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Attivismo civico & Terzo settore

Approvazione delregolamento di esecuzione della L.354/75 recantenorme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative elimitative della libertà

di Redazione

Decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431 (in Gazz. Uff., 22 giugno 1976, n. 162, s.o.). — Approvazione del regolamento di esecuzione della l. 26 luglio 1975, n. 354, recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà. TITOLO I Capo I Art. 1. Interventi di trattamento. Il trattamento degli imputati sottoposti a misure privative della libertà consiste nell’offerta di interventi diretti a sostenere i loro interessi umani, culturali e professionali. Il trattamento rieducativo dei condannati e degli internati è diretto, inoltre, a promuovere un processo di modificazione degli atteggiamenti che sono di ostacolo ad una costruttiva partecipazione sociale. Art. 2. Ordine e disciplina negli istituti penitenziari. La sicurezza, l’ordine e la disciplina negli istituti penitenziari costituiscono la condizione per la realizzazione delle finalità del trattamento dei detenuti e degli internati. Il servizio di sicurezza e di custodia negli istituti penitenziari, diversi dalle case mandamentali, è affidato agli appartenenti al Corpo militare degli agenti di custodia, che esercitano le loro attribuzioni in conformità delle leggi e dei regolamenti vigenti. Art. 3. Direzione degli istituti penitenziari e dei centri di servizio sociale. Alla direzione degli istituti penitenziari, diversi dalle case mandamentali, e dei centri di servizio sociale è preposto personale dei rispettivi ruoli delle carriere direttive dell’amministrazione penitenziaria. Il direttore dell’istituto e quello del centro di servizio sociale esercitano i poteri attinenti all’organizzazione, al coordinamento e allo svolgimento delle attività relative al funzionamento dell’istituto o del servizio; adottano tutte le iniziative per lo svolgimento dei programmi di trattamento e impartiscono disposizioni e istruzioni agli operatori penitenziari anche non appartenenti al personale dell’amministrazione; inoltre, il direttore dell’istituto provvede al mantenimento della sicurezza, dell’ordine e della disciplina, avvalendosi della collaborazione del personale civile e militare, secondo le rispettive competenze. Il direttore dell’istituto e quello del centro di servizio sociale rispondono dell’esercizio delle loro attribuzioni all’ispettore distrettuale e al Ministero. Alle direzioni dei centri di servizio sociale e degli istituti per minorenni può essere preposto personale dei ruoli delle carriere di concetto, fino al completamento dei ruoli delle carriere direttive. Art. 4. Integrazione e coordinamento degli interventi. Gli interventi di ciascun operatore professionale o volontario devono contribuire alla realizzazione di una positiva atmosfera di relazioni umane e svolgersi in una prospettiva di integrazione e di collaborazione. A tal fine, gli istituti penitenziari e i centri di servizio sociale, dislocati in ciascun ambito regionale, costituiscono un complesso operativo unitario, i cui programmi sono organizzati e svolti con riferimento alle risorse della comunità locale. Gli ispettori distrettuali adottano le opportune iniziative per promuovere il coordinamento operativo in sede locale. Art. 5. Vigilanza del magistrato di sorveglianza sulla organizzazione degli istituti. Il magistrato di sorveglianza, nell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza, assume, a mezzo di visite e di colloqui, e, quando occorre, di visione di documenti, dirette informazioni sullo svolgimento dei vari servizi dell’istituto e sul trattamento dei detenuti e degli internati. Capo II Art. 6. Pulizia delle camere. I detenuti e gli internati, che siano in condizioni fisiche e psichiche che lo consentano, provvedono direttamente alla pulizia delle loro camere e dei relativi servizi igienici. A tal fine sono messi a disposizione mezzi adeguati. Per la pulizia delle camere nelle quali si trovano soggetti impossibilitati a provvedervi, la amministrazione si avvale dell’opera retribuita di detenuti o internati. Art. 7. Servizi igienici. I servizi igienici sono collocati in un vano adiacente alla camera ovvero sistemati all’interno di essa in modo tale da garantire le opportune condizioni di riservatezza. I locali di pernottamento o i vani in cui sono collocati i servizi igienici sono dotati di lavabi con acqua corrente. Servizi igienici e lavabi in numero adeguato devono essere, inoltre, dislocati nelle adiacenze dei locali e delle aree dove si svolgono attività in comune. Art. 8. Igiene personale. I detenuti e gli internati debbono fare il bagno o la doccia con acqua calda, una volta alla settimana e ogni qualvolta sia necessario per motivi di carattere igienico-sanitario anche in relazione ad attività lavorative o sportive. A tal fine gli istituti sono forniti di servizi di bagno o di doccia in numero sufficiente e opportunamente dislocati. Gli oggetti necessari per la cura e la pulizia della persona sono indicati con specifico riferimento alla loro qualità e quantità in tabelle, distinte per uomini e donne, stabilite con decreto ministeriale. Per gli uomini e per le donne sono, rispettivamente, organizzati servizi di barbiere e di parrucchiere, di cui essi possono usufruire periodicamente secondo le necessità. Nei locali di pernottamento è consentito l’uso di rasoio elettrico autoalimentato. Il regolamento interno prevede i tempie le modalità di accesso ai servizi di bagno e di doccia, di barbiere e di parrucchiere. Art. 9. Vestiario e corredo. Gli oggetti che costituiscono il corredo del letto, i cani di vestiario e di biancheria personale, nonché gli altri effetti di uso che l’amministrazione è tenuta a corrispondere ai detenuti e agli internati, sono indicati, con specifico riferimento alla loro qualità, in tabelle, distinte per uomini e donne, stabilite con decreto ministeriale. I capi e gli effetti sopra indicati devono avere caratteristiche adeguate al variare delle stagioni e alle particolari condizioni climatiche delle zone in cui gli istituti sono ubicati; la loro quantità deve consentire un ricambio che assicuri buone condizioni di pulizia e di conservazione. Per ciascun capo o effetto è prevista la durata d’uso. L’amministrazione sostituisce, anche prima della scadenza del termine di durata, i capi e gli effetti deteriorati. Se l’anticipato deterioramento è imputabile al detenuto o all’internato, questi e tenuto a risarcire il danno. Il sanitario dell’istituto prescrive variazioni qualitative e quantitative del corredo del letto, dei cani di biancheria e di vestiario in relazione a particolari bisogni dei singoli soggetti. Fermo restando il diritto degli imputati e dei condannati a pena detentiva inferiore ad un anno di indossare abiti di loro proprietà, le caratteristiche degli abiti forniti dall’amministrazione sono stabilite in modo differenziato per gli imputati, i condannati e gli internati. I minorenni vestono, comunque, abiti di foggia civile. I capi di biancheria personale e di vestiario nonché gli effetti d’uso consegnati ai detenuti e agli internati sono annotati, con le successive variazioni, in una apposita scheda, un esemplare della quale viene conservato dall’interessato e un altro custodito dalla direzione e trasmesso in caso di trasferimento. La direzione dell’istituto cura che a ciascun detenuto o internato, dopo le operazioni di pulizia, siano restituiti i capi di sua spettanza. I detenuti e gli internati, i quali fanno uso di abiti e di corredo personale di loro proprietà che non possono essere lavati con le normali procedure usate per quelli forniti dall’amministrazione, devono provvedervi a loro spese. L’amministrazione provvede a fornire abiti civili ai dimittendi, qualora essi non siano in condizioni a provvedervi a loro spese. Art. 10. Corredo e oggetti di proprietà personale. Il regolamento interno stabilisce i casi in cui i detenuti e gli internati possono essere ammessi a fare uso di corredo di loro proprietà e prevede, altresì, quali sono gli effetti di corredo che possono usarsi. Il possesso di oggetti di particolare valore morale o affettivo può essere ammesso, qualora gli oggetti stessi non abbiano un consistente valore economico. Art. 11. Vitto giornaliero. Ai detenuti e agli internati vengono somministrati giornalmente tre pasti. Il regolamento interno stabilisce l’orario dei pasti in modo tale che il primo possa essere consumato non lontano dalla sveglia, il secondo dopo circa cinque ore dal primo ed il terzo dopo circa sei ore dal secondo. Ai minorenni vengono somministrati giornalmente quattro pasti opportunamente intervallati. Art. 12. Controllo sul trattamento alimentare e sui prezzi dei generi venduti nell’istituto. La rappresentanza dei detenuti e degli internati preveduta dal sesto comma dell’art. 9 della legge è composta di tre persone. Negli istituti in cui la preparazione del vitto è effettuata in più cucine, è costituita una rappresentanza per ciascuna cucina. I rappresentanti dei detenuti e degli internati assistono al prelievo dei generi vittuari, ne controllano la qualità e la quantità, verificano che i generi prelevati siano interamente usati per la confezione del vitto. Ai detenuti e agli internati lavoratori o studenti, facenti parte della rappresentanza, sono concessi permessi di assenza dal lavoro o dalla scuola per rendere possibile lo svolgimento del loro compito. La rappresentanza suddetta ed il delegato del direttore, indicato nell’ultimo comma dell’art. 9 della legge, presentano, congiuntamente o disgiuntamente, le loro osservazioni al direttore. La direzione richiede mensilmente all’autorità comunale informazioni sui prezzi correnti all’estero relativi ai generi corrispondenti a quelli in vendita da parte dello spaccio e mette a disposizione della rappresentanza dei detenuti e degli internati le informazioni ricevute. Art. 13. Locali per la somministrazione del vitto. Uso di fornelli. La somministrazione del vitto deve essere effettuata in locali accessibili a gruppi limitati di detenuti o di internati. Ove non sia possibile, per difficoltà organizzative o per contingenti motivi di ordine o di disciplina, somministrare il vitto in locali appositi, deve provvedersi a che i pasti siano consumati nelle camere, utilizzando un idoneo piano di appoggio. consentito l’uso di fornelli personali autoalimentati per la preparazione di bevande e per riscaldare liquidi, nonché cibi già cotti. Le dimensioni e le caratteristiche dei fornelli devono essere conformi a prescrizioni ministeriali. Il regolamento interno può provvedere che, senza carattere di continuità, sia consentita ai detenuti e agli internati la cottura di generi alimentari di facile e rapida preparazione, stabilendo i generi ammessi nonché le modalità da osservare. Art. 14. Ricezione, acquisto e possesso di oggetti e di generi alimentari. Il regolamento interno stabilisce, nei confronti di tutti i detenuti o internati dell’istituto, i generi e gli oggetti di cui è consentito il possesso, l’acquisto e la ricezione: stabilisce, inoltre, le quantità dei singoli generi ed oggetti ricevibili, acquistabili o detenibili in relazione all’esigenza di mantenere l’ordine e di evitare disparità di condizioni di vita. Sono vietate le bevande alcooliche. é consentito solo il consumo giornaliero di vino in misura non superiore a mezzo litro e di gradazione non superiore a dodici gradi o di un litro di birra. é vietato, comunque, il possesso di denaro. Gli oggetti non consentiti sono ritirati dalla direzione e consegnati ai detenuti e agli internati all’atto della loro dimissione, salvo che costituiscano corpo di reato. I generi e gli oggetti provenienti dall’esterno devono essere contenuti in pacchi, che, prima della consegna ai destinatari, devono essere sottoposti a controllo. Il regolamento interno stabilisce il numero e la periodicità in ordine al ricevimento dei pacchi, le modalità di confezione, di controllo, di accettazione e di consegna, anche con riferimento alle cautele da adottare per l’individuazione di strumenti pericolosi e alla certificazione di quanto in essi contenuto. Gli oggetti di uso personale possono essere acquistati o ricevuti in misura non eccedente le normali esigenze dell’individuo. I generi alimentari, ricevuti dall’esterno o acquistati, non devono eccedere in quantità il fabbisogno di una persona. Inoltre quelli ricevuti dall’esterno non devono richiedere cottura. Il detenuto o l’internato non può accumulare generi alimentari in quantità eccedente il suo fabbisogno settimanale. Art. 15. Cessioni fra detenuti o internati. La cessione e la ricezione di somme in peculio e di oggetti fra detenuti o internati sono vietate. Art. 16. Permanenza all’aperto. Gli spazi destinati alla permanenza all’aperto devono offrire possibilità di protezione dagli agenti atmosferici. Il tempo di permanenza all’aperto può essere impiegato per lo svolgimento di attività sportive culturali o ricreative nonché per trascorrervi parte del tempo libero. Gli spazi destinati alla permanenza all’aperto sono utilizzati anche per la installazione di campi attrezzati per lo svolgimento di giochi sportivi. Art. 17. Assistenza sanitaria. L’organizzazione dei servizi sanitari degli istituti viene programmata, nell’ambito di ciascuna regione, tra gli ispettori distrettuali e i preposti agli enti pubblici sanitari locali, d’intesa con l’ente regione. I programmi sono periodicamente aggiornati secondo il variare delle esigenze ed approvati dal Ministero della giustizia, tenuto conto degli indirizzi del Ministero della sanità. Il Ministero, sulla base delle indicazioni desunte dalla rilevazione e dall’analisi delle esigenze sanitarie della popolazione penitenziaria, sentiti gli organi sanitari, organizza, con opportune dislocazioni nell’ambito nazionale, reparti clinici e chirurgici. All’organizzazione e al funzionamento di detti reparti possono concorrere, anche con destinazione di proprio personale, gli enti pubblici sanitari locali. In ogni caso in cui le prestazioni di carattere psichiatrico non siano assicurate a mezzo della opera di specialisti in psichiatria del ruolo della amministrazione penitenziaria, la direzione dello istituto si avvale di specialisti ai sensi del quarto comma dell’art. 80 della legge.. L’autorizzazione per le visite a proprie spese di un sanitario di fiducia per gli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e per i condannati e gli internati è data dal direttore. Con le medesime forme prevedute per le visite a proprie spese possono essere autorizzate cure mediche e chirurgiche da effettuarsi da parte di sanitari di fiducia nelle infermerie o nei reparti clinici e chirurgici dell’amministrazione penitenziaria a spese degli interessati. Quando deve provvedersi con assoluta urgenza al trasferimento di un detenuto o di un internato in luogo esterno di cura, e non sia possibile ottenere l’immediata decisione dell’autorità giudiziaria che procede o del magistrato di sorveglianza, il direttore provvede direttamente al trasferimento, dandone contemporanea comunicazione alla predetta autorità o al magistrato di sorveglianza; inoltre, dà notizia del trasferimento all’ispettore distrettuale e al Ministero. Art. 18. Assistenza particolare alle gestanti e alle puerpere. Asili nido. Le gestanti e le puerpere sono assistite da specialisti in ostetricia e ginecologia, incaricati o professionisti esterni. é prestata, altresì, l’assistenza da parte di personale paramedico ostetrico. L’assistenza sanitaria ai bambini che le madri detenute o internate tengono presso di sé è curata da professionisti specialisti in pediatria. Gli specialisti in ostetricia e ginecologia e i pediatri, nonché il personale paramedico, sono compensati con onorari proporzionati alle singole prestazioni effettuate. Presso gli istituti o sezioni dove vi è una esigenza continuativa di assistenza alle gestanti, alle puerpere e ai bambini, sono organizzati appositi reparti ostetrici e asili nido. Quando i bambini debbono essere separati dalle madri detenute o internate, per avere superato i tre anni o per altre ragioni, sentita in questo ultimo caso la madre, e non esistono persone a cui la madre possa affidare il figlio, la direzione dell’istituto segnala il caso agli enti per l’assistenza all’infanzia. Il centro di servizio sociale cura che siano mantenuti costanti rapporti fra la madre e il bambino. Art. 19. Rimborso delle spese per prestazioni sanitarie. Ai detenuti e agli internati che hanno diritto ad usufruire di prestazioni sanitarie a carico degli enti preposti all’assistenza sanitaria, le dette prestazioni, sono fornite direttamente dalla amministrazione penitenziaria in condizioni di assoluta parità con gli altri detenuti e internati. Gli enti tenuti a derogare l’assistenza rimborsano all’amministrazione penitenziaria, sulla base di apposite convenzioni, le spese relative alle prestazioni sanitarie che essi sarebbero tenuti a corrispondere. Gli enti predetti provvedono direttamente all’assistenza preveduta dalle leggi vigenti nei confronti dei familiari dei detenuti e degli internati lavoratori. Art. 20. Disposizioni particolari per gli infermi e i seminfermi di mente. La sottoposizione a visto di controllo della corrispondenza dei detenuti e degli internati infermi o seminfermi di mente può essere disposta, oltre che nei casi preveduti dall’art. 36, anche per esigenze connesse al trattamento terapeutico, accertate dal sanitario. Nella concessione dei permessi di colloquio e nelle autorizzazioni alla corrispondenza telefonica si devono tenere in conto anche le esigenze di cui al precedente comma. I detenuti e gli internati infermi o seminfermi di mente che, a giudizio del sanitario, sono in grado di svolgere un lavoro produttivo o un servizio utile sono ammessi al lavoro e godono di tutti i diritti relativi. Coloro che non sono in grado di svolgere un lavoro produttivo o un servizio utile, possono essere assegnati, secondo le indicazioni sanitarie, ad attività ergoterapiche e ad essi viene corrisposto un sussidio nella misura stabilita con decreto ministeriale. Le disposizioni concernenti la formazione delle rappresentanze prevedute dagli articoli 9, 12 e 27 della legge si applicano anche agli infermi o seminfermi di mente. Tuttavia, se fra i sorteggiati vi siano individui che, a giudizio del sanitario, per le loro condizioni psichiche non sono in grado di svolgere il compito, il magistrato di sorveglianza dispone la loro esclusione. Gli esclusi sono sostituiti da altri detenuti o internati nominati anch’essi per sorteggio. Nei confronti degli infermi e dei seminfermi di mente le sanzioni disciplinari si applicano solo quando, a giudizio del sanitario, esista la sufficiente capacità naturale che consenta loro coscienza dell’infrazione commessa ed adeguata percezione della sanzione conseguente. Gli infermi e seminfermi in permesso o in licenza o in regime di semilibertà ricevono, ove occorra, assistenza da parte dei servizi psichiatrici pubblici degli enti locali. Art. 21. Servizio di biblioteca. La direzione dell’istituto deve curare che i detenuti e gli internati abbiano agevole accesso alle pubblicazioni della biblioteca dell’istituto, nonché la possibilità, a mezzo di opportune intese, di usufruire della lettura di pubblicazioni esistenti in biblioteche e centri di lettura pubblici, funzionanti nel luogo in cui è situato l’istituto stesso. Nella scelta dei libri e dei periodici si deve aver cura che ci sia una equilibrata rappresentazione del pluralismo culturale esistente nella società esterna. Il servizio di biblioteca è affidato, di regola, a un educatore. Il responsabile del servizio si avvale, per la tenuta delle pubblicazioni, per la formazione degli schedari, per la distribuzione dei libri e dei periodici, nonché per lo svolgimento di iniziative per la diffusione della cultura, dei rappresentanti dei detenuti e degli internati preveduti dall’art. 12 della legge, i quali espletano le suddette attività durante il tempo libero. I rappresentanti dei detenuti o degli internati sono sorteggiati, con le modalità prevedute nell’art. 62, nel numero di tre o cinque, rispettivamente per gli istituti con un numero di presenti non superiore o superiore a cinquecento. Capo III Art. 22. Ammissione in istituto. Le direzioni degli istituti penitenziari devono ricevere le persone indicate nell’articolo 4 del regio decreto 28 maggio 1931, n. 603, e quelle che si costituiscono dichiarando che ciò fanno per dare esecuzione ad un provvedimento da cui consegue la privazione dello stato di libertà. Quando viene ricevuta una persona, che non può essere trattenuta perché deve essere sottoposta a misura privativa della libertà diversa da quella alla cui esecuzione l’istituto è destinato, la direzione provvede ad informare il Ministero, ai fini dell’assegnazione. La persona che fa ingresso in istituto perché imputata viene sottoposta all’isolamento, preveduto dal n. 3) dell’art. 33 della legge, soltanto se l’autorità giudiziaria abbia disposto in tal senso nell’ordine di arresto o nel mandato di arresto o di cattura o in altro separato provvedimento. In caso di arresto in flagranza o di fermo di indiziato di reato, la prescritta informazione all’autorità giudiziaria competente deve essere effettuata dalla polizia giudiziaria prima della introduzione del detenuto nell’istituto, al fine di consentire la tempestiva emanazione dell’eventuale provvedimento di sottoposizione all’isolamento di cui al comma precedente. Allo stesso modo provvede il direttore nel caso di presentazione spontanea in istituto di persona a carico della quale non sia stato emesso mandato o ordine di cattura o di arresto dall’autorità giudiziaria. Il provvedimento dell’autorità giudiziaria che dispone l’isolamento deve precisare le modalità, i limiti e la durata dell’isolamento medesimo. Durante l’isolamento giudiziario, possono avere contatti con il detenuto isolato, con l’osservanza delle modalità stabilite dal Ministero della giustizia, il personale penitenziario nonché gli altri operatori penitenziari anche non appartenenti al personale dell’amministrazione incaricati, autorizzati o delegati dal direttore dell’istituto. Art. 23. Modalità dell’ingresso in istituto. La direzione cura che il detenuto o l’internato all’atto del suo ingresso dalla libertà sia sottoposto a perquisizione personale, al rilievo delle impronte digitali e messo in grado di esercitare la facoltà preveduta dal primo comma dell’art. 29 della legge, con le modalità di cui all’art. 59 del presente regolamento. Il soggetto è sottoposto a visita medica non oltre il giorno successivo. Fermo restando quanto previsto dall’ultimo comma dell’art. 24, qualora dagli accertamenti sanitari, o altrimenti, risulti che una persona condannata si trova in una delle condizioni prevedute dell’art. 146 e dall’art. 147, numeri 2) e 3), del codice penale, la direzione dell’istituto provvede a trasmettere gli atti al tribunale di sorveglianza per l’adozione dei provvedimenti di sua competenza e provvede, altresì, a darne comunicazione al magistrato di sorveglianza. Al momento dell’ingresso dalla libertà di un detenuto o di un internato, la direzione richiede al Ministero notizia su eventuali precedenti detenzioni al fine di acquisire la preesistente cartella personale. Il direttore, o un operatore penitenziario da lui designato, svolge un colloquio con il soggetto al fine di conoscere le notizie necessarie per le iscrizioni nel registro preveduto dall’art. 13 del regio decreto 28 maggio 1931, n. 603, e per iniziare la compilazione della cartella personale nonché al fine di fornirgli le informazioni prevedute dal primo comma dell’art. 32 della legge e di consegnargli l’estratto indicato nel secondo comma dell’art. 64 del presente regolamento. Qualora il detenuto o l’internato si rifiuti di fornire le sue generalità o quando vi siano fondati motivi per ritenere che le generalità fornite siano false, e sempre che non si riesca a conoscere altrimenti le esatte generalità, il soggetto è identificato sotto la provvisoria denominazione di > a mezzo di fotografia e di riferimenti a connotati e contrassegni fisici e ne è fatto rapporto all’autorità giudiziaria. Nel corso del colloquio il soggetto è invitato a segnalare gli eventuali problemi personali e familiari che richiedono interventi immediati. Di tali problemi la direzione informa il centro di servizio sociale. Gli oggetti consegnati dal detenuto o dall’internato, nonché quelli rinvenuti sulla sua persona e che non possono essere lasciati in suo possesso, sono ritirati e depositati presso la direzione. Gli oggetti che non possono essere conservati sono venduti a beneficio del soggetto o inviati, a sue spese, alla persona da lui designata. Delle predette operazioni viene redatto verbale. Degli oggetti consegnati dall’imputato o rinvenuti sulla sua persona è data notizia all’autorità giudiziaria che procede. I contatti e gli interventi degli operatori penitenziari e degli assistenti volontari di cui all’art. 78 della legge, nonché quelli degli operatori sociali e sanitari delle strutture e dei servizi assistenziali territoriali intesi alla prosecuzione dei programmi terapeutici o di trattamento educativo-sociale istituzionalmente svolti con gli imputati, i condannati e gli internati non si considerano colloqui e ad essi non si applicano pertanto le disposizioni contenute nell’art. 18 della legge e nell’art. 35 del presente regolamento. Art. 24. Iscrizioni a registro. Nel registro preveduto dall’art. 13 del regio decreto 28 maggio 1931, n. 603, oltre alle iscrizioni relative alle persone ivi indicate, devono essere inserite, in ordine cronologico, analoghe iscrizioni relative ai detenuti e agli internati che entrano o escono dall’istituto a causa di trasferimento o di transito. Il registro, prima che sia posto in uso, è presentato al magistrato di sorveglianza che ne fa numerare ciascuna pagina, vistandola e segnandola con sigillo del proprio ufficio. In fine del registro lo stesso magistrato di sorveglianza indica il numero complessivo delle pagine e vi appone la data e la sottoscrizione. La disposizione del precedente capoverso si osserva anche per il registro preveduto dall’articolo 80 del codice di procedura penale e dall’art. 15 del regio decreto 28 maggio 1931, n. 603. Le istanze, le impugnazioni e le dichiarazioni prevedute dall’art. 80 del codice di procedura penale sono comunicate all’autorità giudiziaria mediante estratto o copia autentica. In caso di urgenza, la comunicazione è fatta con telegramma. Le istanze dei detenuti e degli internati relative ai provvedimenti di cui al capo VI del titolo I della legge sono trasmesse al magistrato di sorveglianza o al tribunale di sorveglianza entro tre giorni dalla loro presentazione. Art. 25. Albo degli avvocat. [e procuratori]. Presso ogni istituto penitenziario è tenuto l’albo degli avvocati e procuratori del circondario, che deve essere affisso in modo che i detenuti e gli internati ne possano prendere visione. é fatto divieto agli operatori penitenziari di influire, direttamente o indirettamente, sulla scelta del difensore. Art. 26. Cartella personale. Per ogni detenuto o internato è istituita una cartella personale, la cui compilazione inizia all’atto dell’ingresso in istituto dalla libertà. La cartella segue il soggetto in caso di trasferimento e resta custodita nell’archivio dell’istituto da cui il detenuto o l’internato è dimesso. Di tale custodia è data tempestiva notizia al Ministero. L’intestazione della cartella personale è corredata dai dati anagrafici, delle impronte digitali, della fotografia e di ogni altro elemento necessario per la precisa identificazione della persona. Nella cartella personale sono inseriti i dati e le indicazioni preveduti dal quarto comma dell’art. 13 della legge, con specifica menzione delle ricompense, delle sanzioni disciplinari e delle infrazioni che le hanno determinate, delle istanze e dei provvedimenti di cui al capo VI del titolo I della legge, della sottoposizione al regime di sorveglianza particolare e del reclamo eventualmente proposto, nonché di ogni altro dato richiesto da disposizioni ministeriali. Tutti i provvedimenti del magistrato di sorveglianza e del tribunale di sorveglianza di cui all’art. 14-ter e al capo VI del titolo I della legge sono comunicati alla direzione dell’istituto per la annotazione nella cartella personale. I provvedimenti relativi all’affidamento in prova al servizio sociale, al regime di semilibertà ed alla detenzione domiciliare sono altresì comunicati al centro di servizio sociale del luogo nel quale viene eseguita la misura alternativa alla detenzione. Allo scadere di ogni semestre di custodia preventiva e di pena detentiva, nella cartella personale di ciascun detenuto è annotato il giudizio espresso dalla direzione sugli elementi indicati nel secondo comma dell’art. 94. All’atto del trasferimento del detenuto o dell’internato in altro istituto nella cartella personale è annotato un giudizio complessivo sugli sviluppi del trattamento e sulla condotta tenuta. Art. 27. Osservazione della personalità. L’osservazione scientifica della personalità è diretta all’accertamento dei bisogni di ciascun soggetto connessi alle eventuali carenze fisico-psichiche, affettive, educative e sociali, che sono state di pregiudizio all’instaurazione di una normale vita di relazione. Ai fini dell’osservazione, si provvede all’acquisizione di dati giudiziari e penitenziari, biologici, psicologici e sociali e alla loro valutazione con riferimento al modo in cui il soggetto ha vissuto le sue esperienze e alla sua attuale disponibilità ad usufruire degli interventi del trattamento. All’inizio dell’esecuzione, l’osservazione è specificamente rivolta, con la collaborazione del condannato o dell’internato, a desumere elementi per la formulazione del programma individualizzato di trattamento, il quale è compilato nel termine di nove mesi . Nel corso del trattamento l’osservazione è rivolta ad accertare, attraverso l’esame del comportamento del soggetto e delle modificazioni intervenute nella sua vita di relazione, le eventuali nuove esigenze che richiedono una variazione del programma di trattamento. Art. 28. Espletamento dell’osservazione della personalità. L’osservazione scientifica della personalità è espletata, di regola, presso gli stessi istituti dove si eseguono le pene e le misure di sicurezza. Quando si ravvisa la necessità di procedere a particolari approfondimenti, i soggetti da osservare sono assegnati, su motivata proposta della direzione, ai centri di osservazione. L’osservazione è condotta da personale dipendente dall’amministrazione e, secondo le occorrenze, anche dai professionisti indicati nel secondo e quarto comma dell’art. 80 della legge. Le attività di osservazione si svolgono sotto la responsabilità del direttore dell’istituto e sono dal medesimo coordinate. Art. 29. Programma individualizzato di trattamento. La compilazione del programma di trattamento è effettuata da un gruppo presieduto dal direttore e composto dal personale e dagli esperti che hanno svolto le attività di osservazione indicate nel precedente articolo. Il gruppo di osservazione tiene riunioni periodiche, nel corso delle quali esamina gli sviluppi del trattamento praticato e i suoi risultati. La segreteria tecnica del gruppo è affidata, di regola, all’educatore. Art. 30. Assegnazione dei detenuti e degli internati agli istituti. I condannati e gli internati, all’inizio dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza, sono provvisoriamente assegnati in un istituto destinato all’esecuzione del tipo di pena o di misura cui sono stati sottoposti, situato nell’ambito della regione di residenza. Qualora ciò non sia possibile per mancanza di tale istituto o per indisponibilità di posti, l’assegnazione deve avvenire ad altro istituto della stessa categoria situato in località prossima. Nell’istituto di assegnazione provvisoria vengono espletate le attività di osservazione prevedute dall’art. 13 della legge. Sulla base della formulazione del programma di trattamento individualizzato viene disposta l’assegnazione definitiva. Per l’assegnazione definitiva dei condannati e degli internati si ha riguardo alla corrispondenza fra le indicazioni del trattamento contenute nel programma individualizzato e il tipo di trattamento organizzato negli istituti ai sensi dell’art. 102. Alle assegnazioni provvisorie e definitive che comportino trasferimento da un distretto ad un altro provvede il Ministero. Nell’ambito del distretto provvede l’ispettore distrettuale, informandone il Ministero, fatte salve le assegnazioni dei detenuti e degli internati sottoposti al regime di sorveglianza particolare, le quali sono disposte dal Ministero. Art. 31. Raggruppamento nelle sezioni. Gli istituti penitenziari, al fine di attuare la distribuzione dei condannati e degli internati secondo i criteri indicati nel secondo comma dell’art. 14 della legge, sono organizzati in modo da realizzare nel loro interno suddivisioni in sezioni che consentano raggruppamenti limitati di soggetti. Gli imputati che non sono sottoposti all’isolamento preveduto dal n. 3) dell’art. 33 della legge, sono assegnati alle varie sezioni nelle quali l’istituto di custodia preventiva è suddiviso, in considerazione della loro età, di precedenti esperienze penitenziarie, della natura colposa o dolosa del reato ascritto e della indole dello stesso. Art. 32. Assegnazione e raggruppamento per motivi cautelari. I detenuti e gli internati, che abbiano un comportamento che richiede particolari cautele, anche per la tutela dei compagni da possibili aggressioni o sopraffazioni, sono assegnati ad appositi istituti o sezioni dove sia più agevole adottare le suddette cautele. Art. 32-bis. Regime di sorveglianza particolare. Il Ministero, quando, di propria iniziativa, o su segnalazione o proposta della direzione dell’istituto o su segnalazione dell’autorità giudiziaria, ritiene di disporre o prorogare la sottoposizione a regime di sorveglianza particolare di un detenuto o di un internato ai sensi dell’articolo 14-bis, comma 1, della legge, richiede al direttore dell’istituto la convocazione del consiglio di disciplina, affinché esprima parere nel termine di dieci giorni. L’autorità giudiziaria deve far pervenire i pareri di cui al comma 3 dell’art. 14-bis della legge al Ministero entro il termine di dieci giorni. La direzione dell’istituto chiede preventivamente alla autorità giudiziaria competente ai sensi del secondo comma dell’art. 11 della legge l’autorizzazione ad effettuare il visto di controllo sulla corrispondenza in arrivo ed in partenza, quando tale restrizione è prevista nel provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare. Il provvedimento dell’autorità giudiziaria viene emesso entro il termine di dieci giorni da quello in cui l’ufficio ha ricevuto la richiesta. Dal provvedimento che dispone in via provvisoria il regime di sorveglianza particolare e delle restrizioni a cui il detenuto o l’internato è sottoposto, è data comunicazione al medesimo, che sottoscrive per presa visione. I provvedimenti che dispongono in via definitiva o che prorogano il regime di sorveglianza particolare sono comunicati dalla direzione dell’istituto al detenuto o internato mediante rilascio di copia integrale di essi e del provvedimento con cui in precedenza sia stata eventualmente disposta la sorveglianza particolare in via provvisoria. Dei provvedimenti che dispongono o prorogano il regime di sorveglianza particolare e dei reclami proposti e del loro esito è presa nota nella cartella personale. La direzione dell’istituto provvede, di volta in volta, ad inviare al magistrato di sorveglianza le copie di ciascuno dei predetti provvedimenti e degli eventuali reclami proposti dall’interessato. Quando il detenuto o internato sottoposto al regime di sorveglianza particolare viene trasferito, anche temporaneamente, in altro istituto posto nella giurisdizione di un diverso ufficio di sorveglianza, la direzione dell’istituto di destinazione ne dà comunicazione a tale ufficio, trasmettendogli anche le copie dei provvedimenti e dei reclami di cui ai commi precedenti. Il trasferimento ad altro istituto idoneo viene disposto quando, nell’istituto in cui il detenuto o l’internato si trova, non sia disponibile una sezione nella quale il regime di sorveglianza particolare possa essere attuato senza comportare pregiudizio per la popolazione detenuta o internata e senza pregiudicare l’ordine o la sicurezza. Ove sia necessario, il detenuto o internato sottoposto a regime di sorveglianza può essere trasferito in uno degli istituti o in una delle sezioni di cui all’art. 32 . Art. 32-ter. Reclamo avverso il provvedimento di sorveglianza particolare. Il reclamo avverso il provvedimento definitivo che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare, se proposto con atto ricevuto dal direttore dell’istituto è iscritto nel registro preveduto dall’art. 80 del codice di procedura penale e dall’art. 15 del regio decreto 28 maggio 1931, n. 603 ed è trasmesso al più tardi entro il giorno successivo in copia autentica al tribunale di sorveglianza, al quale è altresì trasmessa copia della cartella personale dell’interessato e del provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare. In caso di urgenza, la comunicazione è fatta con telegramma. Il detenuto o l’internato, nel proporre reclamo, può nominare contestualmente il difensore. Il Ministero, ove non ritenga di provvedere direttamente, può delegare l’ispettore distrettuale o il direttore dell’istituto a presentare al tribunale di sorveglianza memorie relative al provvedimento avverso il quale il detenuto o l’internato ha proposto reclamo. Art. 33. Detenuti ed internati stranieri. Nell’esecuzione delle misure privative della libertà nei confronti di cittadini stranieri, si deve tener conto delle loro difficoltà linguistiche e delle differenze culturali. Devono essere favorite possibilità di contatto con le autorità consolari del loro Paese. Art. 34. Regolamento interno. L’amministrazione penitenziaria impartisce le direttive indicate nel primo comma dell’art. 16 della legge, anche al fine di realizzare la differenziazione degli istituti. Il regolamento interno, oltre alle modalità degli interventi di trattamento e a quanto preveduto dagli articoli 16 e 31 della legge e dagli articoli 8, 10, 11, 13, 14, 38, 62 e 69 del presente regolamento, disciplina, in ogni caso, le seguenti materie: 1) gli orari di apertura e di chiusura degli istituti; 2) gli orari relativi all’organizzazione della vita quotidiana della popolazione detenuta o internata; 3) le modalità relative allo svolgimento dei vari servizi predisposti per i detenuti e per gli internati; 4) gli orari di permanenza nei locali comuni; 5) gli orari, i turni e le modalità di permanenza all’aperto; 6) i tempi e le modalità particolari per i colloqui e la corrispondenza anche telefonica; 7) le affissioni consentite e le relative modalità; 8) i giochi consentiti. Il regolamento interno può disciplinare alcune delle materie sopra indicate in modo differenziato per particolari sezioni dell’istituto. Nella predisposizione del regolamento interno, la commissione preveduta dal secondo comma dell’art. 16 della legge deve uniformarsi alle direttive impartite dall’amministrazione penitenziaria ai sensi del primo comma dell’art. 16 della legge e del primo comma del presente articolo. Nel caso di direttive sopravvenute, le norme del regolamento interno non conformi ad esse cessano di avere applicazione e devono essere modificate dalla commissione, per uniformarle alle direttive medesime, entro venti giorni dal loro ricevimento. Art. 35. Colloqui. I colloqui dei condannati, degli internati e quelli degli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado sono autorizzati dal direttore dell’istituto. I colloqui con persone diverse dai congiunti e dai conviventi sono autorizzati quando ricorrono ragionevoli motivi e sono comunicati all’ispettore distrettuale, corredati della documentazione opportuna . Per i colloqui con gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, i richiedenti debbono presentare il permesso rilasciato dall’autorità giudiziaria che procede. Le persone ammesse ai colloqui sono identificate e, inoltre, sottoposte a controllo, con le modalità prevedute dal regolamento interno, al fine di garantire che non siano introdotti nell’istituto strumenti pericolosi o altri oggetti non ammessi. Nel corso del colloquio deve essere mantenuto un comportamento corretto e tale da non recare disturbo ad altri. Il personale preposto al controllo sospende dal colloquio le persone che tengono comportamento scorretto o molesto, riferendone al direttore, il quale decide sulla esclusione. I colloqui avvengono in locali comuni muniti di mezzi divisori. La direzione può consentire che, per speciali motivi, il colloquio si svolga in locale distinto. Qualora non ostino motivi di disciplina, ordine o sicurezza o sanità, la direzione può altresì consentire che i colloqui si svolgano in spazi comuni all’aperto a ciò destinati. In ogni caso, i colloqui si svolgono sotto il controllo a vista del personale di custodia. Appositi locali sono destinati ai colloqui dei detenuti con i loro difensori. Per i detenuti e gli internati infermi, i colloqui possono aver luogo nell’infermeria. I detenuti e gli internati usufruiscono di quattro colloqui al mese . Il direttore dell’istituto, con provvedimento motivato da trasmettere in copia al Ministero, può ammettere gli imputati, che abbiano tenuto regolare condotta, ed i condannati e gli internati, che, oltre ad avere tenuto regolare condotta, abbiano collaborato attivamente all’osservazione scientifica della personalità ed al trattamento rieducativo attuati nei loro confronti, alla fruizione di ulteriori due colloqui mensili, nonché di due telefonate mensili al di là dei limiti stabiliti dal secondo comma dell’art. 37, da concedere dalle autorità competenti ai sensi dell’ottavo comma dell’art. 18 della legge ed ai sensi del primo comma del presente articolo e del primo comma dell’art. 37. Ai soggetti gravemente infermi, ovvero quando ricorrano eccezionali circostanze, sono concessi colloqui anche fuori dei limiti stabiliti nei commi precedenti. Il colloquio ha la durata massima di un’ora. In considerazione di eccezionali circostanze, è consentito di prolungare la durata del colloquio con i congiunti o i conviventi. Il colloquio con i congiunti o conviventi è comunque prolungato sino a due ore quando i medesimi risiedono in un comune diverso da quello in cui ha sede l’istituto, se nella settimana precedente il detenuto o l’internato non ha fruito di alcun colloquio e se le esigenze e l’organizzazione dell’istituto lo consentono. A ciascun colloquio con il detenuto o con l’internato possono partecipare non più di tre persone. é consentito di derogare a tale norma quando si tratti di congiunti o conviventi. Qualora risulti che i familiari non mantengano rapporti con il detenuto o l’internato, la direzione ne fa segnalazione al centro di servizio sociale per gli opportuni interventi, e, laddove se ne ravvisi la necessità, anche al consiglio di aiuto sociale. Del colloquio, con l’indicazione degli estremi del permesso si fa annotazione in apposito registro. Le disposizioni dei commi precedenti non si applicano nei casi previsti dall’art. 18-bis della legge. Art. 36. Corrispondenza epistolare e telegrafica. I detenuti e gli internati sono ammessi a inviare e a ricevere corrispondenza epistolare e telegrafica. Al fine di consentire la corrispondenza, l’amministrazione fornisce gratuitamente ai detenuti e agli internati, che non possono provvedervi a loro spese, settimanalmente, l’occorrente per scrivere una lettera e l’affrancatura ordinaria. Presso lo spaccio dell’istituto devono essere sempre disponibili, per l’acquisto, degli oggetti di cancelleria necessari per la corrispondenza. Sulla busta della corrispondenza epistolare in partenza il detenuto o l’internato deve apporre il proprio nome e cognome. La corrispondenza in busta chiusa, in arrivo o in partenza, è sottoposta a ispezione al fine di rilevare l’eventuale presenza di valori o altri oggetti non consentiti. L’ispezione deve avvenire con modalità tali da garantire l’assenza di controlli sullo scritto. La direzione, quando vi sia sospetto che nella corrispondenza epistolare, in arrivo o in partenza, siano inseriti contenuti che costituiscono elementi di reato o che possono determinare pericolo per l’ordine e la sicurezza, trattiene la missiva, facendone immediata segnalazione, per provvedimenti del caso, al magistrato di sorveglianza, o, se trattasi di imputato in attesa della pronuncia della sentenza di primo grado, all’autorità giudiziaria che procede. La corrispondenza epistolare, sottoposta a visto di controllo su segnalazione o d’ufficio, è inoltrata o trattenuta su decisione del magistrato di sorveglianza o dell’autorità giudiziaria che procede. Le disposizioni di cui al sesto e settimo comma del presente articolo si applicano anche ai telegrammi in arrivo. Ove la direzione ritenga che un telegramma in partenza non debba essere inoltrato per i motivi di cui al sesto comma, ne informa il magistrato di sorveglianza o l’autorità giudiziaria che procede, i quali decidono se si debba o meno provvedere all’inoltro. Il detenuto o l’internato viene immediatamente informato che la corrispondenza è stata trattenuta. Art. 37. Corrispondenza telefonica. I detenuti e gli internati possono essere autorizzati alla corrispondenza telefonica con i familiari o con le persone conviventi una volta ogni quindici giorni, solo quando non abbiano usufruito di colloqui con alcun familiare o convivente da almeno quindici giorni; essi possono, altresì, essere autorizzati ad effettuare una corrispondenza telefonica con i familiari o con le persone conviventi in occasione del loro rientro nell’istituto dal permesso o dalla licenza. L’imputato autorizzato alla corrispondenza telefonica dall’autorità giudiziaria procedente o, dopo la sentenza di primo grado, dal magistrato di sorveglianza viene ammesso ad usufruire di tale corrispondenza con la frequenza indicata nel primo comma. L’autorizzazione di cui al comma precedente può essere concessa, oltre i limiti stabiliti, in considerazione di particolari e gravi motivi di urgenza che non consentano di effettuare utilmente la necessaria comunicazione attraverso il ricorso ai colloqui e alla corrispondenza epistolare o telegrafica. La corrispondenza telefonica con altre persone può essere consentita solo quando vi siano eccezionali ragioni di urgenza. In ogni istituto sono installati uno o più telefoni secondo le occorrenze. Il detenuto o l’internato che intenda effettuare la comunicazione telefonica deve rivolgere istanza scritta all’autorità competente, indicando il numero richiesto, la persona con cui deve corrispondere e i motivi dell’istanza. Il contatto telefonico viene stabilito dal personale dell’istituto. La durata massima della conversazione telefonica è di sei minuti. L’autorità giudiziaria competente a disporre il visto di controllo sulla corrispondenza epistolare ai sensi dell’articolo 18, L. 26 luglio 1975, n. 354, può disporre che le conversazioni telefoniche vengano ascoltate e registrate a mezzo di idonee apparecchiature. é sempre disposta la registrazione delle conversazioni telefoniche autorizzate su richiesta di detenuti o internati per i reati indicati nell’articolo 4-bis, L. 26 luglio 1975, n. 354. Le autorizzazioni alla corrispondenza telefonica sono date con provvedimento scritto e motivato. Il provvedimento di autorizzazione di corrispondenza telefonica con persone diverse dai familiari e dai conviventi è trasmesso in copia al Ministero. La corrispondenza telefonica è effettuata a spese dell’interessato. La contabilizzazione della spesa avviene per ciascuna telefonata e contestualmente ad essa. In caso di chiamata dall’esterno diretta ad avere corrispondenza telefonica con i detenuti e gli internati, all’interessato può essere data solo comunicazione del nominativo dichiarato dalla persona che ha chiamato sempreché non ostino particolari motivi di cautela. Art. 38. Uso di apparecchio radio. Ai detenuti e agli internati è consentito usare un apparecchio radio personale autoalimentato. Le dimensioni e le caratteristiche degli apparecchi radio devono essere conformi a prescrizioni ministeriali. Il regolamento interno stabilisce le modalità di uso degli apparecchi radio, anche al fine di evitare disturbo ad altri. Art. 39. Corsi di istruzione a livello della scuola d’obbligo. Il Ministero della pubblica istruzione, previe opportune intese con il Ministero della giustizia, impartisce direttive agli organi periferici della pubblica istruzione per la organizzazione di corsi a livello della scuola d’obbligo. I provveditori agli studi, sulla base delle indicazioni e delle richieste formulate dalle direzioni degli istituti penitenziari, dai presidi, dai direttori didattici concertano con l’ispettore distrettuale per gli istituti di prevenzione e di pena la dislocazione e il tipo di vari corsi a livello della scuola d’obbligo da istituire nell’ambito del distretto, secondo le esigenze della popolazione penitenziaria. L’organizzazione didattica e lo svolgimento dei corsi sono curati dai competenti organi della pubblica istruzione. Le direzioni degli istituti forniscono locali e attrezzature adeguati e sollecitano i detenuti e gli internati alla frequenza dei corsi stessi. Per lo svolgimento dei programmi e per le attività integrative di essi, a richiesta delle direzioni degli istituti, può essere utilizzato, previa opportuna intesa con le autorità scolastiche, il contributo volontario di persone qualificate, le quali operano sotto la responsabilità didattica del personale della pubblica istruzione. Art. 40. Corsi di addestramento professionale. L’ente regione, d’intesa con gli ispettori distrettuali, organizza, sulla base delle indicazioni e delle richieste delle direzioni degli istituti, i vari tipi di corsi di addestramento professionale, da svolgersi secondo le esigenze della popolazione penitenziaria. Le direzioni degli istituti mettono a disposizione i locali per le attività didattiche e forniscono i complementi necessari delle attrezzature per lo svolgimento dei corsi e sollecitano i detenuti e gli internati a frequentarli. Per lo svolgimento dei programmi e per le attività integrative, a richiesta delle direzioni degli istituti, può essere utilizzato, previe opportune intese con i competenti organi regionali, il contributo volontario di persone qualificate, le quali operano sotto la responsabilità didattica del personale degli enti organizzatori dei corsi. Art. 41. Corsi di istruzione secondaria di secondo grado. I corsi di istruzione secondaria di secondo grado sono organizzati, su richiesta dell’amministrazione penitenziaria, dal Ministero della pubblica istruzione a mezzo dell’istituzione di succursali di scuole del predetto livello in determinati istituti penitenziari. Il numero delle succursali e la loro dislocazione sono determinati in relazione all’esistenza di gruppi di condannati o di internati che siano in possesso del titolo di studio richiesto per la ammissione, che manifestino seria aspirazione alla prosecuzione degli studi e che debbano permanere in esecuzione della misura privativa della libertà per un periodo di tempo non inferiore ad un anno scolastico. Si applicano le disposizioni dell’ultimo comma dell’art. 39. Per agevolare i condannati e gli internati che, pur avendo il titolo di studio richiesto, non siano in condizioni di frequentare i corsi regolari, la direzione dell’istituto richiede alla presidenza di una vicina scuola secondaria di secondo grado di assistere coloro che manifestino seria aspirazione alla prosecuzione degli studi nello svolgimento individuale dei programmi di istruzione. Analoga agevolazione è offerta agli imputati. Sono stabilite intese con le autorità scolastiche per offrire la possibilità agli studenti di sostenere gli esami previsti per i vari corsi. I condannati e gli internati durante la frequenza dei corsi preveduti dal primo comma del presente articolo sono esonerati dal lavoro; coloro che seguono corsi individuali possono essere esonerati dal lavoro, a loro richiesta. Art. 42. Studi universitari. I detenuti e gli internati che risultano iscritti ai corsi di studio universitari o che siano in possesso dei requisiti per l’iscrizione a tali corsi, sono agevolati per il compimento degli studi. A tal fine, sono stabilite le opportune intese con le autorità accademiche per consentire agli studenti di usufruire di ogni possibile aiuto e di sostenere gli esami. Coloro che seguono corsi universitari possono essere esonerati dal lavoro, a loro richiesta, in considerazione dell’impegno e del profitto dimostrati. Art. 43. Benefici economici per gli studenti. Per la frequenza dei corsi di addestramento professionale è corrisposto un sussidio orario nella misura determinata con decreto ministeriale. I detti corsi possono svolgersi durante le ore lavorative. In tal caso, i detenuti e gli internati che li frequentano percepiscono, per il lavoro prestato, una mercede proporzionata al numero delle ore di lavoro effettivamente svolto, oltre al sussidio preveduto nel comma precedente per le ore di effettiva frequenza ai corsi. Per la frequenza ai corsi di istruzione secondaria di secondo grado i condannati e gli internati ricevono un sussidio giornaliero nella misura determinata con decreto ministeriale per ciascuna giornata di frequenza o di assenza non volontaria. Nell’intervallo tra la chiusura dell’anno scolastico e l’inizio del nuovo corso, agli studenti è corrisposto un sussidio ridotto per i giorni feriali, nella misura determinata con decreto ministeriale, purché abbiano superato con esito positivo il corso effettuato nell’anno scolastico e non percepiscano mercede. A conclusione di ciascun anno scolastico, agli studenti che seguono corsi individuali di scuola di istruzione secondaria di secondo grado e che hanno superato gli esami con effetti legali nonché agli studenti che seguono corsi presso università pubbliche o equiparate e che hanno superato tutti gli esami del loro anno, vengono rimborsate, qualora versino in disagiate condizioni economiche, le spese sostenute per tasse, contributi scolastici e libri di testo, e viene corrisposto un premio di rendimento nella misura stabilita dal Ministero. I corsi a livello della scuola d’obbligo possono svolgersi anche durante le ore lavorative. In tal caso, i detenuti e gli internati che li frequentano percepiscono, per il lavoro prestato una mercede proporzionata al numero delle ore di lavoro effettivamente svolto. Ai detenuti e agli internati che hanno superato con esito positivo il corso frequentato, è corrisposto un premio di rendimento nella misura stabilita dal Ministero. I soggetti che fruiscono di assegni o borse di studio non percepiscono i benefici economici preveduti dal presente articolo. L’importo complessivo dei sussidi e dei premi di rendimento preveduti dal presente articolo, è determinato annualmente con decreto del Ministro per la grazia e giustizia di concerto con il Ministro per il tesoro. Art. 44. Esclusione dai corsi di istruzione e di addestramento professionale. Il detenuto o l’internato che, nei corso di istruzione, anche individuale, o in quello di addestramento professionale, tenga un comportamento che configuri sostanziale inadempimento dei suoi compiti è escluso dal corso con provvedimento del direttore. L’esclusione dal corso è disposta dal direttore, anche nel caso in cui il detenuto o l’internato non consegua sufficiente profitto, sentite le autorità scolastiche. Art. 45. Organizzazione del lavoro. Le lavorazioni penitenziarie, sia all’interno che all’esterno dell’istituto, sono organizzate e gestite secondo le direttive dell’amministrazione penitenziaria, dalle direzioni degli istituti, le quali possono avvalersi della collaborazione di imprese pubbliche. L’amministrazione penitenziaria impartisce le sue direttive sulla base delle proposte che gli ispettori distrettuali formulano dopo aver sentito le direzioni degli istituti ed aver preso gli opportuni contatti con gli uffici pubblici locali del lavoro, dell’industria, dell’artigianato, del commercio e dell’agricoltura. La produzione è destinata a soddisfare, nell’ordine, le commesse dell’amministrazione penitenziaria, delle altre amministrazioni statali, di enti pubblici e di privati. Le commesse di lavoro delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici sono distribuite dal Ministero. Le direzioni possono accogliere direttamente le commesse di lavoro provenienti dai privati. Quando le commesse provengono da imprese pubbliche o private può essere convenuto che il committente fornisca materie prime e accessorie, attrezzature e personale tecnico. Del valore di queste prestazioni si tiene conto al fine di determinare le incidenze sui costi e il conseguente prezzo dei prodotti. Se le commesse non sono sufficienti ad assorbire la capacità di mano d’opera delle lavorazioni penitenziarie, l’amministrazione previa analisi delle possibilità di assorbimento del mercato, può organizzare e gestire lavorazioni dirette alla produzione di determinati beni che vengono offerti in libera vendita anche a mezzo di imprese pubbliche. Le direzioni degli istituti penitenziari, quando, per favorire la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro, ritengono opportuno vendere i prodotti delle lavorazioni penitenziarie a prezzo pari o anche inferiore al loro costo ai sensi del comma 7 dell’art. 20 della legge, richiedono informazioni sui prezzi praticati per prodotti corrispondenti nel mercato all’ingrosso della zona in cui è situato l’istituto alla camera di commercio, industria, artigianato, agricoltura, o all’ufficio tecnico erariale o all’autorità comunale, al fine di stabilire i prezzi di vendita dei prodotti medesimi. I posti di lavoro a disposizione della popolazione detenuta di ciascun istituto sono fissati in una apposita tabella predisposta dalla direzione e distinta tra lavorazioni interne, lavorazioni esterne, servizi di istituto. Nella tabella sono, altresì, indicati i posti di lavoro disponibili all’interno per il lavoro a domicilio, nonché i posti di lavoro disponibili all’esterno. La tabella è modificata secondo il variare della situazione ed è approvata dall’ispettore distrettuale. Negli istituti per minorenni particolare cura è esplicata nell’organizzazione delle attività lavorative per la formazione professionale. Art. 46. Lavoro all’esterno. L’ammissione dei condannati e degli internati al lavoro all’esterno è disposta dalle direzioni solo quando ne è prevista la possibilità nel programma di trattamento e solo quando il provvedimento sia stato approvato dal magistrato di sorveglianza ai sensi del comma 4 dell’art. 21 della legge. L’ammissione degli imputati al lavoro all’esterno, disposta dalle direzioni su autorizzazione della competente autorità giudiziaria ai sensi del comma 2 dell’art. 21 della legge, è comunicata al magistrato di sorveglianza. La direzione dell’istituto deve motivare la richiesta di approvazione del provvedimento o la richiesta di autorizzazione all’ammissione al lavoro all’esterno, anche con riguardo all’opportunità della previsione della scorta, corredandola di tutta la necessaria documentazione. Il magistrato di sorveglianza o l’autorità giudiziaria procedente, a seconda dei casi, nell’approvare il provvedimento di ammissione al lavoro all’esterno del condannato o internato o nell’autorizzare l’ammissione al lavoro all’esterno dell’imputato, deve tener conto del tipo di reato, della durata, effettiva o prevista, della misura privativa della libertà e della residua parte di essa, nonché dell’esigenza di prevenire il pericolo che l’ammesso al lavoro all’esterno commetta altri reati. I detenuti e gli internati ammessi al lavoro all’esterno indossano abiti civili; ad essi non possono essere imposte manette. La scorta dei detenuti e degli internati ammessi al lavoro all’esterno, qualora sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza, è effettuata dal personale del Corpo degli agenti di custodia con le modalità stabilite dal Ministero. L’accompagnamento dei minori ai luoghi di lavoro esterno, qualora sia ritenuto necessario per motivi di sicurezza, può essere effettuato da personale civile dell’amministrazione penitenziaria. Al fine di consentire l’assegnazione dei detenuti e degli internati al lavoro all’esterno il Ministero, d’intesa con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, stabilisce forme di collegamento e di collaborazione tra le direzioni degli istituti e gli uffici provinciali del lavoro. Gli ispettori distrettuali e le direzioni degli istituti stabiliscono rapporti con gli organi collegiali locali per l’impiego ed, in particolare, richiedono alle competenti commissioni circoscrizionali per l’impiego , di cui all’art. 19 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, di disciplinare le modalità cui la sezione circoscrizionale deve attenersi per promuovere l’offerta di adeguati posti di lavoro da parte di imprese che, in possesso dei requisiti indicati dalle direzioni stesse, appaiono idonee a collaborare al trattamento penitenziario dei detenuti e degli internati da ammettere al lavoro all’esterno. L’ispettore distrettuale impartisce disposizioni alle direzioni degli istituti del distretto per favorire la piena occupazione dei posti di lavoro disponibili all’esterno. I datori di lavoro dei detenuti o internati sono tenuti a versare alla direzione dell’istituto la retribuzione, al netto delle ritenute previste dalle leggi vigenti, dovuta al lavoratore e l’importo degli eventuali assegni familiari sulla base della documentazione inviata dalla direzione. I datori di lavoro devono dimostrare alla stessa direzione l’adempimento degli obblighi relativi alla tutela assicurativa e previdenziale. I detenuti e gli internati ammessi al lavoro all’esterno esercitano i diritti riconosciuti ai lavoratori liberi, con le sole limitazioni che conseguono agli obblighi inerenti alla esecuzione della misura privata della libertà. L’ammissione al lavoro all’esterno per lo svolgimento di lavoro autonomo può essere disposta, ove sussistano le condizioni di cui al comma 1 dell’art. 21 della legge, solo se trattasi di attività regolarmente autorizzata dagli organi competenti ed il detenuto o l’internato dimostri di possedere le attitudini necessarie e si pos


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