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Carte di credito-non profit, matrimonio non riuscito

Si chiamano tessere “affinity”: un’associazione presta l’immagine alla banca emittitrice. In cambio riceve una donazione su ogni carta emessa. Ma il meccanismo fatica a decollare

di Christian Benna

C?è sempre più plastica nel portafogli degli italiani, ma tra le tante carte di credito in circolazione quelle ?solidali? stentano a decollare. Si tratta di una nuova tipologia di pagamento, detta ?affinity?, che consente di contribuire al settore non profit per ogni spesa realizzata e ogni tessera emessa, senza ricadute economiche sul cliente. Le tessere vengono distribuite in partnership: tra emittente della carta (banca, istituto finanziario) e un?associazione che presta la sua immagine in cambio di una donazione sulle transazioni. Il rimborso spese può essere a saldo di fine mese, oppure rateizzato pagando gli interessi, come nel caso delle tessere ?revolving?, veri e propri finanziamenti trasferiti su carta di credito. Pioniere ambientale Il pioniere italiano del comparto è il WWF. Già nel 1995, in collaborazione con BankAmericard (Deutsche Bank), ha dato vita alla prima carta di credito creata appositamente per sostenere un?associazione non profit. «Il concetto di affinity», osserva Ylenia Fiorino del WWF, «apre al consumatore le porte di un mondo amico, accarezzato spesso da lontano. Nel nostro caso è quello della natura e dell?ambiente. Ogni acquisto è rafforzato dall?idea di poter aiutare supportando progetti sostenibili e utili alla comunità». Il denaro di plastica WWF è del tipo ?revolving?, l?ultima strada imboccata dal credito al consumo, che però in più occasioni ha messo in allerta le associazioni dei consumatori per il rischio di eccessivo indebitamento dei cittadini. E da gennaio anche Unicef, da anni a fianco di Diners Club, ha iniziato a collaborare con l?universo revolving attraverso le carte di Agos Itafinco. «Confesso», spiega Annita Di Donato, responsabile delle partnership con la aziende di Unicef, «che abbiamo avuto qualche perplessità sulla scelta della carta. Associare il nostro marchio a quello dei finanziamenti poteva essere un rischio. Ma non abbiamo riscontrato particolari problemi, anche grazie all?affidabilità del nostro partner». E aggiunge: «La distribuzione al momento è buona, malgrado questo genere di prodotti fatichi ad affermarsi nel nostro Paese». Altro capitolo è la vicenda di Banca Popolare Etica. Dal 2001 ha emesso più di 3mila carte, tutte a saldo, ma dal 2003 ha puntato esclusivamente sulle affinity (ad oggi sono 1.580), in collaborazione con quattro organizzazioni: Amnesty International, Agesci, Mani Tese e Intersos. «La decisione», spiega Chiara Schiavinotto delle relazioni esterne di Banca Etica, «è maturata di pari passo alla grande richiesta da parte dei clienti. Via via che le carte di vecchia emissione arrivano a naturale scadenza (dopo tre anni), vengono rinnovate come affinity». La rinuncia delle Acli Tuttavia i numeri delle affinity solidali restano esigui se comparati a tutto il settore della carte emesse in co-branding. Lo dimostrano Banca Sella con Cooperativa servizi del Rinnovamento nello Spirito Santo e Finemiro con le Acli che dopo qualche tentativo hanno passato la mano. Come spiega Vincenzo Menna, direttore generale: «Le Acli non promuoveranno più ai propri soci una carta di credito, benché l?esperienza di Aclicard realizzata con Finemiro sia stata comunque un?esperienza apprezzata. Nei fatti i nostri soci non hanno percepito gli indubbi vantaggi competitivi in termini monetari, in termini simbolici e in termini di appartenenza che Aclicard offriva in modo tale da essere convinti di sostituire la propria carta di credito emessa dall?istituto bancario di fiducia (aggiungerne un?altra è pressoché impensabile)». «Ci vogliono degli anni», afferma Giangi Milesi, direttore raccolta fondi, comunicazione ed educazione del Cesvi, «perché questi meccanismi inizino a funzionare. Noi abbiamo avviato l?operazione con Agos nel 2003: il risultato attuale è di 400 carte richieste. Ma l?obiettivo è un altro: e cioè quello di sviluppare nuovi canali di relazione finanziaria tra il donatore e l?universo non profit. L?esempio delle multinazionali, con la procedure degli aiuti attraverso la busta paga, sarebbe un altro canale da seguire». E poi svela: «Stiamo lavorando all?idea di una carta di credito esclusivamente a saldo che vada ad affiancare la Cesvi – revolving». Ma in Italia ne circolano oltre 25 milioni I dati sulle carte di pagamento Sono 25 milioni 645mila le carte di pagamento in circolazione in Italia. L?ultimo dato rilevato da Assofin e Crif si riferisce al 2003. Ma è un dato importante perché evidenzia una crescita molto consistente sull?anno precedente. Nel 2002, infatti, le carte di pagamento attive erano 21 milioni 757mila. L?incremento è stato dunque superiore all?8%, ma nonostante questo, il livello nazionale dei possessori di ?denaro magnetico? (46%) è molto inferiore alla media europea. La voce, oltre alle carte di credito e a quelle a debito (i bancomat), comprende oltre alle normali ?carte a saldo?, anche quelle revolving (le carte offrono la possibilità di spendere del denaro indipendentemente dai fondi disponibili sul conto corrente e di ripagare ratealmente il proprio debito). E sono proprio le revolving le carte in maggiore ascesa: in Italia sono 6 milioni 595mila, anche se quelle attive sono circa il 50%. Se si depura il dato complessivo dalle carte bancomat (le carte a debito) si arriva a un numero effettivo di carte di credito a saldo che supera di poco i 6milioni. Quindi si tratta di uno strumento che deve farsi ampiamente strada per portare l?Italia ai livelli dei paesi europei. I non titolari di carta di credito costituiscono ancora un bacino molto ampio nel nostro Paese, pari al 65% dei cosiddetti decisori finanziari in età 18-74 anni (circa 12,2 milioni), anche se in lieve contrazione rispetto a quanto rilevato ai dati rilevati nel 2003 (66%, pari a 12,3 milioni). di Christian Benna


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