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Cooperazione & Relazioni internazionali

Barack mi ha scritto una mail. Ecco cosa si aspetta da me

Il meccanismo di Organizing for America

di Carlotta Jesi

È arrivata a me, giornalista di «Vita», come a tutti i suoi sostenitori in America e nel mondo. Il presidente spiega che per far passare la storica riforma della sanità, ha bisogno di una mano da tutti. E anche se sto in Italia posso fare qualcosa…
Barack Obama mi ha scritto un’email a mezzanotte del 31 dicembre. La prima del 2010 a farmi trillare l’iPhone. Chiedeva una mano per la sua riforma sanitaria. A me? A Milano? A una che non può votare per lui, non gli paga le tasse, non conta nemmeno per fargli alzare l’indice di consenso nei sondaggi e non gli ha mai donato un euro? A Capodanno, per giunta?
Va avanti così dal 20 gennaio del 2008, quando è entrato alla Casa Bianca e mi ha passato il testimone con un messaggio di posta elettronica che diceva, testualmente, così: «Ti chiedo di credere. Non più nella mia capacità di realizzare il cambiamento, ma nella tua». Su quattro temi in particolare, che sono i cardini della sua agenda politica: economia, salute, ambiente, educazione. Da 12 mesi non mi molla un attimo. E lo stesso fa con gli altri 13 milioni di iscritti al database che David Plouffe, il direttore della campagna elettorale «Obama for America», ha raccolto sul sito di social networking BarackObama.com nella frenetica galoppata di 21 mesi che ha portato all’elezione del primo presidente nero degli Stati Uniti. La notte dell’Election Day, Plouffe ha gentilmente rifiutato l’offerta di entrare nell’amministrazione Obama per non disperdere la voglia di cambiamento, l’energia, il know kow, la potenza di fundraising e in generale l’energia dei 13 milioni di persone galvanizzate dall’elezione e traghettarle verso Organizing for America. Un movimento che scommette sui cittadini per realizzare l’agenda politica di cambiamento di Obama. Ancorato agli stessi pilastri che hanno consentito a Plouffe di battere la corazzata Clinton e poi quella di McCain: tecnologia al servizio delle comunità, volontariato, citizen fundraiser, contatto con il territorio.
Prendete me: cosa posso fare per spingere la riforma sanitaria dall’Italia? Loggarmi a my.barackobama.com – il mio personale cruscotto di attivismo in suo nome – e scegliere se preferisco firmare una lettera di ringraziamento ai senatori repubblicani che sostengono la riforma, inoltrare a tutta la mia mailing le faq che consentono di capirla al meglio, inviare una donazione dell’importo che preferisco, creare un gruppo di sostegno nel mio quartiere e così via. Volessi tentare con qualcosa di più creativo, come stilare un glossario della riforma Obama da inviare a tutti i media italiani oppure organizzare un party con le mamme dell’asilo che frequentano i miei figli e scrivere tutte insieme una lettera di incoraggiamento alla first lady Michelle, non devo chiedere il permesso a nessuno. Email dopo email, Plouffe mi ha educato al principio della “green light”, o semaforo verde: considera Organizing for America non come una organizzazione controllata dall’alto ma come un movimento dal basso, il tuo movimento. Efficiente. Già. Se Obama è riuscito a conquistare la Casa Bianca puntando tutti i suoi assi sulla società civile e sulla sua forza di cambiamento, non è solo perché ha motivato ogni singolo iscritto alla community di BarackObama.com giorno dopo giorno ma perché Plouffe gli ha fornito strumenti e know kow per far accadere le cose che sogna. Una strategia che continua con Organizing for America, oggi diretta da Mitch Stewart, anche se a lanciare spunti di attivismo non è più un gruppo di outsider ma il Partito Democratico e anche se l’obiettivo di ogni mobilitazione suggerita è al 100% politico: far passare l’agenda di Obama. Stesso discorso per le richieste di micro donazioni online: solo nelle primarie democratiche, il senatore nero ha raccolto oltre 200 milioni di dollari. Oggi i fondi continuano ad arrivare dal web e da ogni angolo del mondo, però finiscono a un’organizzazione legata al Partito Democratico. Preparando il numero speciale sul primo anno presidenziale di Obama che tenete in mano, in redazione ci siamo posti questa domanda: che fine hanno fatto i volontari di Obama che bussavano alle porte dei neri d’America per portarli ai caucus? Sono ancora al lavoro, stimolati e resi efficienti in un potentissimo movimento che, sulla carta, sembra una contraddizione in termini: una grassroot lobby, una lobby politica dal basso.


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