Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Famiglia & Minori

Bambini senza casa case senza bambini

Le cifre parlano chiaro:i piccoli italiani che in un anno trovano famiglia sono poco più di un migliaio, mentre le richieste sono venti volte superiori.

di Elisabetta Pavia

È il sogno di molte famiglie italiane: adottare un bambino. E il sogno di tanti bambini italiani è trovare una famiglia accogliente. Perché, allora, gli istituti continuano a essere affollati di minori e gli uffici dei tribunali sommersi da richieste di adozione? Eppure il numero di coppie che fa richieste di adozione sta aumentando in maniera esponenziale, mentre diminuisce il numero dei minori per il generale calo di natalità. Tra i fatti di cui tener conto c?è che non tutti i bambini che cercano una casa sono biondi, sani, con gli occhi azzurri. Talvolta hanno gravi malattie, o sono disabili. Più sono grandicelli, più potrebbero avere problemi nell?instaurare un rapporto con la famiglia che li accoglie. Per loro è difficile lasciare l?istituto in tempi brevi. Per loro il tribunale dei minori deve fare ricerche più attente per trovare famiglie con i requisiti giusti, e spesso non le trova. Eppure Donata Nova Micucci, presidente dell?Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (Anfaa), garantisce che un?attenzione in più permetterebbe di trovare candidati disposti ad affrontare le difficoltà: «Se le famiglie ricevessero più informazioni e preparazione nei confronti di questi casi, sarebbero aiutate a comprendere i problemi e ad affrontarli». Ma possibile che siano tutti malati e con problemi i bambini che non riescono a trovare una famiglia adottiva? I dati parlano chiaro: nell?anno 1997 a fronte di 21.121 richieste di adozione giacenti, le adozioni italiane sono state 1372: venti a uno. È vero: l?adozione presuppone un?interruzione definitiva dei rapporti con la famiglia d?origine, dunque la dichiarazione di abbandono per un bambino non è provvedimento che venga preso con superficialità; richiede tempi a volte lunghi, perché non tutti i bambini sono abbandonati alla nascita, e dunque adottabili già dopo 10 giorni. Ma quando i tempi da lunghi diventano troppo lunghi? La legge prevede che i legami con la famiglia d?origine siano tutelati il più possibile; quindi, finché sussistono, anche se saltuari, non è possibile configurare l?abbandono. Ma capita che la reale sussistenza dei legami con la famiglia di origine non sia investigata a fondo. «La legge sull?adozione è ottima, ma gli istituti sono ancora pieni di bambini non adottabili, perché – si dice – questi minori hanno ancora ?rapporti significativi con la famiglia di origine?», denuncia Marco Griffini, presidente dell?Ai.Bi. «Ma al convegno di Reggio Calabria del 1997, il presidente del tribunale dei minori di Roma Luigi Fadiga ammise che la giustizia minorile in Italia non era in grado, per mancanza di mezzi e personale, di fare le relazioni semestrali sui bambini in istituto. Così i giudici devono basarsi sulle informazioni che giungono dai responsabili degli istituti». E qui, secondo l?Ai.Bi., si addensano le incognite: «Siamo sicuri che queste figure siano obiettive, e che facciano l?interesse del minore, o non siano ancora legate solo al concetto di vincolo del sangue?». Le verifiche dei tribunali minorili, dunque, non sono mai svolte nei tempi e con la frequenza necessari. Lo conferma Walter Martini, responsabile minori della Comunità Papa Giovanni XXIII: «Esiste un giudice tutelare che dovrebbe realizzare regolari e periodiche ispezioni negli istituti, ma purtroppo non lo si vede quasi mai. Gli stessi istituti dovrebbero fornire al giudice ogni sei mesi una relazione sulla permanenza del minore nelle strutture. Se i risultati di queste verifiche fossero reali e valutati da un?équipe o da tutori regionali, i risultati sarebbero veri dati su cui riflettere per decidere rapidamente sull?opportunità di un?adozione». Altra cosa sbalorditiva è la totale mancanza di dati ufficiali sul numero effettivo di minori in istituti. A eccezione di Piemonte, Lombardia e Veneto, che hanno fornito alcuni numeri, comunque sconfortanti per la scarsa precisione, tutte le altre regioni stanno organizzando solo ora un?anagrafe completa, che probabilmente verrà terminata con tempi molto lunghi, vista la difficoltà incontrata dai servizi sociali nella sua stesura. Gli unici dati forniti nel novembre 1998 dal ministero della Solidarietà sociale (16 mila bimbi in istituto) sono contestati e giudicati sottostimati da gran parte delle associazioni. Soprattutto perché su moltissimi istituti nemmeno le istituzioni hanno dati certi. Lo ha dimostrato l?Anfaa, autrice di un?indagine sui minori negli istituti in Lombardia, dove al 31 dicembre 1996 c?erano 766 piccoli ospiti, oltre ai 1476 in comunità, con un aumento di 149 unità rispetto alla stessa data del 1995. In calce a questa indagine si fa anche presente che molte strutture registrate come ?comunità? in realtà altro non siano che istituti riorganizzati al loro interno in gruppi famiglia. I dati dell?indagine sono decisamente sconfortanti, se si pensa che quasi 200 bambini non tornano mai in famiglia e che di 177 non si ha nessun genere di notizie né sulla frequenza delle visite né sui rientri a casa. I dati sui minori dimessi da istituti e comunità lasciano a bocca aperta. Per 708 bambini la destinazione resta incerta e per niente chiara. La Regione Lombardia parla al più di difficoltà nell?inserimento o di progetti terminati, senza aggiungere altro; in generale, però, manca una qualsiasi spiegazione. Ma il dato più sconvolgente è quello di 99 bambini di cui si sono perse completamente le tracce. Di loro, nessuna notizia. Ma questi tempi infiniti e questa trascuratezza non sono ammissibili se si pensa che le cavie di tutto questo sono bambini, che pagheranno sulla propria pelle la disattenzione degli adulti. Ogni giorno in più trascorso in istituto può essere infatti foriero di disagi psicologici anche molto gravi. È per questo motivo che le associazioni in difesa dei minori affermano la necessità di sostenere con forza l?utilità dell?affido familiare, affinché la permanenza del bambino in istituto sia la più breve possibile. Al Nord Italia si può verificare una maggiore sensibilità verso questa soluzione e ce lo dimostrano i dati del ministero della Giustizia: nella provincia di Trento nel 1997 si sono avuti 21 affidi e neanche una sistemazione di minori in istituto; a Milano nessuna adozione contro 5 affidi nel corso dello stesso anno. La situazione è pressoché opposta se ci spostiamo al Sud. Lampante è l?esempio di Catania: non si è realizzato nessun provvedimento di affidamento familiare nel 1997, mentre 94 sono stati i ricoveri in istituto. Simile la situazione a Palermo: 266 gli ingressi in istituto e solo 47 gli affidi.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA