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Clima, il Piano nazionale c’è. Le risorse e la visione no

Per Asvis e Wwf l’approvazione del Piano è un primo passo. Ora però occorre attuarlo e superarne i limiti anche in termini di governance

di Alessio Nisi

piano

Uno strumento, ideato per reggere e adattarsi alle sfide dettate dal nuovo clima, di attuazione della Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici del 2015, una pianificazione necessaria, si legge nel documento, per “contenere la vulnerabilità dei sistemi naturali, sociali ed economici agli impatti dei cambiamenti climatici e aumentarne la resilienza”. Una guida per pianificare le politiche di adattamento sul piano nazionale e locale, nel breve e lungo periodo. Un piano che contiene nel dettaglio uno sguardo rivolto contemporaneamente al problema delle risorse idriche e alla necessità di reggere l’intensificarsi degli eventi meteo estremi, e che mette in campo 360 azioni, ipotizzate da tecnici e politici, per prepararsi al futuro climatico del Paese. Questo è in sintesi il Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico, appena approvato dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica.

Per il direttore scientifico dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile – Asvis, Enrico Giovannini l’approvazione del Piano è un fatto positivo, ma, sottolinea, «ora occorre attuarlo».

Il Wwf mette in evidenza come «il Piano appena pubblicato, dopo le varie consultazioni e l’unanime denuncia della mancata identificazione di azioni davvero in grado di anticipare i cambiamenti provocati dalla crisi climatica e dei finanziamenti necessari, è analogo a quello precedente e ha gli stessi limiti: mancanza di decisioni chiare e coraggiose, ottima identificazione sintetica dei possibili impatti e problemi, scarsa e deficitaria individuazione delle cose da fare e di come finanziarle». L’organizzazione storica dell’ambientalismo italiano riconosce che l’approvazione dello stesso Piano va presa come un primo passo. «Ora», si sottolinea inoltre, «però tocca ai decreti attuativi e agli organi di governance cercare di correggere gli evidenti limiti e costruire un percorso che porti a quell’approccio sistemico che pure il Pnacc richiama».

Ora una governance per attuare il Piano

Enrico Giovannini di Asvis in particolare sottolinea come il «Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico» come di «uno strumento fondamentale per integrare a livello nazionale e locale le politiche di contrasto agli impatti della crisi climatica. Per dare immediata e piena attuazione al Piano occorre», precisa, «che il Governo crei in tempi brevissimi la struttura di governance prevista dallo stesso Piano, così da trasformare gli obiettivi stabiliti in azioni concrete».  

Quali risorse per il Piano

Il direttore scientifico di Asvis sottolinea in particolare che il Pnacc non beneficia di specifiche risorse finanziarie. «Per questo bisogna urgentemente valutare se e come gli investimenti previsti dal Pnrr o quelli finanziati da altri strumenti, come i fondi europei e nazionali per la coesione, possono contribuire alla realizzazione del Piano».

Una valutazione che va fatta al più presto. «Tali analisi vanno condotte entro marzo, così da poter valutare in occasione della preparazione del prossimo Documento di Economia e Finanza eventuali correzioni da riversare poi nella Legge di bilancio per il 2025. Le politiche di contrasto e di adattamento alla crisi climatica devono essere considerate prioritarie dal Governo, dalle Regioni e dai Comuni, per scongiurare disastri come quelli degli ultimi anni e rendere le nostre infrastrutture resilienti».

Non c’è la base per una programmazione in senso generale

Il Wwf, tra i limiti del Piano, «è che pare individuare le azioni solo a livello urbanistico e territoriale: non che non sia importante, è vitale e, nel contempo, molto carente, ma come Wwf riteniamo che la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico dovrebbero costituire la base per la programmazione in senso generale, a partire da quella economica e sociale. Questo è un elemento di arretratezza che, dopo sette-otto anni di attesa, appare davvero poco giustificabile».

Le azioni mancano di una visione integrata. In merito alle azioni, per il Wwf «il Piano appare fortemente deficitario di quella visione integrata che dovrebbe consentire di pensare l’adattamento non come mere misure di emergenza o di messa in sicurezza del territorio. Oggi la coscienza e conoscenza dei rischi dovrebbe portare a misure strutturali che il Piano ancora non intravede. Questo oltretutto cozza con quell’approccio sistemico che proprio il Pnacc afferma».

Le risorse. Sui finanziamenti, «il Piano non individua nuove risorse, ma suggerisce l’uso di risorse esistenti, e questo appare sia insufficiente che velleitario, essendo oltretutto nota la tendenza della macchina a continuare a operare nel modo conosciuto, cioè senza davvero incamerare e rendere prioritari i fattori legati al cambiamento climatico. E comunque questo approccio sarebbe senz’altro utile e doveroso, ma come misura integrativa, dal momento che oltretutto è nota la carenza di fondi per il governo e la messa in sicurezza del territorio».

La gestione del Piano. Anche la governance prevista dal Piano è considerata dal Wwf «molto discutibile, laddove assegna all’organo partecipativo (Forum) soprattutto compiti divulgativi, quasi da cassa di risonanza, o di mera “informazione” della società civile. Evidentemente, alla luce di quanto sottolineato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio di fine anno, sarebbe bene che le istituzioni si ponessero davvero il problema di come consentire una reale partecipazione che integri e indirizzi l’attuale carenza culturale». 

In apertura foto di Hans da Pixabay


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