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Cantaci, o Davide lo strano eroe della città infinita

Aldo Bonomi intervista Van de Sfroos. Uno è sociologo. L’altro è il cantante simbolo della Lombardia postmoderna.

di Carmen Morrone

Uno, il sociologo, è nato a Sondrio, Valtellina. L?altro, il cantante, è nato a Monza ma da sempre vive sulle sponde del lago di Como, a Mezzegra. Sono in pratica conterranei. E come tali hanno il privilegio di vivere da dentro e di vedere anche da fuori quell?immenso agglomerato urbano che si estende appena più a sud: la città infinita, quella che si allarga, senza soluzione di continuità, attorno a Milano. Bonomi e Van de Sfroos ne hanno ragionato nel corso di un?intervista-dialogo, che farà parte della grande mostra che la Triennale dedicherà al tema della Città infinita (dal 12 gennaio 2004). Eccola in anteprima (a cura di Carmen Morrone). Caro Van de Sfroos, come già saprai, sto da tempo lavorando su quella che ho chiamato ?città infinita?, cioè sull?asse territoriale lombardo che si sviluppa lungo la direttrice pedemontana o, se preferisci, prealpina. è un?area profondamente interessata da maturità economica e quindi da grandi cambiamenti di ordine sociale. Ci sono tanti sistemi produttivi locali che ormai si sono internazionalizzati, grandi progetti infrastrutturali in corso, come quello del nuovo polo fieristico di Pero-Rho, e medie imprese che si collocano come imprese leader per imprese più piccole ma ugualmente coinvolte nei processi di globalizzazione. L?ipotesi che mi muove è che tutto questo non riguarda soltanto la sfera dell?economia, ma investe anche l?organizzazione del territorio e della vita sociale. E proprio su questo vorrei confrontarmi con te, visto che proprio tu, con felice e folgorante sintesi, hai denominato questo territorio come “la valle dei semafori dove crescono i telefonini”. Il cambiamento principale è sotto gli occhi di tutti: le comunità originarie hanno perso quella ?naturalità? che eravamo abituati ad attribuir loro. In sostanza, le comunità naturali non sono più l?ambiente di vita di coloro che vivono in questo territorio. Si stanno cioè dissolvendo i riferimenti diretti e personali, i rapporti faccia a faccia, i linguaggi con i quali ci si intendeva senza troppo far fatica sui significati e sulle finalità della comunicazione. Le comunità locali magari non vengono meno, ma certo non sono più quelle che abbiamo conosciuto come ?originarie?. Di contro cresce un?artificialità della loro costruzione, un?artificialità che le qualifica come comunità ?costruite?, come un artefatto insomma. Per questo una crescente importanza hanno cominciato ad avere i ?margini?, i territori di confine tra una comunità e l?altra, quelli nei quali vivono e si concentrano figure che parlano di ciò che si sta dissolvendo. Tu, correggimi se sbaglio, sei una di queste figure che sta sul margine. Sul margine di una comunità di cui canti l?identità perduta e però sempre in costruzione e in cui continuamente ti aggiri come un nomade, instancabilmente alla ricerca di ciò che rimane e soprattutto di ciò che ancora può avere valore. Davide Van de Sfroos Sono nato nella valle dei semafori. Ma non ho avuto tempo di conoscere la vita di città perché, a tre anni, ero già ad abitare in un condominio sul lago. Così ho iniziato a vivere con il ritmo di una persona di lago. Era una zona di frontalieri, di contrabbandieri, di pescatori, di contadini, tutte persone che per un bambino rappresentano l?essere adulto: un ragazzino degli anni 70 che viveva sul lago, nei suoi giochi, non poteva certo fantasticare su avvocati, o sulle acciaierie. Per lui l?adulto che lavora è naturalmente quello di paese, anche perché in paese tutti sanno tutto di tutti. Poi arrivano gli anni delle scuole medie e i ragazzi assaggiano il sogno di lasciare il paese. Sarà anche bello tornare a casa e mangiare una polenta con i genitori, ma si scopre di essere fatti per la città. La valle dei semafori è la valle degli acquisti, quella dove c?è tutto e di più di tutto. Dove ognuno è in competizione con se stesso e con gli altri. La folla a motore fugge di continuo. E’ l?anatomia dell?irrequietezza. Eppure, nonostante tutto, in tanti hanno preferito lasciare il paese e scegliere questa vita. Io invece sono rimasto, pur continuando a errare come uno zingaro. Mi sento parte del paese, non perché sia nostalgico, o perché voglia vivere nel passato, ma perché il paese è ancora vivo e sento il suo cuore. Bonomi Come lo vedi il rapporto tra il microcosmo della comunità originaria, come può essere Mezzegra, e quella artificiale, in cui vivono giovani che lavorano nel terziario turistico, che servono quelli che arrivano dalla città infinita negli alberghi? Van de Sfroos La tinta caratterizzante nella vita di un paese con 900 anime è l?unione circolare nel bene nel male, in cui tutti sanno tutto di tutti. è chiaro che la vita del paese ti riserva una sorta di comunione con tutti gli altri, ed è questa la forza di un paese che però va scemando con l?arrivo di tutte le tentazioni della vita comoda. Oggi il progresso arriva e anche il montanaro prende il farmaco perché sa che gli fa bene, e i cacciatori vestono con capi tecnologici, non più con i vecchi scarponi. Sono spuntati i cibercontadini, i cibercacciatori. Si va nei campi con il personal computer, di fianco ha la mucca ma sta vedendo un dvd. Ecco però che spunta una forma di disincanto. Ho già visto tutto, non mi infervoro più come una volta, la cena sociale la si fa al ristorante ?in?, si cerca il vino di un certo tipo. Tutte cose che migliorano la qualità della vita, ma comportano una mutazione profonda nell?atteggiamento. Un lariano che va in città i primi quattro giorni sarà come un pesce fuor d?acqua, ma alla fine si adegua. Ma se nel piccolo circolo di paese raccontavi, in città devi sapere usare bene sguardi, devi imparare a reagire e ad esprimerti a grande velocità. Basta guardare un funerale di città per capire che di fronte alla morte potrai vedere al massimo una ventina di persone. Quando c?è un funerale il paese si blocca, perché è ancora capace di ascoltarsi nel dolore come pure nella gioia. Anche se tutto cambia perché il rumore del progresso è più forte del silenzio del ricordo. Bonomi Chi fa da elastico tra la città originaria e quella invisibile: sono i cowboys? Van de Sfroos Sono i cursori, quelli che portano la novità nel paese. Sono quelli che vanno in città, si aggiornano sui computer e poi li portano nelle loro case. Così ti capita sentir dire in dialetto “so? dre a connetters”, e impara parole nuove, anche storpiandole. E “paninoteca” diventa “pagnoteca”. Il cowboy è l?avventuriero, è quello che torna al paese sfruttando le novità della città. Scende in città e sceglie di seguire i sogni della grande mela o meglio nespola. Bonomi Perché quelli che vivono nella città infinita hanno scelto te per essere descritti? Van de Sfroos Perché nei racconti c?è la sincerità di quello che sta accadendo sotto gli occhi di tutti. Per un po? le persone si sono dette: quella canzone mi ricorda mio nonno, mio padre. Poi però ha scoperto canzoni in cui si parlava di loro stessi. E le canzoni sono credibili, perché non c?è manierismo del paroliere, non ci sono le rime, ma la canzone funziona per quello che dice. Ecco che allora la connotazione geografica non c?è più, non ci sono più confini. Anzi le mie canzoni parlano di luoghi di cui si sente parlare solo se si fanno gli special . Se io oggi ci mettessi un?icona, come può essere il commissario Montalbano, sarebbe conosciuto da tutti e ti farebbe venire la voglia di andare a visitare questi posti in cui non sempre passa l?autostrada. Bonomi Cosa pensi dei giovani di oggi? Tu quando hai raccontato degli spinellati hai raccontato di questa medietà silente? Perché il giovane oggi si trova bersagliato dai notiziari, la comunicazione è diventata violenta, veloce, urlata. Tu non puoi fare a meno di guardare cosa accade attorno, penso solo alle locandine dei quotidiani locali che ridicono cosa è successo dietro casa tua. Anche i parametri e le provocazioni cui sono sottoposti li costringono già con un atteggiamento adulto, raffinato. Chi sta vicino ai giovani deve dar loro una mano. Van de Sfroos In ogni epoca ci sono stati i giovani. Il giovane ha a che fare con un presente rassicurante e falsamente promettente e dall?altro lato spietato. Si trova di fronte chi gli lancia di continuo messaggi e lui ha bisogno una corazza perché i messaggi verso lui sono troppi. Nella città infinita abbiamo la velocità triplicata. Tu parli con il Giappone, con il telefonino che ti fa le fotografie. Il comunicare a distanza sembra sia diventata la cosa più importante. Peccato che poi a tavola si resti muti come pesci. Questo è un segnale: ti fanno comunicare in tutti i modi senza chiedersi cosa hai da dire. Ma i giovani sono coraggiosi, non è vero che siano una mandria psichedelica, che non mettano il casco e che mettano in bocca solo lo spinello. E non è vero che facciano domande, anzi danno risposte che fanno impallidire gli ?inventatori? di domande. Bonomi Tu rimani nella comunità originaria, non ti è mai venuto in mente di andare ad abitare nella città infinita? Van de Sfroos Io ci canto nella città infinita, conosco la gente. Molte case di Mezzegra appartengono a quelli che lavorano nella città infinita. Io quando dopo giorni di concerti torno al paese, avverto subito che è un?altra vita. Il paese è la mia isola, dove c?è ancora un rapporto tra uomo e ambiente. Senza quest?isola sarei diventato un vagabondo cronico. Invece qui ho la mia famiglia, i miei amici e ho la fortuna di essere un tifoso di questa vita. Bonomi Allora sei un po? elastico anche tu? Van de Sfroos Sì, ma io sono quello che porto in città il gusto per tutto quello che è successo nella mia vita di paese. E muovendo quell?interesse per persone come Gaber o Nanni Svampa, cioè personaggi di una cultura di una particolare città che si può considerare una tribù. Il milanese non è solo colui che vive a Milano, ma anche chi vive e lavora in tutti quei paesini attorno. Dobbiamo andare a riscoprire queste realtà in cui c?è un cuore con un suo ritmo. Bonomi Oltre a citare le tante tribù, nei tuoi testi c?è attenzione agli ultimi, coloro che dalla città infinita sono usciti sconfitti, come Genesio che è uno che è andato nel mondo ma che alla fine è uno sconfitto… Van de Sfroos “Gli ultimi saranno i primi basta che i terz?ultimi non siano i secondi”, dice qualcuno. Ma ultimi rispetto a cosa? Genesio può risultare sconfitto se guardiamo il treno che si muove. Ma se noi guardiamo la stazione, allora Genesio ha avuto una vita straordinaria pur entrando nel frantoio di questo grande meccanismo. è quello che va via dalla guerra perché non accetta l?ingranaggio. Ma i primi sono davvero al sicuro dai problemi? No, avranno sofferenze anche loro. Gli ultimi sono quelli che hanno mosso il tavolo della storia. Bonomi A che cosa stai lavorando? Van de Sfroos A un nuovo disco in cui mettere le paure di casa nostra. Non quelle terribili di oggi, ma quelle anche attraenti, come l?uomo nero o le streghe. Bonomi Parli delle paure di ieri per affrontare quelle di oggi? Van de Sfroos Può essere. C?è il clima dark tipico di queste zone, dove c?è il vampiro di casa nostra, la ?ratapignola?, il pipistrello in dialetto, che ad un certo punto dice alla sua amata: “è inutile che ti guardi nello specchio che non ti riflette. Devi fidarti di quello che ti dico: e io ti dico che sei bella”. Nel mio disco si parlerà della gente che non ha spazio e non ha tempo. Si parlerà del carcerato, delle streghe, delle prostitute, di tutte quelle creature dalle quali, quand?è giorno, ognuno prende le distanze.

