Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

A Nairobi si gioca una scommessa mondiale

Forum Nairobi 2007, i grandi temi /6: I movimenti. A cinque anni da Porto Alegre qual'è lo stato di salute del fronte antiglobalizzazione? L'incontro in Africa come opportunità di grande rilancio

di Vittorio Agnoletto

Il cuore di tutte le contraddizioni del nostro tempo ha un nome: l?Africa subsahariana. Chiunque aspiri a lottare contro le ingiustizie del mondo è da qui che deve passare, è qui che deve cercare i compagni di strada. Un continente che non raggiungerà nemmeno uno degli obiettivi del millennio indicati dall?Onu per il 2015, una regione dove l?attesa di vita diminuisce costantemente, dove il virus Hiv già oggi si comporta da padrone assoluto del corpo di oltre 30 milioni di persone. Popoli che vivono sopra e a fianco di immense ricchezze naturali, costretti ad attraversare deserti per andare troppo spesso a morire nel Mare nostrum alla disperata ricerca di una terra che permetta loro di sopravvivere. L?appuntamento non era più rinviabile. Sei anni nella storia dell?umanità rappresentano un granello di sabbia in un deserto, nell?esistenza di una persona non sono pochi, nella vita di un movimento corrispondono ad un?età già matura. Nel gennaio del 2001 da Porto Alegre è stata lanciata la sfida: un altro mondo è possibile. Sei mesi dopo da Genova è stata gridata la denuncia: voi G8, noi sei miliardi. Poi un moltiplicarsi di eventi, di incontri da un capo all?altro della Terra per scoprire che non può avere futuro un mondo nel quale i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Quante volte abbiamo citato, come esempio di un?ingiustizia incommensurabile e irrazionale, l?ormai famosa vacca europea che riceve due dollari al giorno mentre oltre 1,2 miliardi di persone vivono con meno di un dollaro ? Ora a Nairobi questi numeri avranno dei volti, dei nomi e dei cognomi. Il movimento che arriva a Nairobi ha ormai una dimensione realmente mondiale. Ma nonostante la diffusione raggiunta dal movimento restano ancora troppi i Paesi, tra quali la Cina, che impediscono l?organizzazione di movimenti sociali autonomi. Ora l?obiettivo è riuscire a organizzare un Forum Mondiale negli Usa, sotto la sede della Banca Mondiale e del fondo Monetario Internazionale. Ma la libera circolazione delle persone è un diritto ancora da conquistare. Washington non sembra per ora disponibile a rilasciare il visto per l?ingresso negli Usa a decine di migliaia di attivisti. I movimenti europei, e tra questi in particolare quello italiano, hanno svolto fin dall?inizio un indubbio ruolo di leadership; proprio dal Forum Sociale Europeo di Firenze nel novembre 2002 fu lanciato l?appello che portò in tutte le piazze del mondo, il 15 febbraio 2003, oltre cento milioni di persone a manifestare contro la guerra. Ma ora gli stimoli più interessanti giungono dai movimenti latinoamericani e dall?India. Se i movimenti africani, che sperimentano quotidianamente la faccia più aggressiva del liberismo, non hanno ancora quell?ampiezza, quell?unità e quell?esperienza necessaria per proporre già oggi un?alternativa possibile, da parte loro i movimenti europei e nordamericani agiscono in Paesi nei quali le conseguenze della globalizzazione non hanno ancora modificato in profondità le condizioni di vita dell?insieme della popolazione. O quando questo avviene, vi è una minore consapevolezza del legame tra alcuni processi nazionali (precarietà nel lavoro, distruzione del welfare ecc) e il dispiegarsi della globalizzazione liberista. I movimenti latinoamericani e indiani sono al centro dei processi di globalizzazione: sono testimoni di una redistribuzione della ricchezza sempre più ingiusta, sono in grado di analizzare le dinamiche economiche globali che coinvolgono i loro territori, intrattengono rapporti continuativi con forze politiche, dalle quali hanno sempre mantenuto una forte autonomia, pur essendo stati decisivi nei cambiamenti politici che hanno coinvolto la quasi la totalità dei loro governi. La consapevolezza del mondo come un villaggio globale spinge sempre più i movimenti a organizzare vertenze a dimensione mondiale e, quindi, a modificare anche la stessa natura del forum; non più solo un luogo di confronto e di dibattito, ma un?opportunità per organizzare campagne di lotta globali. Esemplari a questo proposito sono i risultati ottenuti dalla campagna contro la privatizzazione dell?acqua che dalla Bolivia all?Uruguay, dall?Italia ad alcune regioni dell?India ha ottenuto importantissime vittorie grazie anche al lavoro di supporto tecnico/scientifico garantito da strutture di coordinamento quale per esempio il Contratto per l?Acqua. A Nairobi, al centro del confronto saranno gli effetti delle politiche liberiste sul continente africano e le strategie necessarie per realizzare delle alternative. Ad esempio gli Epa, gli Accordi di partenariato economico tra l?Ue i Paesi più poveri dell?Africa, pur essendo ancora poco conosciuti sono destinati a diventare la bestia nera di tutti i movimenti sociali africani. In nome della reciprocità l?Europa chiede ai governi africani di cancellare qualunque forma di protezione doganale dei propri prodotti e di aprire le proprie frontiere alle merci europee. Non contenta di questo impari confronto, l?Ue mantiene i sussidi per l?esportazione dei propri prodotti agricoli praticando un vero e proprio dumping (vendita di una merce a un prezzo minore del costo di produzione) distruggendo in tal modo ogni possibilità di competizione da parte dei prodotti africani. Secondo uno studio operato dal Programma per lo sviluppo delle nazioni unite (Undp), qualora gli Epa venissero approvati nella loro attuale formulazione il Burundi perderebbe 19.782 milioni di dollari ogni anno pari al 3% del suo Pil ! Ognuno usa gli strumenti che più gli servono, e infatti Bush non ha esitato a fornire in media oltre 100mila dollari ad ognuno dei 25.000 coltivatori/esportatori di cotone statunitensi pur di assicurarsi il loro voto necessario per ottenere il secondo mandato presidenziale: una crisi senza precedenti ha colpito tre milioni di contadini dell?Africa centro-occidentale, regione nella quale il cotone costituisce la monocultura di riferimento. Il famoso accordo del 30 agosto 2003 sottoscritto a Ginevra dai Paesi aderenti al Wto formalmente presentato come un tentativo di rendere disponibili i farmaci anti Aids ai Paesi non in grado di produrli direttamente, era talmente complesso sul piano burocratico e talmente restrittivo che non è stato utilizzato nemmeno una volta. La richiesta, avanzata dai Paesi del sud del mondo e dagli attivisti antiAids era quindi esattamente l?opposto di quanto avvenuto alla conferenza del Wto svoltasi nel 2006 a Hong Kong: modificare l?accordo e non, come invece è avvenuto, renderlo definitivo inserendolo nei regolamento Trips, sulla proprietà intellettuale. Nel frattempo la situazione è ulteriormente peggiorata: dal gennaio del 2005 l?India, la Thailandia e il Brasile non possono più produrre i farmaci anti Aids come generici, né esportarli in altri Pvs ma sono stati obbligati a garantire nella propria legislazione la tutela dei brevetti delle multinazionali. Concretamente questo significa che i 30 milioni di persone sieropositive che vivono in Africa non hanno alcuna speranza di accedere a terapie efficaci. Quale sarà la conseguenza più ovvia di simili politiche economiche? La risposta è scontata: un enorme processo migratorio destinato ad aumentare costantemente fino a coinvolgere milioni e milioni di persone. Come risponde l?Ue? Militarizzando i mari e le coste, stipulando accordi con i governi africani più o meno corrotti per costruire una rete di Cpt nei Paesi magrebini, meglio ancora se più a sud, nei Paesi subsahariani. L?obiettivo è semplice: respingere i migranti con ogni mezzo e lontano da occhi indiscreti, per evitare altre situazioni imbarazzanti simili a quelle risolte con i fucili e le stragi dalla Spagna a Ceuta e Melilla. Ma l?idea di rinchiudersi in una torre d?avorio circondata da armi di ogni tipo è solo un?illusione; nulla potrà fermare milioni di persone che cercano di fuggire dalla morte certa. Questo significa che il percorso della storia è ormai segnato? No. Noi europei, se a Nairobi sapremo metterci in gioco, scopriremo di avere enormi responsabilità, ma anche di poter essere degli alleati preziosissimi per i movimenti africani. A condizione di evitare ogni forma di neocolonialismo per aver la disponibilità ad ascoltare e a rispettare il protagonismo e le ragioni dei movimenti africani. Rilanciare le lotte necessarie per trasformare questo mondo insieme a loro, con loro. Non per loro Ripartendo da Nairobi, dall?Africa.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA