è un uomo che ha mancato ai suo doveri. Non è solo questo, è qualcosa di più, forse molto di più. Qualcosa che non ha ancora un nome e forse per questo allontaniamo – sui giornali – con finto sdegno e finto spavento. Qualcosa che ha comunque i contorni della sofferenza più vera: quella che tocca gli uomini nella loro dignità più profonda. 

Troppo facile, oggi, parlare di degrado delle istituzioni, di un venir meno del patto di fiducia tra le stesse istituzioni e i cittadini. Troppo facile parlare di illegalità vs. legalità, quando è la legalità stessa (quella del gioco d’azzardo di massa) a fare problema. 

Quel carabiniere è una vittima, vittima di un sistema “legale” che crea dipendenza, disperazione, perversione nei legami più profondi. Quel carabiniere è una vittima come tante. Niente e nessuno lo esime dalle sue responsabilità, ma resta pur sempre una vittima, una persona malata. Ecco perché parlo di tragedia dopo la tragedia: quel suo gesto ci interroga, ci chiama a responsabilità che sono anche nostre (come cittadini, intendo). Che cosa è successo in questi anni? Perché siamo arrivati a questo punto di svolta e continuiamo a procedere, anche se oramai è chiaro che dietro il prossimo angolo ci saranno solo un nuovo baratro, una nuova tragedia, un nuovo grido che forse nemmeno allora sapremo ascoltare?

Ci scandalizziamo per non ascoltare, ma il nostro dovere, qui e ora, è di capire, intervenire, agire. Per lo scandalo c’è sempre tempo, per agire no.

Il Ministero della Salute definisce così la “ludopatia”: 

«Per ludopatia (o gioco d’azzardo patologico) si intende l’incapacità di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse, nonostante l’individuo che ne è affetto sia consapevole che questo possa portare a gravi conseguenze. Per continuare a dedicarsi al gioco d’azzardo e alle scommesse, chi è affetto da ludopatia trascura lo studio o il lavoro e può arrivare a commettere furti o frodi. Questa patologia condivide alcuni tratti del disturbo ossessivo compulsivo, ma rappresenta un’entità a sé» (Fonte: Ministero della Salute).

Quest’uomo, questo carabiniere è un malato, magari non compulsivo, ma malato. L’aria è infetta attorno a noi, ora sappiamo che nessuno ne è immune. Il suo gesto non è conseguenza di un “vizio”, ma di una malattia. Tragedia: non averla colta in tempo. Altra tragedia: non saperla accogliere ora, noi, qui, a interrogarci e a puntare il dito…

Perché quest’uomo, questo carabiniere ha bisogno del vostro aiuto, non del nostro dito puntato.

Ma noi, con lui, abbiamo bisogno di una voce forte, di qualcosa che si levi contro questo tarlo che sta erodendo sempre più la legalità. Siamo in mano a gente senza scrupoli, a mezzi senza fini. La prego, come può, se può, si faccia sentire.

Le ho scritto questa lettera solo per esprimere la mia solidarietà a un uomo che né noi, né voi possiamo permetterci di lasciare solo. Nel suol destino e nella sua tragedia c’è il destino di molti, la tragedia di tutti.

Con stima e gratitudine

MD

 

 

 


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