Info: Chi è Van de Sfroos

Nato a Monza nel 1965, vive da sempre a Mezzegra, sul lago di Como. Un paese stretto tra le montagne, con quell?unica strada (la Statale Regina cantata in molte canzoni di Davide) che ne disegna i confini unendo i paesi rivieraschi. Il suo percorso musicale parte da lontano, dagli anni liceali. Nel 1995, con Metropoli, ottiene una prima consacrazione. Con l?uscita di Breva & Tivan organizza una tournée da tutto esaurito. Nel 1999 a Sanremo ottiene il Premio Tenco in qualità di miglior autore emergente. Nel 2001 pubblica un cd, dal titolo, significativo, E semm partì. L?album entra in classifica con un successo clamoroso.

www.davidevandesfroos.com Chi è Bonomi

Aldo Bonomi (Sondrio 1950) è uno dei maggiori sociologi italiani. è fondatore e animatore del Consorzio Aster (Associazione agenti di sviluppo del territorio). Specializzato nell?esplorazione e nello studio delle nuove forme di comunità, ha pubblicato alcuni libri fondamentali per capire lo sviluppo della società in cui viviamo. In particolare vanno ricordati Il capitalismo molecolare (Einaudi, 1997) e Il distretto del piacere (Bollati Boringhieri, 2000). Nel 2002 ha pubblicato un diario di viaggio in Croazia, Bosnia e Serbia: terre in cui la parola comunità si è colorata, nel decennio scorso, di maledetto e in cui la figura del volontario è centrale nello sforzo di ricucire i conflitti.

A.A.STER


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